CRISTO MORTO - ANDREA MANTEGNA

domenica 23 settembre 2018

Sante Caserio, il fornaio che uccise il Presidente della Francia


Sante Caserio nacque da una famiglia numerosa e modesta il giorno 8 di settembre del 1873 a Motta Visconti, attualmente in provincia di Milano. Il padre, Antonio, morì di pellagra nel 1887, rinchiuso all’interno di un manicomio. La pellagra è una malattia causata dalla carenza o dal mancato assorbimento di vitamine del gruppo B. Questa vitamina è presente, in genere, nei prodotti freschi come il latte, le verdure o i cereali. E’ una patologia frequente tra le popolazioni che facevano esclusivo uso della polenta d sorgo o di mais come loro alimento base. L’Italia fu il paese maggiormente colpito da questa malattia. In seguito all’Unità d’Italia, un’inchiesta promossa dalla Direzione d’Agricoltura nel 1878 contò 97.855 casi di pellagra in 40 province dello Stato, con picchi in Veneto e in Lombardia. Dal 1881 il governo decise di prendere provvedimenti per contrastare la malattia, finanziando la costruzione d’essiccatoi per la stagionatura artificiale del granturco e di cucine che migliorassero l’alimentazione dei contadini. Il giorno che morì il padre, Sante Caserio aveva 14 anni e non viveva insieme alla famiglia da diverso tempo. Nel 1883, all’età di 10 anni, scappò da casa per non pesare sui genitori, soprattutto della madre cui era molto legato. Il ragazzino Sante, di 10 anni, trovò lavoro a Milano come garzone presso un fornaio. A cavallo tra l’infanzia negata ed una maturità anticipata Sante entrò in contatto con gli ambienti anarchici milanesi. In seguito agli sconti di Piazza Santa Croce in Gerusalemme a Roma, avvenuti il primo maggio del 1891, Sante sentì di dover aderire completamente alla causa anarchica. Poco dopo fondò un piccolo circolo anarchico nella zona di Porta Genova, a Milano, denominato “A pèe” (in dialetto milanese significa “a piedi” ovvero “senza soldi”). 


Di quel periodo milanese resta la testimonianza di Pietro Gori, avvocato e compositore anarchico, che narrava d’averlo visto dispensare ai disoccupati del pane e degli opuscoli, chiaramente inneggianti alla causa anarchica, stampati con il suo magrissimo stipendio. L’anno successivo, il 1892, fu identificato e schedato durante una delle tante manifestazioni di piazza cui partecipava. Sante fu arrestato per aver distribuito opuscoli antimilitaristi a dei soldati. Fu costretto a fuggire in Svizzera, prima di riparare a Lione in Francia. Caserio trovò un paese profondamente ferito dalla povertà e dagli attentati degli anarchici francesi. Il governò reagì duramente alle proteste varando leggi contro quelli che erano chiamati reati d’opinione. Molte persone furono arrestate solo per aver applaudito i responsabili degli attacchi, al cuore dello stato, o per aver partecipato a pubbliche letture di scritti rivoluzionari. L’esecuzione capitale degli anarchici Vaillant ed Henry, ritenuti autori di diversi attentati, provocò un profondo risentimento all’interno dell’ambiente anarchico, compresi gli immigrati italiani in Francia.  Fu soprattutto la condanna a morte di Vaillant che scatenò ondate di proteste poiché il suo attentato dinamitardo, alla Camera dei deputati francese il 9 dicembre del 1893, non aveva causato vittime. Per la prima volta dall’inizio del XIX secolo, i tribunali francesi condannarono a morte un uomo, e fecero eseguire la sentenza, senza che il condannato avesse realmente ucciso qualcuno. Al processo Vaillant dichiarò: “Ho preferito ferire un gran numero di deputati piuttosto che uccidere qualcuno; se avessi voluto uccidere avrei caricato la bomba con dei pallettoni. Ho messo dei chiodi; ho voluto quindi solo ferire. Non posso certo mentire per darvi il piacere di tagliarmi il collo!”.


