CRISTO MORTO - ANDREA MANTEGNA

martedì 26 agosto 2014

il ponte di Mostar



estratto da Wikipedia:

Lo Stari Most (che in italiano significa: "Il Vecchio Ponte") è un ponte ottomano del XVI secolo appartenente alla città di Mostar, in Bosnia ed Erzegovina, che attraversa il fiume Narenta per unire le due parti della città che esso divide.

Il ponte venne distrutto dalle forze croato-bosniache nel corso della guerra in Bosnia, la mattina del 9 novembre 1993. Immediatamente venne messo in moto un progetto per la ricostruzione, che cominciò alla fine delle ostilità e terminò il 22 luglio 2004.

Caratteristiche

Il ponte è a schiena d'asino, largo 4 metri e lungo 30, e domina il fiume da un'altezza di 24 metri. È protetto da due torri, chiamate Helebija (a nord est) e Tara (a sud ovest), chiamate mostari (cioè "le custodi del ponte").

L'arco del ponte venne costruito usando una pietra locale chiamata tenelija. La forma dell'arco è il risultato di numerose irregolarità prodotte dalla deformazione dell'intradosso (cioè della linea interna dell'arco).

Invece che su fondamenta, l'arco del ponte poggia su due piedritti calcarei collegati a muri lungo gli argini del fiume, per poi alzarsi di 12,02 metri.

Storia

Apparentemente lo Stari Most collega la parte cristiana a quella musulmana della città di Mostar, in realtà la divisione tra la parte croata e quella mussulmana non è il ponte, ma il boulevard che è un largo viale che si trova poco fuori la città vecchia. Il ponte, inoltre, rappresenta il simbolo della città.

Costruzione

Lo Stari Most venne commissionato dal sultano Solimano il Magnifico nel 1557 per rimpiazzare un vecchio ponte sospeso di legno, piuttosto instabile. Il ponte in pietra venne ultimato nove anni dopo (un'iscrizione sul ponte dice che i lavori finirono nel 974 del calendario islamico, corrispondente ad un periodo compreso fra il 19 luglio 1566 e il 7 luglio 1567).

Della costruzione del ponte si sa poco o nulla, tutto ciò che resta si confonde nelle leggende locali; si conosce però il nome del costruttore, un certo Mimar Hayruddin, un discepolo del celebre architetto ottomano Sinan. Essendogli stato ordinato di costruire un ponte di dimensioni senza precedenti, pena la morte, egli si preparò per il suo funerale il giorno stesso in cui l'impalcatura veniva tolta dalla struttura appena completata. Alcune cose restano (e probabilmente resteranno per sempre) sconosciute, come per esempio il metodo utilizzato per erigere l'impalcatura (e come fece questa a rimanere in piedi per un periodo così lungo), oppure il metodo utilizzato per trasportare le pietre da una parte all'altra del fiume.

Si ritiene comunemente che lo Stari Most fosse il ponte a singolo arco più grande del suo tempo, il che lo rende uno dei capolavori architettonici dell'umanità.

Distruzione

Durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina (1992-1995), le forze secessioniste croate combatterono contro le forze governative bosniache e, il 9 novembre 1993, distrussero il ponte. Prima di questo evento, esso venne danneggiato già nel 1992 dai bombardamenti attuati dai serbi; entrambe le fazioni, sia la croata che la serba, vedevano un simbolo nel ponte e nell'area storica nelle sue vicinanze, una parte integrante della cultura bosniaca, da distruggere in quanto tale (e infatti anche prima della distruzione esso venne ripetutamente preso di mira).

Ricostruzione

Il ponte, incluso recentemente nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità, venne ricostruito sotto l'egida dell'UNESCO. Le sue 1.088 pietre vennero lavorate secondo le tecniche medievali; il lavoro di ricostruzione è costato circa 12 milioni di euro.

Lo Stari Most è stato riaperto il 22 luglio 2004, con cerimonie basate sull'idea di una riconciliazione fra le comunità bosniache dopo gli orrori della guerra, anche se il rancore e la diffidenza restano evidenti.

Curiosità

Per i giovani della città di Mostar il salto nella Narenta (in bosniaco Neretva) dalla cima del ponte è una radicata tradizione, anche se estremamente rischiosa a causa dell'altezza e della temperatura bassissima dell'acqua del fiume. Il primo a tuffarsi dopo la riapertura del ponte è stato un certo Enej Kelecija, ora emigrato negli Stati Uniti.

 

strage di Ustica, operazioni segrete


STRAGE DI USTICA: LE OPERAZIONI SEGRETE DELLA MEDITERRANEAN SURVEY & SERVICES





di Gianni Lannes


Carneficine di civili e traffici statali di armi, materiali nucleari strategici e rifiuti pericolosi, il tutto gestito dai servizi segreti. Attenzione alla cronologia degli eventi. Roma, 17 luglio 1980: 20 giorni dopo la strage di Ustica che ha annientato la vita a 81 persone. Dinanzi al notaio Luigi Napoleone viene fondata la Mediterranean Survey & Services spa. I presenti sono: Mario Stevenin, Albano Trombetta, Ugo Graziano e Carlo Macchi di Cellere, «il quale dichiara di intervenire al presente atto non in proprio ma quale procuratore speciale della “La Mandria”», società del banchiere Francesco Pacini Battaglia, di cui diventò presidente Franz Sesti, ex procuratore generale della corte d’appello di Roma.

