di Americo Mascarucci
Per i suoi 76 anni è considerato fuori dai giochi. Ma l’arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio ha sfiorato l’elezione al pontificato già nel conclave del 2005 ed è ancora una figura di spicco. Fu lui, infatti, il cardinale più votato dopo Joseph Ratzinger e lo stesso Benedetto XVI, nel caso in cui non fosse riuscito a spuntarla nella votazione decisiva, pare si sarebbe ritirato volentieri a vantaggio del principale sfidante.
Il gesuita Bergoglio è una delle figure più eminenti della Chiesa latino-americana ed un pastore di alto profilo morale e spirituale. E’ soprattutto un uomo di fede legato alla dottrina della Chiesa sulla quale non accetta deroghe. Questa sua rigidità di natura dogmatica, è stata alla base del duro scontro all’interno della Compagnia di Gesù con il più rivoluzionario “papa nero” che la Chiesa abbia mai conosciuto, quel Pedro Arrupe che è stato la spina nel fianco di Paolo VI e Giovanni Paolo II. Alla base dello scontro ci fu soprattutto l’appoggio dei gesuiti alla Teologia della Liberazione ed ai movimenti di stampo marxista che nei paesi dell’America Latina si opposero alle dittature. Bergoglio non era affatto favorevole ai regimi militari come si è voluto far credere, ma prese posizione contro Arrupe intenzionato a legittimare il ricorso alla lotta armata per affermare i diritti dei più deboli. Una soluzione, quella dell’uso delle armi, che il futuro arcivescovo non poteva in alcun modo sostenere in aperto contrasto con il Vangelo. Sotto la guida di Arrupe la Compagnia di Gesù conobbe una svolta fortemente filo marxista che ben presto provocò la dura reazione della Santa Sede. Arrupe fu convocato in San Pietro da Paolo VI ed uscì dal colloquio in lacrime, per la durezza con cui fu trattato dal Santo Padre. Giovanni Paolo I durò soli trentatre giorni, ma in questo brevissimo lasso di tempo riuscì ad inviare una durissima lettera ad Arrupe attraverso la quale lo diffidava dal perseverare nella sua sgradita condotta.
La svolta decisiva, che chiuse anni di tensioni fra la Santa Sede e la Compagnia di Gesù, ci fu con l’elezione di Giovanni Paolo II. Arrupe, conscio dell’ostilità di Wojtyla nei suoi confronti, ormai malato presentò le proprie dimissioni che il Papa accettò di buon grado. Il futuro beato, al contrario, mostrò subito grande rispetto e stima verso Bergoglio che proprio durante il lungo pontificato di Giovanni Paolo II otterrà la carica di primate d’Argentina e successivamente la porpora cardinalizia. Sarebbe sbagliato però considerare Bergoglio un conservatore sulla base dello scontro con Arrupe. L’arcivescovo argentino è al contrario un tenace oppositore dell’autoreferenzialità della Chiesa ed uno di quelli che si batte da sempre per una sua rinascita spirituale nel solco del Vangelo. Ai palazzi vescovili Bergoglio ha sempre preferito le periferie degradate delle città, l’incontro con i poveri. Un cardinale poco curiale e molto spirituale, capace soprattutto di parlare pane al pane e vino al vino, senza il timore di risultare scomodo o di essere considerato progressista. Un progressismo quello di Bergoglio fortemente mitigato dall’assoluta fedeltà al Vangelo ed alla dottrina della Chiesa. Forse il papa ideale per l’epoca che stiamo vivendo. L’età come detto gioca a suo sfavore ma mai come in questo caso vale il detto “le vie del Signore sono infinite”.
fonte: www.intelligonews.it
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