La mancata concessione della grazia da parte del Presidente francese Carnot, nei confronti di Vaillant, alimentò notevolmente il risentimento di Sante Caserio verso Sadi Carnot. L’anarchico italiano identificava il presidente francese come il principale responsabile della repressione contro gli anarchici e gli immigrati, nonché della miseria del popolo. Carnot, in questa visione, era il rappresentante dell’odiato stato borghese, e prepotente. Inoltre in questa figura s’identificava il responsabile della stretta repressiva avviata, nei confronti degli anarchici e dei manifestanti, con l’approvazione delle nuove leggi poliziesche, chiamate le leggi scellerate. Inoltre nell’agosto del 1893 avvenne il massacro d’Aigues-Mortes. Il luogo fu teatro di uno scontro tra operai francesi ed italiani, tutti impiegati nelle saline di Peccais. Lo scontro degenerò in una vera e propria guerra agli italiani. Il numero finale delle vittime non fu mai accertato con sicurezza: la conta dei morti oscilla tra i 9 dichiarati ufficialmente dal governo ai 50 di cui parlò il Times di Londra. La tensione che seguì questi eventi fece sfiorare la guerra tra i due paesi.


Sante Caserio decise di vendicare tutti i morti che pesavano sulla coscienza della classe politica. Il 24 giugno si recò a Lione dove Sadi Carnot era atteso per l’inaugurazione dell’Esposizione Universale. Acquistò un coltello e lo avvolse in un giornale. Sante attese che il corteo presidenziale transitasse in piazza della Repubblica: quando vide la vettura dove era alloggiato Carnot decise d’agire approfittando della confusione. Si avvicinò al corteo agitando un foglio di giornale. I poliziotti, pensando che dovesse sottoporre una richiesta al presidente, lasciarono che l’anarchico italiano s’avvicinasse a Carnot. Caserio salì sul predellino della vettura e colpì il presidente al fegato con il lungo coltello dal manico rosso e nero. 


Subito dopo l’attentato urlò a squarciagola in mezzo alla folla “viva l’anarchia”.
Nei secondi successivi fu trattenuto dai passanti ed immobilizzato dalle forze dell’ordine. Carnot, gravemente ferito, perse conoscenza e morì poche ore dopo. Fu sepolto solennemente nel Pantheon di Parigi.
L’anarchico italiano fu processato il 2 ed il 3 agosto. Di fronte al tribunale, che successivamente lo condannerà alla ghigliottina, Sante pronunciò la propria accorata difesa difendendo e motivando il gesto. Tra l’altro disse « Se dunque i Governi impiegano i fucili, le catene, le prigioni, e la più infame oppressione contro noi anarchici, noi anarchici che dobbiamo fare? Cosa? Dobbiamo restare rinchiusi in noi stessi? Dobbiamo disconoscere il nostro ideale che è la verità? No!... Noi rispondiamo ai Governi con la Dinamite, con il Fuoco, con il Ferro, con il Pugnale, in una parola con tutto quello che noi potremo, per distruggere la borghesia ed i suoi governanti. Emile Henri ha lanciato una bomba in un ristorante, ed io mi sono vendicato con il pugnale, uccidendo il Presidente Carnot, perché lui era colui che rappresentava la Società borghese. Signori Giurati, se volete la mia testa, prendetela: ma non crediate che prendendo la mia testa, voi riuscirete a fermare la propaganda anarchica. No!.. Fate attenzione, perché colui che semina, raccogli ».
Durante lo svolgimento del processo non negò mai la propria responsabilità per il gesto e non chiese pietà al giudice. Gli fu offerta la possibilità di ottenere l’infermità mentale in cambio dei nomi d’alcuni compagni ma rifiutò pronunciando la celebre frase “Caserio fa il fornaio, non la spia”.
La ghigliottina attendeva Caserio per la mattina del 16 agosto.
Nell’attesa della lama, gli fu mandato il coadiutore di Motta Visconti, don Alessandro Grassi, per confessarlo ed impartirgli l’estrema unzione.
Sante Caserio rifiutò in quanto ateo.
Il 16 d’agosto fu giustiziato. Sul patibolo, un attimo prima di morire, urlò rivolto alla folla: “Forza compagni! Viva l’anarchia”.
Il corpo di Sante fu tumulato presso il vecchio Cimitero di Lione.