Nell’estate del 1980 alcune navi per conto della MSS scandagliano ufficialmente per prospezioni geologiche - con l’intervento di esperti francesi e inglesi - i fondali dove è precipitato il Dc 9 Itavia decollato da Bologna e diretto a Palermo. Nel bilancio societario datato 1980 della Mediterranean Survey & Services si legge: «La Vostra società - riferito agli azionisti - ha acquisito una importante e particolarmente interessante e prestigiosa commessa da parte della Samin Spa (gruppo Eni), per la ricerca di sedimenti minerari sui fondali vulcanici dei Monti Palinuro e Lametini, nel Tirreno meridionale. Le operazioni si sono sviluppate tra giugno e i primi di settembre, impegnando al massimo la Vostra società, che ha operato in veste di general contractor, avvalendosi dei migliori operatori nazionali, francesi e del Regno Unito». E nel bilancio dell’anno successivo risulta annotato: «La terza campagna, per quanto funestata da incidenti meccanici ha ugualmente sortito risultati particolarmente interessanti malgrado si sia operato a profondità superiori ai 3.000 metri». Esattamente dove giaceva il relitto sparso del Dc 9 Itavia.




Un’attività di copertura frettolosa. Dunque la Mediterranean Survey & Services ha effettuato ricerche proprio sui fondali dove era stato inabissato il Dc 9 Itavia, senza che nessuna autorità, tantomeno il giudice Santacroce (oggi presidente di Cassazione) si fosse preso la briga di controllare che cosa effettivamente stava recuperando a quelle grandi profondità. Strano, perché non risulta alcuna autorizzazione statale alla ricerca di idrocarburi in quella zona marina e in quel periodo. Ed è quantomeno singolare che il primo recupero affidato alla società francese Ifremer (controllata dallo SDECE: i servizi segreti di Parigi) sia stato avviato ben 7 anni dopo il tragico evento. Ed è piuttosto singolare la constatazione ufficiale, riscontrata anche dal giudice istruttore Rosario Priore, ma non approfondita dal medesimo, che lo scenario in cui è precipitato l’aereo civile, e i relativi reperti siano stati palesemente alterati ben prima dei recuperi giudiziari, opportunamente telecomandati in mare.

Oltre ai riscontri sul campo, i conti non tornano anche alla logica. Come ha fatto La MSS ad aggiudicarsi una commessa dall’Eni, prima di essersi costituita come società? Oltretutto la multinazionale energetica, operava per conto proprio, senza appaltare alcunché esternamente.

Ma allora la Mediterranean Survey & Services che cosa ha fatto sparire? E per conto di chi ha operato sullo scenario della strage di Ustica? Questi aspetti cruciali, o meglio fondamentali, non sono mai stati sfiorati dalla magistratura inquirente. Effettivamente quale autorità dello Stato ha consentito che fosse manomessa nell’immediatezza dei tragici avvenimenti, la cosiddetta scena dell’impunita strage?

Roma, 14 ottobre 1987. La Mediterranean Survey & Services aumenta il suo capitale  di 200 milioni di lire. Nel verbale di quell’assemblea societaria, accanto a Pacini Battaglia, figura anche come secondo consigliere di amministrazione l’ammiraglio di squadra Giovanni Torrisi, già capo di Stato Maggiore della Marina Militare dal 1977 al 1980 e già capo di Stato Maggiore della Difesa dal 1980 al 1981, quando dopo il sequestro giudiziario a Castiglion Fibocchi, viene scoperta la sua affiliazione alla superloggia massonica P 2.

Roma, 14 maggio 1993. In via Fauro scoppia un’autobomba imbottita di Rdx (esplosivo militare ad alto potenziale) attivata da una miccia di pentrite. Nella medesima strada al civico 82, ad uno sputo dall’esplosione, hanno sede tre società dall’incerta attività, fondate - guarda caso - dall’ammiraglio Torrisi. Nel 1989 l’ammiraglio di squadra Torrisi Giovanni ormai in pensione diventa amministratore delegato di una serie di nuove società: la Simi Sistemi spa di Massafra in provincia di Taranto, il consorzio Aluvaz, il consorzio Aluagi e il Cent srl (centro europeo nuove tecnologie) di Roma. Le tre società capitoline hanno sede ufficiale in via Fauro 82, nei pressi del luogo dove hanno mandato in onda l’attentato del 14 maggio 1993. Un messaggio cifrato per l’alto ufficiale e suoi sodali in affari? Che singolare coincidenza. Uno dei soci della Mediterranean Survey & Services è un certo Mario Stevenin, azionista di una serie di società riconducibili a Mario Collodel. Precisamente tale Collodel Mario, a meno che di un’omonimia, era uno dei principali intermediari attraverso la Trevis Financing Engineering and General Contrac, per conto dell’Export Efim, società del gruppo Efim controllata dalla Stato italiano, che si occupava di gestire i contratti bellici, appunto in tutte le operazioni che riguardavano la vendita di armamenti a nazioni arabe: Iraq, Arabia Saudita, Yemen, Oman, Sudan, Egitto, Libia. Lo stesso Collodel entrò nell’inchiesta del giudice Carlo Palermo (costretto a dimettersi dalla magistratura dopo attentati falliti e minacce di morte) sui traffici statali di armi, droga, in quanto fu uno dei mediatori della vendita delle sei fregate all’Iraq (una delle contropartite italiane che accompagnava la cessione a Saddam Hussein della tecnologia nucleare).