L’uccisione di Sadi Carnot provocò svariati atti di violenza ed intolleranza nei confronti degli immigrati italiani, identificati come i compatrioti dell’assassino. Poche ore dopo l’arresto di Sante Caserio, il consolato italiano di Lione subì un assalto da parte dei francesi infuriati; a stento riuscirono a difendere le mura. Molti negozi italiani furono saccheggiati. Per comprendere la dimensione dei disordini occorre ricordare che in poche ore furono arrestate oltre 1000 persone. Il governo francese reagì duramente nei confronti degli italiani, soprattutto di quelle persone che erano identificate come anarchiche. In pochi giorni si registrarono moltissimi licenziamenti e furono oltre 3000 gli italiani rimpatriati. Tra questi anche l’avvocato, musicista e scrittore Pietro Gori, conoscente di Sante Caserio. Nei mesi successivi furono arrestati molti sostenitori dell’anarchico italiano; tra questi anche Alexandre Dumas, figlio.


L’amico Pietro Gori scriverà il testo della famosa “Ballata di Sante Caserio”.
Nell’immaginario collettivo la figura di Sante Caserio è spesso affiancata a quella di un altro importante anarchico italiano: Gaetano Bresci.
Ma questa è tutta un’altra storia.

Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/

Bibliografia

Maurizio Antonioli. «Voce Sante Caserio», in Autori Vari. Dizionario biografico degli anarchici italiani, vol. I, ed. BFS, Pisa 2003 

Rino Gualtieri, Per quel sogno di un mondo nuovo, Euzelia editrice, Milano 2005

Gianluca Vagnarelli, Fu il mio cuore a prendere il pugnale. Medicina e antropologia criminale nell'affaire Caserio, Zero in condotta, Milano 2013


FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.

venerdì 14 settembre 2018

kaos calmo a Palazzo Grazioli sotto una luna rossa...


E LA CHIAMANO ESTATE...
cit. Bruno Martino


"Un' eclissi è la bocca e la coda (stomaco) del drago. 
Caput e Cauda draconis. Un'eclissi con l'alchimia planetaria non è esattamente un "portale" di quelli belli e pieni di luce. È il banchetto del drago, il suo nutrimento, e il cielo siderale è pieno di draghi, serpenti, rettili..."
cit. Andrea Mantenos

Dopo le forme dell'acqua che abbiamo analizzato durante i Mondiali di Calcio e che hanno visto la Francia campione, ecco che arrivano le forme del fuoco, ben rappresentate dal grande e spaventoso incendio che ha distrutto la Grecia, paese che tornerà alla fine della nella nostra analisi.
Il Fuoco distrugge, purifica, ma è anche nuova vita, celebrazione rituale, fondazione di un nuovo Tempio, morto un Papa se ne fa un altro, morto Marchionne se ne fa un altro, tutto sotto la supervisione lunare e, forse, anche dei simpatici arconti che gestiscono i nostri destini.
Ecco allora che assistiamo a Roma all'ennesimo "suicidio" di un militare provetto, morto senza nessuna causa apparente, il terzo dello stesso comando, ecco perché questo potrebbe essere un messaggio occulto per il governo Salvini-Conte Di Maio, come dire: "niente colpi di testa, la continuità è importante, non cambiate troppo la rotta". Oppure, una celebrazione sacrificale che ammanta questo nuovo esecutivo di un'aura magica, ovvero diventa oggetto egregorico manipolabile come un adepto di una setta.
Potrebbero essere entrambe le cose a seconda del livello che bisogna soddisfare, con cui si deve comunicare, oppure ammonire qualcuno, celebrare qualcosa...
Le forme del fuoco, gli incendi, gli inferi, il cane che di nome fa Kaos e muore la sera dell'eclissi rosso fuoco o sangue, con tutte le valenze che si porta dietro. Per carità, coincidenze, ma molto curiose e significative.
Curiosi e simpatici anche i due anagrammi su STRADE SICURE- Ardisce su tre (3 militari morti)
ed Enrico De Mattia-Adiacente morti... (che giace vicino ai morti)