Chicchi Battaglia, ovvero il finanziere delle tangenti plurimiliardarie pagate dall'Eni a dc, psi e pci, non è l’unico vip di tangentopoli contiguo ai servizi segreti nostrani (Sismi & Sisde). Un altro nome diffuso era quello di Sergio Castellari, il dirigente delle partecipazioni statali, suicidato nelle campagne di Sacrofano. Castellari si occupò anche e soprattutto dei traffici di uranio venduti dall’Enea, ossia dallo Stato italiano, a India e Pakistan, come denunciato alla magistratura dall'ingegnere nucleare, ispettore dell'Enea, Carlo Giglio. E proprio di uranio e di scorie nucleari (progetti Urano 1 e 2) si è occupato anche Guido Garelli con la copertura di eterodiretti dall’estero politicanti tricolore e degli immancabili servizi segreti.

Infine, due righe sulla ricorsività di talune sostanze. Il  micidiale esplosivo militare T4 e le micce di pentrite, sono state rintracciate ufficialmente in diversi contesti stragisti: a bordo del traghetto Moby Prince, nella strage di Capaci, nella strage di via D’Amelio, e nei vari attentati in Italia del 1993. Vediamo se a quei criminali in divisa e doppiopetto che manovrano sempre dietro le quinte sulla pelle di tutti, torna la memoria. Allora, chi è STATO?

fonte: sulatestagiannilannes.blogspot.it

domenica 24 agosto 2014

brevi sogni strani e miss Spagna



in un unico piano si dislocano tre ambienti diversi: una camera mortuaria, una cucina con brigata di cuochi al seguito posta all'interno di una palestra, una stazione di autobus. Salgo su uno di questi e scendo all'inizio di un viale nel centro di Roma. Apparentemente, perché non sono sicura di trovarmi nella capitale.

Mio marito con disinvoltura afferra un coltello e si taglia di netto la mano sinistra. Non fuoriesce una goccia di sangue. Non grida, non si lamenta, cerca un sacchetto, lo trova. Mette dentro la mano. Prima di chiuderlo vorrebbe del ghiaccio ma rimedia dei trucioli di legno e segatura.
Mi trovo in un centro commerciale dove gli edifici sono bassi, sprovvisti di scale mobili. Un tizio mi sbeffeggia comunicandomi che il contratto di lavoro non è più valido e che non posso rimediare, una clausola capestro impedisce di far ricorso. Amareggiata, cammino intorno al centro commerciale dove compare l'ingresso di un saloon. Rivedo il tizio e gli faccio capire che non mi arrenderò tanto facilmente.

In questo caso, per ragioni di privacy, non rivelerò il nome di una nota blogger.
C'è un uomo dall'aria tranquilla (somigliante a Massimo Giuseppe Bossetti il muratore presunto assassino di Yara), seduto, il quale mi guarda senza apparente motivo. Gli chiedo di (...) e lui mi risponde, "piange, piange sempre..."
Non capisco che ruolo abbia, di amante o semplice amico. Mi toglie qualche dubbio chiosando, "d'ora in poi ognuno a casa propria...".


Il COMING OUT di Patricia Yurena Rodriguez




strage di Ustica: movente nucleare con regia di Israele






di Gianni Lannes



Dopo 34 anni le 81 vittime non hanno avuto giustizia, così come i numerosi testimoni assassinati in seguito dall'intelligence. Eppure il movente mai indagato a fondo dalla magistratura, è fin troppo evidente. Nel 1983 un ingegnere dell’Enea, Carlo Giglio, aveva denunciato alla magistratura un traffico di uranio puro, consegnando un voluminoso carteggio. Nel 1988 fonte “Billy” aveva depositato un altro esposto, ma i giudici avevano prontamente ed inspiegabilmente archiviato in un lampo. In seguito, nel 1995 Giglio aveva indirizzato alla procura della Repubblica di Reggio Calabria che indagava sull’affondamento delle navi dei veleni, una serie documentata di denunce. 


Nei verbali del 17 marzo 1995 è scritto: «Fu così che l’Enea (ovvero il CNEN, ndr) divenne lo strumento operativo dei vari governi italiani dell’epoca per fornire all’Iraq e al suo capo di Stato, Saddam Hussein, tutta l’assistenza tecnologica nonché tutto il materiale fissile idonei ad assicurare a detto Stato piena autonomia nucleare e la possibilità di dotarsi di armi atomiche».