La storia

Un militare dell’Esercito impegnato nell’operazione “Strade sicure” si è toto la vita sparandosi con l’arma di ordinanza mentre era di servizio a Palazzo Grazioli, la residenza romana di Silvio Berlusconi. Si chiamava Enrico De MATTIA aveva 25 anni ed arriva dal primo Reggimento Granatieri di Sardegna, secondo gli inquirenti sarebbe entrato in un bagno del palazzo intorno alle 15 portando con sé la pistola d’ordinanza e si sarebbe sparato in testa.
Si tratta del terzo suicidio in 6 mesi di un militare in forza allo stesso comando.
De Mattia era appena stata promosso e gli era stata assegnata la pistola come arma di ordinanza. Risultava irreperibile dalle 12 di ieri, i famigliari hanno ricevuto la notizia in serata.
Non si conoscono, al momento, le motivazioni che hanno condotto il caporal maggiore De Mattia all’insano gesto, ma quello che sappiamo è che questo è il terzo suicidio in 6 mesi di un militare sotto il comando del generale Raudino.
A febbraio 2018 un bersagliere di 29 anni, di Taranto, si è tolto la vita nello stesso modo nella stazione metro di Barberini, al centro di Roma. 
A dicembre 2017 un altro Granatiere di stanza a Spoleto si è impiccato mentre era in licenza dopo il periodo di servizio nell’operazione «Strade Sicure».
Ritengo sia stato un "suicidio coperto", era un Granatiere ed aveva attitudini al comando, quindi nervi saldi, un professionista, un uomo in gamba, non tornano tante cose.
Improbabile che un militare in servizio vada in bagno e si spari dopo una recente promozione, è tutto abbastanza surreale.
La cosa sospetta poi, è che sarebbe il terzo dello stesso battaglione che si suicida senza apparente motivazione.


Il cane Kaos dell'Aquila

Collegamenti simbolici ed analogici con il suicidio del militare e la morte del cane Kaos, avvenuta la sera dell'eclissi dello scorso Luglio, valenze e suggestioni esoteriche, alcune idee suggerite dall'amica Veronica Barberito e l'amico Andrea Mantenos.
Kaos era il simbolo della solidarietà, aveva collaborato alla ricerca dei sopravvissuti dei terremoti di Amatrice e Norcia, era intervenuto anche a Rigopiano.
Muore Kaos Sirio.
Vive Kaos Sirio...
Ricordiamo che Berlusconi era presidente quando ci fu il terremoto dell'Aquila.
Una onlus per la salvaguardia degli animali è gestita da uno che si chiama Caporali, il ragazzo morto a Palazzo Grazioli era un Caporal Maggiore.
Quindi abbiamo nei due articoli l'Aquila, Sirio cane, Kaos terremoto, caporale.
Il cane Kaos è stato avvelenato la notte dell'eclissi, entrambi garantivano la sicurezza ai civili.
Kaos era il cane degli inferi, il guardiano che salvava le persone da sotto le macerie, cioè dagli inferi è morto quindi chi salverà le persone?
Chi controllerà la risalita delle entità che abitano gli inferi?
Kaos lavorava per la protezione civile, quindi finita la protezione?
Cerberus il cane che fa la guardia agli inferi è morto la notte dell'eclissi, gli abitanti degli inferi sono stati liberi di risalire e portate il Kaos...
Cerbero è anche protagonista della dodicesima e ultima fatica di Ercole, che vide l’eroe dover scendere nell’Ade per riportare proprio il mostruoso cane a Euristeo, suo cugino e rivale, al cui servizio si trovava per fare ammenda dell’omicidio dei propri figli.
Dopo essere stato iniziato ai Misteri Eleusini, l’eroe scese nel regno dei morti e ottenne da Ade il permesso di riportare in superficie Cerbero a condizione di riuscire a sconfiggerlo senza armi e con le sue sole forze. La lotta tra i due fu dura, e alla fine l’eroe riuscì a prevalere solo cingendo i tre colli del cane con le braccia, così da immobilizzarlo.
I cani sono anche serafini protettori dell'Eden, nella storia umana si trova spesso il cane come protettore del mondo ultraterreno, i cheroke pensano che Sirio ed Antares sono i due cani protettori dell'accesso che è la via Lattea.
Nella tradizione Sirio cane è la stella del cammino, autosacrificata che vuole redimere gli uomini, portare luce.

NB: E' trapelata la notizia che kaos, il cane morto la sera dell'eclissi rossa, non è stato affatto l'eroe di Amatrice, e quindi sia una fake news colossale. Perché allora scomodarsi a veicolare la morte di un cane (con tutto il rispetto per il cane) a reti unificate? 
Chiaro e lampante che voleva essere un messaggio in codice a chi doveva intendere, e questo va ad avvalorare le nostre tesi di cui sopra.
http://www.lastampa.it/2018/07/29/italia/militare-si-toglie-la-vita-a-palazzo-grazioli-LNdm80aSleuX24sp1KsrqI/pagina.html
https://www.ilmessaggero.it/societa/animali/morto_cane_eroe_amatrice-3884403.html
https://www.ilmessaggero.it/roma/cronaca/militare_suicidio_palazzo_grazioli_roma-3884605.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/07/29/roma-militare-venticinquenne-di-strade-sicure-si-suicida-a-palazzo-grazioli/4524504/
http://www.latelanera.com/mostri-creature-leggendarie/creatura-leggendaria.asp?id=193

fonte: http://maestrodidietrologia.blogspot.com/

mercoledì 12 settembre 2018

Torri Gemelle minate con l’atomica: previsto dagli anni ‘60

«Nessuno riuscirà mai a farmi dire che cosa, esattamente, abbia fatto crollare le Torri Gemelle: sarebbe troppo facile smentirmi, se parlassi di un esplosivo piuttosto che di un altro. Potrei sbagliarmi, e così si metterebbe a tacere la verità sull’11 Settembre, cioè la “demolizione controllata” delle Twin Towers». Lo ripete Massimo Mazzucco, autore di documentari come “La nuova Pearl Harbor”, che rivelano le menzogne diffuse sull’attentato più importante della nostra storia (menzogne che Mazzucco ha riassunto in un magistrale video, appena pubblicato su YouTube). Ma c’è dell’altro che ora emerge, a 17 anni dalla strage di Manhattan costata quasi tremila vittime. Sapevate, per esempio, che il World Trade Center era previsto che fosse “minato” alle fondamenta fin dalla sua costruzione? Niente di strano, o di segreto: era richiesto espressamente dalle autorità di New York, preoccupate di poter comunque “smontare” i grattacieli, una volta divenuti ingombranti oppure obsoleti. Problema: le Twin Towers erano d’acciaio: resistenti agli esplosivi convenzionali. Per questo, le torri furono progettate in modo da essere “minate preventivamente” con ordigni atomici da 150 chilotoni. Chi lo dice? Dimitri Khalezov, all’epoca capo dell’intelligence nucleare sovietica. Ma, di nuovo, niente di eccezionale: a Mosca, la notizia fu semplicemente archiviata tra le news ordinarie della guerra fredda. Nessuno poteva immaginare che un giorno quelle torri sarebbero state fatte esplodere con dentro quasi tremila persone.
A rilanciare le rivelazioni di Khalezov, autore di accurati studi sull’11 Settembre, è il blog “La Crepa nel Muro”. La versione dell’ex stratega russo è semplicemente sconvolgente: tutti (al Pentagono, al Cremlino) sapevano, da sempre, che le Twin Ground ZeroTowers sorgevano su fondamenta predisposte per essere “minate” con potenti cariche termonucleari. E così anche il quasi altrettanto imponente Edificio 7, sempre in acciaio, crollato su se stesso senza neppure l’alibi dell’impatto con qualche aereo. «A fine anni ‘80 – scrive Khalezov – mi è stato comunicato che esisteva un cosiddetto “regime di demolizione nucleare di emergenza” costruito nelle torri gemelle del World Trade Center di New York». Lo schema di demolizione, aggiunge il russo, era basato su enormi cariche termonucleari di quasi 150 chilotoni, collocate a circa 50 metri sotto le fondamenta di ciascuna delle torri (cioè 70 metri sotto la superficie). Per l’esperto russo, nessuno aveva mai pensato di farle davvero esplodere, quelle cariche: era solo «un modo per evitare qualche problema burocratico». Ovvero: un sistema di demolizione nucleare come quello non doveva servire «per demolirle», ma semplicemente «per ottenere il permesso di costruirle».
A quel tempo, infatti, il codice edilizio di New York (così come quello di Chicago) non permetteva al Dipartimento di Costruzioni di autorizzare l’edificazione di un grattacielo «a meno che il produttore non fornisse un modo soddisfacente, per il futuro o in caso di emergenza, di demolire un edificio di quella portata». Dalla fine degli anni ‘60 (quando il progetto delle Torri Gemelle era stato proposto), quel tipo di costruzione – con telaio in acciaio – rappresentava un concetto costruttivo completamente nuovo, «cosicché nessuno aveva idea di come trattarlo, in termini di demolizione». E visto che i metodi di demolizione convenzionali erano applicabili solo ai grattacieli più vecchi, in muratura, «qualcosa di nuovo era stato inventato per le robuste torri d’acciaio», in modo da convincere l’ufficio edilizo a concedere il permesso per costruire le formidabili, “inaffondabili” Twin Towers. «E questo “qualcosa” è stato senza dubbio inventato: la demolizione nucleare». Nessuno se ne stupì più di tanto, neppure a Mosca, visto che la “demolizione nucleare” è regolarmente prevista, dagli strateghi militari americani e russi, per abbattere in condizioni d’emergenza palazzi, infrastrutture, ponti e dighe. Quanto a New York, «nessuno Twin Towerspoteva costruire un grattacielo che non potesse essere demolito in futuro: questo è il punto principale nella demolizione dei grattacieli».