In effetti, a metà degli anni ’70 il governo tricolore, unitamente a quello francese, stipula una serie di accordi commerciali con l’Iraq per la fornitura di tecnologia e materiale nucleare, in cambio di petrolio. E dentro c'è pue lo scandalo della banca italiana Bnl con sede ad Atlanta (USA). Ai magistrati l’ingegnere Giglio fornisce - così è scritto nei verbali di interrogatorio - «tutta la documentazione comprovante la fornitura all’Iraq di tecnologia e materiale nucleare (12.000 kg di uranio). Detto traffico clandestino intercettato dai servizi segreti israeliani e americani, che addirittura rappresentarono allo stesso Colombo che l’attività svolta dall’Enea e quindi dal Governo italiano non era tollerabile, determinava Israele a compiere vere e proprie attività terroristiche contro le ditte di proprietà statale incaricate dall’Enea di fornire la tecnologia nucleare: Snia Techint (attentato negli uffici romani), attribuito dallo stesso presidente del CNEN Colombo ai servizi segreti italiani». 


L’intelligence di Tel Aviv già prima della strage del 27 giugno 1980 aveva distrutto con un attentato tutto il materiale nucleare in partenza dalla Francia per l’Iraq. Nel frattempo il presidente del consiglio Francesco Cossiga, pur incalzato dal governo israeliano confermava alla stampa internazionale che, nonostante le pressioni americane e di altri Stati, il Governo italiano avrebbe mantenuto agli accordi sottoscritti dal presidente Andreotti.


Secondo quanto riportato dagli investigatori nei verbali, «la successione temporale degli nell’attività clandestina dell’Enea in favore dell’Iraq dimostrerebbe la vera causale dell’abbattimento dell’aereo di linea italiano su Ustica vada ricercata in un possibile trasporto clandestino verso Palermo da Bologna di combustibile nucleare. A Bologna, infatti, all’epoca vi erano due impianti nucleari di ricerca gestiti dall’Eni e dell’Agip Nucleare».

In effetti, ben 7 anni prima che la società francese Ifremer (una controllata dei servizi segreti di Parigi) effettuasse i primi recuperi dei rottami del Dc 9 Itavia e filmasse addirittura i resti di un missile di nazionalità israeliana (Shafrir) mai recuperato, nel profondo del Tirreno una società di cui erano titolari il capo di Stato Maggiore della Difesa (dal 1980 al 1981), tale Giovanni Torrisi (iscritto alla loggia massonica P 2 e capo di stato maggiore della marina militare dal 1977 al 1980), ed il banchiere Francesco Pacini Battaglia, con sede in via Fauro a Roma (una mera concidenza l' attentato del 1993?) aveva effettuato indisturbatamente e a più riprese proprio durante l'estate del 1980, con il pretesto della ricerca idrocarburi, ricognizione sui fondali ove giaceva la carcassa dell’aereo civile, alterandone la situazione.

Perché le indagini giudiziarie non sono mai state indirizzate in maniera approfondita sulla pista nucleare, liquidata con accertamenti superficiali? Come è stato possibile consentire a Cossiga di depistare in tempi più recenti, fino all'ultimo respiro? Bastava scandagliare il ponderoso carteggio diplomatico dal 1976 al 1980 che intercorre tra Tel Aviv e Roma per capire fino in fondo le motivazioni addotte per "sacrificate" 81 persone, compresi alcuni neonati. Ed emerge la solita ragion di Stato, ovvero gli affari indicibili intessuti da Palazzo Chigi con l'Eliseo. A proposito Cossiga e Andreotti, grazie allo zio Sam avevano già "sacrificato" Aldo Moro: ma questa è un'altra storia.

fonte: sulatestagiannilannes.blogspot.it

venerdì 22 agosto 2014

l'esecuzione di Foley


IL VIDEO DELL'ESECUZIONE DI JAMES FOLEY è UN FAKE? IO CREDO DI NO. VEDIAMO PERCHE'...

A cura di A.R. per nocensura.com

Più persone mi segnalano articoli secondo i quali il video della decapitazione del giornalista americano potrebbe essere un fake. IO NON CREDO. E di seguito vi spiego perché. La questione merita una analisi approfondita, e in questo momento non ho tempo; sarò "breve e circonciso"(cit. On. Davide Tripiedi M5s)

Analizziamo su quali basi si poggia questa teoria:

1) "E' un fake per giustificare nuove guerre". 

INFONDATO. Gli USA non hanno la benché minima intenzione di attaccare l'ISIS; Obama lo ha detto e ribadito più volte. Sono intervenuti per difendere i curdi, alleati USA, ma gli stanno permettendo di dilagare sugli altri fronti. Come avviene da più di un anno e mezzo in Iraq e da quasi 4 in Siria, dove li hanno armati.

ISIS è una loro creatura, e almeno per ora, non gli dichiareranno guerra. Se lo facessero, potrebbero spazzarli via molto facilmente, nonostante si siano rinforzati moltissimo, per intervenire aspetteranno che ISIS si sia rinforzato ancora.

2) "La qualità audio e video: ISIS di solito pubblica video artigianali, questo è un montaggio professionale".

FALSO. Chi afferma questo, non conosce ISIS. E' vero che molti video che circolano sono registrati con il telefono dai miliziani, ma ci sono anche i video di propaganda ben montati. ISIS ha un "Media center" che si chiama AL HAYAT e sforna video di propaganda ben montati.

Per esempio il video "eid greeting from the land of khilafah" http://youtu.be/_zlL1wj2LlA e non solo questo. Anche il video-proclama del califfo dalla Moschea di Mosul è simile, e tutti i video che hanno la bandierina nera ISIS in sovraimpressione. Ce ne sono a decine.