La ricostruzione di Khalezov, sottolinea “La Crepa nel Muro”, finisce per superare – di gran lunga – anche i peggiori sospetti avanzati dagli oltre tremila tecnici statunitensi (architetti e ingegneri) impegnati a smontare, prove alla mano, l’insostenibile verità ufficiale: mastodonti di acciaio non possono in nessun caso crollare, men che meno su se stessi, per effetto dell’impatto con aerei di linea, leggerissimi. Di suo, Khalezov aggiunge le sue competenze in ambito militare: «Credere che un Boeing 767 di alluminio sia capace di penetrare il perimetro ed il nucleo di colonne eccezionalmente spesse, con doppia parete in acciaio, è lo stesso che credere che, improvvisamente, le leggi della fisica si siano prese una vacanza, quell’11 settembre 2001». Quei jet volavano a quasi 500 miglia orarie? Perfetto: pensare che un impatto di quel genere possa sfondare l’acciaio è semplicemente ridicolo, sostiene l’ex dirigente dell’arsenale nucleare sovietico. Che spiega: la velocità di un proiettile penetrante scagliato da un cannone anticarro è quasi il triplo della velocità del suono. Si tratta di almeno 1.000 metri al secondo, mentre la velocità di un Boeing è subsonica, cioè meno di 250 metri al secondo. E attenzione: i proiettili perforanti sono fabbricati con materiale più robusto della corazza che devono perforare: spesso questo materiale è il Wolfram, mentre gli Usa ricorrono generalmente al meno costoso Uranio-238.
Domande: che tipo di arei hanno colpito le Torri Gemelle? E com’è possibile che siano stati “inghiottiti” dagli edifici, anziché finire disintegrati nell’impatto? Alcuni – tra cui Massimo Mazzucco – ritengono che i velivoli-bomba non fossero gli aerei di linea dirottati, ma altri. C’è chi ipotizza che i Boeing dell’11 Settembre fossero solo “immaginari”, mentre Kalezhov sostiene che sarebbero potuti penetrare nei grattacieli – senza frantumarsi sulle pareti esterne – grazie a simultanee brecce (secondo lui, evidenti) provocate da esplosivi convenzionali disposti sulle pareti. Ma la rivelazione centrale – largamente ignorata persino dalla “comunità alternativa” che non crede alla versione ufficiale – è proprio quella della “demolizione nucleare”. Eppure, scrive Khalezov, a suggerirla è lo stesso nome dell’area della tragedia: Ground Zero. Non è strano, si domanda il russo, che il luogo dove sorgevano le Twin Towers sia stato immediatamente ribattezzato in quel modo? Soltanto dopo l’11 Settembre, fa Dmitrij Khalezovnotare l’ex analista sovietico, i vocabolari hanno cominciato ad attribuire all’espressione Ground Zero anche altri significati, accanto a quello originario. E cioè: il punto in cui esplode un ordigno nucleare.
Per il dizionario enciclopedico Webster’s, Ground Zero significa “punto, sulla superficie della terra o dell’acqua, direttamente sotto, o sopra, nel quale esplode una bomba atomica o all’idrogeno”. Oppure: “Zona Zero: punto nella terra, direttamente sotto l’esplosione di un’arma nucleare” (dizionario della terminologia militare, Peter Collins Publishing, 1999). Idem il dizionario americano Longman, del 2000: Ground Zero, “luogo dove una bomba nucleare esplode, dove si verifica il danno più grave”. Poi, dal 2001, i maggiori dizionari contemplano, per Ground Zero, anche l’altro significato: luogo del devastante attentato alle Torri Gemelle di New York l’11 Settembre. Sulla dinamica dell’esplosione – con la “misteriosa” fusione dell’acciaio anche nel sottosuolo, protrattasi per giorni e giorni – Dimitri Khalezov fornisce tutti i dettagli di cui è al corrente un ex stratega nucleare: il post su “La Crepa nel Muro”, con disegni e video, illustra nel modo più preciso la dinamica che si innesca quando viene adottato il protocollo denominato “demolizione nucleare”: come può cadere un grattacielo d’acciaio, in che modo si “scioglie”. L’importante, ribadisce Khalezov, è che la si smetta di parlare del ridicolo impatto di quei fantomatici aerei d’alluminio, a cui nessuno – sano di mente – può credere.
(Dimitri Khalezov è stato un alto funzionario incaricato della cosiddetta Unità Militare 46179, chiamata anche Servizio di Controllo Speciale del 12° Dipartimento del ministero della difesa dell’Urss, per gli addetti ai lavori “intelligence atomica”. Khalezov ha diretto l’unità militare segreta incaricata della rilevazione di esplosioni nucleari (compresi i test atomici sotterranei) di vari avversari dell’ex Urss, ed è stato anche responsabile del controllo e dell’osservazione di diversi trattati internazionali relativi ai test nucleari sperimentali. Dopo l’11 settembre 2001 ha condotto una ricerca approfondita, sostenendo di poter dimostrare che le Torri Gemelle furono demolite, insieme all’Edificio 7, dalle esplosioni di tre cariche termonucleari sotterranee, da cui il nome Ground Zero attribuito al punto della demolizione).

fonte: http://www.libreidee.org/

sabato 8 settembre 2018

massoneria e rivoluzione francese di M. Volpe



Sulle relazioni fra Massoneria e Rivoluzione Francese si è discusso a lungo. 
Peraltro, come per analoghe circostanze, bisogna distinguere tra Massoneria intesa come movimento di idee e Massoneria intesa come organizzazione, cioè attrice di azione sociale e politica, ed inoltre tra singoli Massoni e Istituzione Massonica. 
Va ancora tenuta presente la variegata articolazione del movimento massonico, nello stesso ambito dello Scozzesismo. 
Infatti, in quegli anni, troviamo una Massoneria Scozzese di tipo tradizionale, dedita a studi filosofici a ricerche “esoteriche” a esperienze mistiche, a fianco di una Massoneria Scozzese che, sul filone della Massoneria templare e più ancora dell’Illuminatismo di Weishaupt, si dedica prevalentemente alla propagazione delle idee libertarie e egualitarie con intenti di attiva operatività nella costruzione di una nuova società civile. 
Ben diversa, dunque, la situazione rispetto alla cosiddetta “Rivoluzione” americana che fece il suo corso interamente sotto l'egida della Massoneria: basterebbe in proposito ricordare i due massimi esponenti dell’indipendenza americana, George Washington e Beniamino Franklin. 
In realtà, proprio in Beniamino Franklin (1706- 1790) può individuarsi un trait d’unione tra la Massoneria americana e quella Francese negli anni precedenti la Rivoluzione. 
Nel 1778, mentre in America si aveva la dichiarazione d'indipendenza di Thomas Jefferson con la costituzione degli Stati dell'Unione, Beniamino Franklin, inviato in Francia da tredici Stati del Nord America, fu scelto per succedere a Lalande nella direzione della Loggia Parigina "Les Neuf Soeurs". 
Questa Loggia, fra le molte allora operanti a Parigi, si era particolarmente distinta per la sua azione “politica” intesa alla democratizzazione della società con la limitazione del potere assoluto del Sovrano, azione che si sarebbe poi concretizzata con la Convocazione degli Stati Generali. 
Affiliato alla Loggia de "Les Neuf Soeurs" era anche il marchese di Condorcet che, nel 1786, pubblica il saggio “De l’influence de la Révolution d’Amérique sur l’Europe”. 