PS: nel video sopra, notare il logo di "Al Hayat Media center".

Chi avanza queste illazioni ha capito ben poco dell'ISIS; non sono un gruppetto di scalmanati, terroristi all'acqua di rose. Come abbiamo avuto modo di documentare nei nostri articoli su nocensura.com, hanno conquistato un territorio grande come l'Italia; hanno messo le mani su numerosi depositi di armi, hanno svaligiato centinaia di banche in tutti i territorio conquistati, città grandi come Raqqa e Aleppo in Siria, Tikrit e Mosul in Iraq, e molte altre. SECONDO ALCUNE STIME HANNO UN PATRIMONIO DI 2 MILIARDI DI DOLLARI: http://www.theguardian.com/world/2014/jun/15/iraq-isis-arrest-jihadists-wealth-power e controllano giacimenti di petrolio e gas, con profitti milionari.

Chi crede che non siano in grado di fare un montaggio decente, quando questo ormai è alla portata di qualsiasi utente dotato di specifici programmi, dimostra grande superficialità.

3) "il jihadista decapitatore è britannico"

E' risaputo che dall'Europa, ed in particolare dall'Inghilterra, dove la comunità islamica è ben nutrita, si siano uniti alla jihad ALCUNE MIGLIAIA DI PERSONE. A Giugno si parlava di "almeno 2.300 individuihttp://www.tempi.it/tra-i-2-300-europei-che-combattono-con-i-jihadisti-in-siria-e-iraq-ci-sono-ben-30-italiani-cosa-accadra-quando-torneranno-a-casa - che ora sicuramente sono aumentati notevolmente, visto che la proclamazione del "califfato" ha spinto migliaia e migliaia di fondamentalisti a trasferirsi nei territori dell'ISIS, sia per vivere sotto la legge coranica, che per imbracciare il kalashnikov.

Probabilmente dovendo realizzare un video che sapevano bene avrebbe fatto il giro del mondo, hanno utilizzato un jihadista che parla bene l'inglese. Sapevano che l'accento sarebbe stato riconosciuto, ma questo certo non li preoccupa: anzi, dimostrano di avere uomini provenienti da tutti i territori, ulteriore elemento di minaccia. Se andate a vedere i post pubblicati su twitter con hashtag #AmessageFromIsisToUs trovate molti messaggi dove i terroristi minacciano "we are everywhere" ("siamo dappertutto) persino dinnanzi alla Casa Bianca: un sostenitore ISIS ha fatto una foto davanti la White House mostrando sul cellulare la bandiera ISIS.

4) "La decapitazione non viene mostrata"

Il fatto che sovente pubblichino contenuti cruenti non significa che debbano mantenere questa "linea" sempre. I video cruenti sono girati dai miliziani, questo video invece, dal media center. L'obiettivo che si sono prefissati lo raggiungono comunque... non mi sembra che questo elemento possa essere una "prova" di qualcosa.

5) "la decapitazione senza sangue"

Premesso che la scena viene stoppata quasi subito, in effetti questo è l'unico elemento anomalo del video. Prima di esprimere giudizi però, dovremmo chiedere ad un esperto di anatomia se è possibile che iniziando a tagliare con quella modalità, non esca immediatamente sangue. Il boia non ha infilato il coltello, bensì inizia a tagliare. Potrebbe non aver reciso immediatamente la vena.

Oppure potrebbero aver simulato l'esecuzione al momento del video, eseguendola dopo. Potrebbero aver rassicurato il giornalista che non lo avrebbero ucciso veramente, per evitare che questo si mettesse a gridare e fargli mantenere un certo contegno. Ma dopo aver girato le scene, non hanno mantenuto la promessa e lo hanno ucciso. CHI PUO' SAPERLO? Ci vuole cautela.

QUESTO CMQ è L'UNICO ELEMENTO STRANO TRA QUELLI EVIDENZIATI DA CHI AVANZA LA "TEORIA DEL COMPLOTTO".

PS: alcuni si chiedono come mai il giornalista abbia collaborato, pronunciando il discorso confezionato dai terroristi. Può darsi che gli abbiano promesso che non lo avrebbero ucciso: questo spiegherebbe la calma dell'uomo.

In ogni caso, nei video ISIS spesso si vedono persone che si recano a morire in modo "collaborativo". Questo perché se "collaborano", avranno una morte "dignitosa"; un sventagliata di kalashnikov. Se si ribellano, andrebbero incontro a pesanti torture (oltre che alla morte)

SULLA QUESTIONE TORNERO' CON ULTERIORI APPROFONDIMENTI, ORA NON HO TEMPO...


A cura di A.R. per nocensura.com


Il video integrale è stato oscurato da Youtube e dai social, ma è ancora disponibile su liveleak.com. Preferiamo non linkarlo, ma chi desidera vederlo lo trova facilmente cercando su google le seguenti parole:  ISIS beheading American James Wright Foley liveleak 

fonte: www.nocensura.com

giovedì 21 agosto 2014

crisi: 7 persone si sono date fuoco in un mese, i media ignorano


Di Informatitalia

I suicidi continuano, nonostante il silenzio dei media, che relegano queste notizie alla cronaca locale. Negli ultimi 30 giorni ben 7 persone si sono date fuoco: e di questi almeno 5 casi sono legati alla CRISI. Di seguito gli articoli di giornale che ne parlano...

Il numero dei suicidi ovviamente è MOLTO più alto, almeno 8-10 volte tanto; di seguito riportiamo solo i casi di persone che si sono date FUOCO!

PS: in alcuni casi parlano di "depressione"... ma dietro ci sono sempre storie di disagio e indigenza... 



Chivasso, 45enne si dà fuoco a Carmagnola ed è in fin di vita - 12 Agosto

http://lasentinella.gelocal.it/cronaca/2014/08/12/news/chivasso-45enne-si-da-fuoco-a-carmagnola-ed-e-in-fin-di-vita-1.9750129

Latina, un uomo si dà fuoco in piazza a Sonnino: è grave - 12 agosto
http://www.ilmattino.it/primopiano/cronaca/latina-un-uomo-si-d-amp-agrave-fuoco-in-piazza-a-sonnino-amp-egrave-grave/notizie/844578.shtml

Si dà fuoco e muore sull’auto della moglie - 26 Luglio 
http://www.lastampa.it/2014/07/25/edizioni/cuneo/cadavere-carbonizzato-su-unauto-nella-zona-industriale-di-alba-YxM4NaNl2uRzTAWUSiIArK/pagina.html

Pensionato s'incatena e si dà fuoco - 8 Agosto
http://www.gazzettadelsud.it/news//103509/Pensionato--s-incatena--e.html

Si cosparge di benzina e si dà fuoco, muore 52enne - 7 Agosto
http://www.giornaledibrescia.it/in-provincia/sebino-e-franciacorta/si-cosparge-di-benzina-e-si-d%C3%A0-fuoco-muore-52enne-1.1900485


35enne si da fuoco in ospedale - 14 Agosto
http://www.cronachemaceratesi.it/2014/08/14/paziente-si-da-fuoco-in-ospedale-e-gravissimo/561885/

Diviso dalla compagna malata si dà fuoco e muore a 85 anni - 28 Luglio
http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2014/07/28/ARSOkAQB-diviso_malata_compagna.shtml


Di Informatitalia

Fonte: http://informatitalia.blogspot.com/2014/08/crisi-7-persone-si-sono-date-fuoco-in.html

fonte: www.nocensura.com

martedì 12 agosto 2014

l'immenso tesoro del Papa e il custode venuto da Sydney

Lingotti e monete d’oro, banconote di ogni valuta, proprietà immobiliari sterminate: ricchezza accumulata nei secoli da preti, vescovi e cardinali, fino ad assumere proporzioni bibliche. Spulciando una relazione segreta della Cosea, la dissolta Commissione referente sull’organizzazione della struttura economica del Vaticano, “L’Espresso” scopre ad esempio che «le varie istituzioni vaticane gestiscono i propri asset e quelli di terzi a un valore dichiarato di 9-10 miliardi di euro, di cui 8-9 miliardi in titoli e uno di immobiliare». Leggendo il bilancio (mai pubblicato) dell’Apsa, l’ente che amministra il patrimonio della sede apostolica, insieme ad alcune note confidenziali firmate dal neo-presidente dello Ior, Jean-Baptiste de Franssu, «si capisce che parte importante del tesoro è nascosto proprio all’Apsa, che a differenza dello Ior non ha mai reso noti i suoi conti». Dopo che uno dei suoi contabili, monsignor Nunzio Scarano, è stato arrestato per riciclaggio, corruzione e truffa, Papa Bergoglio ha deciso di mettere il naso anche lì.
“L’Espresso” ha trovato anche spese e ricavi di decine di enti pubblicati nel 2013: dalla Segreteria di Stato alle nunziature estere, passando per Papa BergoglioRadio Vaticana e il Governatorato. E’ evidente, scrive Emiliano Fittipaldi in un reportage ripreso da “Micromega”, che «le spese della curia (case, segretari, viaggi, sicurezza, rappresentanza) sono ancora senza controllo». A Place Vendôme, nel centro di Parigi, una società francese controllata dall’Apsa possiede alcuni tra i più prestigiosi immobili della zona. «La Sopridex Sa ha avuto inquilini famosi (come François Mitterrand) e oggi ha attività iscritte a bilancio che arrivano a 46,8 milioni di euro». Tra i dipendenti, anche «la bellezza di 16 portieri». Ma l’Apsa, continua “L’Espresso”, controlla anche 10 società svizzere, «tra cui la misteriosa Diversa Sa, l’Immobiliere Sur Collonge e l’Immobiliere Florimont». Società che, insieme alla Profima Sa, «gestiscono proprietà e terreni nella confederazione elvetica e in mezza Europa». Tutte insieme «valgono 18 milioni».
«Va ricordato che storicamente il bilancio dell’Apsa sottostima, per questioni fiscali, i valori dei palazzi di sua proprietà», spiega a Fittipaldi una qualificata fonte dell’istituto che ha sede nel Palazzo Apostolico. «Inoltre quelle svizzere sono società non consolidate: in pancia potrebbero avere molto più di quanto dichiarato». La Profima è stata aperta a Losanna nel 1926 e fu utilizzata da Pio XI per nascondere all’estero parte dei “risarcimenti” che la Chiesa ottenne grazie ai Patti Lateranensi stipulati con il regime fascista, mentre la holding Diversa «è praticamente sconosciuta». Fondata a Lugano nell’agosto del 1942, mentre si combatteva da Stalingrado ad El Alamein, risulta oggi presieduta da Gilles Crettol, «un avvocato svizzero che gestisce gli interessi del Papa oltralpe: il suo nome spunta in quasi tutte le altre società elvetiche». Fino a qualche tempo fa, il referente italiano era invece Paolo Mennini, ma gli uomini di Papa Francesco hanno deciso di farlo fuori: da qualche settimana, al suo posto, nei Cda delle società svizzere è Franco Dalla Segacomparso Franco Dalla Sega, presidente della bazoliana Mittel e «manager di fiducia del nuovo boss delle finanze vaticane, il cardinale George Pell».
Il Vaticano, ricorda “L’Espresso”, possiede società immobiliari anche in Inghilterra: la British Grolux Investments Ltd, fondata nel 1933, «gestisce oggi a Londra attività per la bellezza di 38,8 milioni di euro inclusi negozi di lusso in New Bond Street». Quanto all’Italia, «oltre allo sterminato forziere di Propaganda Fide, ribattezzata Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli (ha un patrimonio stimato, al netto della crisi immobiliare, di circa 7 miliardi), l’Apsa controlla pure le società Sirea e Leonina, che a bilancio valgono oltre 16 milioni». Tra affitti a privati e locazioni commerciali, tutte le sigle che fanno capo all’Apsa hanno ricavato nel 2011 circa 23,5 milioni di euro. «Il bilancio finale dell’Apsa è impressionante», rileva Fittipaldi. «Case e appartamenti sparsi in Europa nel 2013 hanno toccato il valore complessivo di 342 milioni», mentre quello del portafoglio investimenti in euro ha superato quota 475 milioni, «cui bisogna aggiungere titoli per 137 milioni di dollari, 33 milioni di sterline e 17 milioni di franchi svizzeri».
Un “tesoro” che vale complessivamente più di un miliardo, e che oggi gestiscono in tre: il super-consulente Dalla Sega e i due monsignori a capo dell’Apsa, il presidente Domenico Calcagno e il segretario Luigi Mistò. «Se gli immobili dell’Apsa valgono più di quanto riportato in bilancio, anche sull’oro ci sono molte cose che non tornano», aggiunge la fonde de “LEspresso”. Leggendo i dati riservati del 2013, scrive Fittipaldi, si scopre che l’Apsa detiene metalli preziosi per 30,8 milioni di euro, e «alcune stime interne della segreteria di Stato, da prendere con le molle, parlano di un controvalore di 140 miliardi di euro, il doppio di quanto conservato dalla Banca d’Italia». Qualcuno, però, sospetta che parte importante delle riserve auree del Vaticano sia conservata nei forzieri svizzeri e inglesi. «La stima mi sembra eccessiva – chiosa il dirigente Apsa – anche perché parte cospicua del nostro metallo giallo è stato venduto tra gli anni ‘90 e l’inzio del nuovo Jean-Baptiste de Franssusecolo dal cardinale venezuelano Rosalio Castillo Lara, ex presidente dell’amministrazione».
Oltre all’oro dell’Apsa, il Vaticano controlla anche il patrimonio dello Ior, valutato 6 miliardi di euro. «Non stupisce che sul gruzzolo, dopo l’arrivo del nuovo pontefice, si sia scatenata una battaglia (l’ennesima) per la gestione. Francesco ha innanzitutto spazzato via gli uomini di Tarcisio Bertone che dal 2007 guidavano lo Ior e, attraverso Calcagno, la cassaforte dell’Apsa. Troppi gli scandali della decadente “lobby italiana”: a parte le scorribande di Scarano e le vicende di Bertone (i casi Carige e Lux Vide promettono sviluppi), le inchieste per riciclaggio hanno fatto saltare il direttore dello Ior Paolo Cipriani, il suo vice Massimo Tulli e il tesoriere della banca, mentre presto la prefettura degli Affari economici guidata da Giuseppe Versaldi, amico intimo di Bertone, potrebbe essere soppressa». Per ricostruire un sistema più trasparente, continua “L’Espresso”, Bergoglio ha poi chiamato dall’Australia il cardinale George Pell e lo ha nominato capo di un nuovo dicastero, la Segreteria dell’Economia. Una sorta di super-ministero che controllerà, di fatto, tutti gli enti finanziari dentro le Mura Leonine.
Noto al Papa per le sue doti di economo, dopo aver gestito con buoni risultati una grande diocesi come quella di Sidney, il cardinale Pelle è soprattutto un uomo di comando. Ha subito silurato il presidente dello Ior, Ernst von Freyberg, rottamando le vecchie strutture di governance e accentrando nei suoi uffici i poteri esecutivi: la segreteria di Stato è stata ridimensionata (il successore di Bertone, Pietro Parolin, si occuperà prevalentemente di diplomazia), mentre lo Ior e l’Apsa sono stati commissariati. In Vaticano c’è chi teme ambizioni dell’australiano: «Se Parolin ha sotterrato l’ascia di guerra solo perché Francesco lo ha ammesso nel C9, il gruppo ristretto di cardinali che devono aiutarlo nella guida della Chiesa, il presidente del Governatorato Giuseppe Bertello sta tentando in tutti i modi di bloccarne l’ascesa». Tra i nuovi potenti, però, a «limitare il raggio d’azione di Pell» ci hanno priovato, «per ora senza successo», solo Oscar Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Oscar Rodriguez MaradiagaTegucigalpa e coordinatore del C9, e il cardinale Santos Abril y Castelló, presidente della commissione cardinalizia dello Ior.
In Australia, i cattolici progressisti rimproverano al prelato di Sydney le posizioni ultra-conservatrici e le sparate pubbliche sull’Islam («religione guerresca», piena di «invocazioni alla violenza»). Inoltre, Pell fu scagionato nel 2002 dall’accusa di aver abusato di un ragazzino di 12 anni, mentre nel 2008 un’altra presunta vittima di abusi lo aveva incolpato di aver “coperto” un sacerdote pedofilo. «Lo scorso marzo, infine, il cardinale è stato chiamato a testimoniare di fronte alla Commissione nazionale d’inchiesta sugli abusi contro i minori istituita dal governo di Canberra, in merito a una causa che un altro ex chierichetto, John Ellis, aveva fatto alla Chiesa e allo stesso Pell in seguito a violenze sessuali avvenute tra il 1974 e il 1979». Pell ha chiesto scusa, continua “L’Espresso”, ma in molti sono restati sconcertati per la sua promozione decisa da Bergoglio. «Nella giungla vaticana – aggiunge Fittipaldi – il ranger venuto da Sydney non si muove da solo. Il capo segue i consigli di tre fidati consiglieri: il neo presidente dello Ior, Jean-Baptiste de Franssu, il tycoon maltese Joseph Zahra (entrambi membri del Consiglio dell’Economia, l’altro neonato ufficio economico guidato da Reinhard Marx), e l’amico Danny Casay, manager che ha gestito con lui la diocesi di Sydney».
Gli sconfitti, i vecchi cardinali di curia, li chiamano “la banda dei maltesi”, adombrando il pericolo di conflitti d’interessi: l’unico membro italiano chiamato a far parte del Consiglio dell’Economia, Francesco Vermiglio, ha fondato con l’amico Zahra (patron del colosso finanziario Misco Malta) la Misco Advisory Ltd, «una joint venture per invogliare i nostri connazionali a investire nell’isola, fino a pochi anni fa vero paradiso fiscale». A marzo 2014, inoltre, il figlio di de Franssu, Luis Victor, è stato assunto dalla Promontory, società Usa che da un anno sta spulciando i conti dello Ior. «Ma il numero uno dello Ior pare abbia buoni rapporti anche con alcuni giovani consulenti della McKinsey che hanno lavorato sui bilanci dell’Apsa. Tra loro c’era pure Filippo Sciorilli Borrelli. Classe 1981, è un figlio d’arte: suo padre Ivo è infatti tra gli azionisti di maggioranza di Banca Arner, l’istituto svizzero che ha tra i suoi (pochi) correntisti Silvio Berlusconi». Non c’è nessuna lobby maltese, ha ribattuto Pell, indignato. Tuttavia, ribatte “L’Espresso”, proprio i finanzieri de Franssu e Zahra – titolari di società di investimento – avevano ideato i nuovi assetti del business vaticano, secondo un modello «che rispecchia in gran parte quello annunciato da Pell», ovvero: potere assoluto della Segreteria George Pelldell’Economia, Apsa trasformata in Banca centrale e nascita di un nuovo Vatican Asset Management (Vam) per gestire titoli e obbligazioni.
Nelle mire di Pell, aggiunge Fittipaldi, c’è anche un altro patrimonio della Santa Sede: i musei vaticani, tra i più visitati e redditizi al mondo: nel 2011 l’utile netto è stato di 58,7 milioni, e gli incassi (tra biglietti e merchandising) superiori a 91 milioni. Per contro, le spese 2013 della Curia romana ammontano a 77,9 milioni, e l’Apsa ha chiuso il suo bilancio in perdita di 48,4 milioni. «Se l’Obolo di San Pietro grazie alla beneficenza dei fedeli nel 2013 ha portato nelle casse 78 milioni, la mitica Radio Vaticana ha perso, secondo un report interno pubblicato nel 2013 e riferito al 2011, ben 26,6 milioni», scrive Fittipaldi. «Anche la tipografia che stampa “L’Osservatore romano” ha chiuso i conti a meno 5,5 milioni». Un salasso, a cui aggiungere il deficit delle 170 nunziature all’estero (meno 25,1 milioni) e i 5,8 milioni che servono a pagare le 110 guardie svizzere. «Chissà, infine, se la spending review minacciata da Pell peserà anche sulle messe di papa Francesco: nel 2011 l’Ufficio celebrazioni liturgiche ha speso per Ratzinger 1,1 milioni. Viste le dimensioni del tesoro di Dio, si tratta poco più di una mancia».

fonte: www.libreidee.org