Di certo, la Rivoluzione francese, come prima quella americana, furono figlie di quella particolare temperie culturale, alimentata dalle idee proprie dell’Illuminismo e della Massoneria, che prometteva di cambiare il mondo per conseguire la “felicità” del genere umano. 
Gli eventi del 1789 segnarono un momento esaltante per i Liberi Muratori “dei due emisferi”, momento fatidico della civiltà occidentale, tanto che da quella data si fa emblematicamente iniziare l'età contemporanea. Mentre in America, il 30 aprile, il “Fratello” George Washington, quale primo Presidente degli Stati Uniti d'America, prestava giuramento sulla Bibbia della Loggia.
Fin dall’inizio è fondamentale la presenza della Massoneria, basti pensare che la rivolta del tè del 16 dicembre 1773 (“Boston Tea Party”), guidata da Sam Adams, considerata l’avvio di quel processo che avrebbe portato che avrebbe portato alla Dichiarazione d'indipendenza del 4 luglio 1776, partì dalla Loggia S.Andrea di Boston. Marie-Jean-Antoine-Nicolas Caritat marchese di Condorcet (1743-1794) il famoso filosofo e matematico, amico di Voltaire e di d’Alembert. "St. John n° 1" di New York; in Francia, il 14 luglio, il popolo di Parigi assaliva e radeva al suolo la Bastiglia, emblema dell'assolutismo sovrano. 
La presa della Pastiglia («loco è in Parigi, che Inferno avria / Pregio più assai; detto è Bastiglia; e dirsi / Ben dovria Malebolge» così Vittorio Alfieri in "Parigi sbastigliata"), profetizzata quattro anni prima da Cagliostro, suscitava in Europa entusiasmi di libertà e democrazia a lungo agognati. Un mese dopo, il 26 agosto, vedeva la luce la "Déclaration des droits de l'homme et du citoyen". 
Durante i primi 2 anni della rivoluzione i capi rivoluzionari provenivano dalla nobiltà e dalla Massoneria, come ad esempio il generale La Fayette che aveva preso parte alla Rivoluzione americana, per la maggior parte elementi “moderati” con l’aspirazione ad una monarchia costituzionale, alla realizzazione di una società libera e democratica intrisa delle idealità massoniche. Stesse idealità che riecheggiano in eventi emblematici di quegli anni, come la rappresentazione a Vienna, nel 1791, del "Flauto magico" del “Fratello” Mozart, su libretto del “Fratello” Schikaneder, il cui profondo simbolismo massonico rappresenta il trionfo della Verità sulle tenebre dell'oscurantismo. 
Nello stesso anno, mentre a Parigi l'Assemblea Nazionale trasferiva solennemente nel Pantheon le ceneri di Voltaire, in America, il Congresso degli Stati Uniti approvava i primi emendamenti della Costituzione ("Bill of Rights") che stabilivano l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla Legge, la separazione fra Stato e Chiesa, la libertà di stampa. 

Va detto che esponenti della Massoneria operarono attivamente nei due schieramenti, quello rivoluzionario e quello antirivoluzionario. 
Così, ad esempio, nella battaglia di Valmy (20 settembre 1792) vediamo contrapposti due “Fratelli”: da una lato, a capo dell’esercito francese il generale Dumouriez, dall’altro, a capo dell’esercito alleato austro-prussiano, il duca di Brunswick, di cui è noto il minaccioso proclama di distruggere Parigi. 
Massone era Chaumette, tra i capi della Comune di Parigi, ateo e repubblicano, acerrimo nemico del re, ma massone era anche François Charette capo degli insorti Vandeani. 
Massoni erano Danton e Desmoulins, massone l’abate Sieyès ecc. Ma ben presto gli sviluppi rivoluzionari avrebbero travolto il mondo latomistico. 
Proibita in Francia al tempo della Convenzione, a partire dal 92-93 le Logge chiudono una dopo l’altra. Nel 1793 il Gran Maestro del Grande Oriente, il duca Filippo d’Orléans (Philippe Egalité) conferma la sua viltà, già mostrata con il voto decisivo nella condanna di Luigi XVI4 , sconfessando pubblicamente la Massoneria e rinnegandola, senza peraltro riuscire ad aver salva la testa (venne ghigliottinato sei mesi dopo, il 6 novembre 1793).

Gran parte dei massimi esponenti della Massoneria furono ghigliottinati; oltre a quelli prima indicati, non si possono non ricordare lo scrittore Jacques Cazotte (1719-1792) ed il poeta lirico André-Marie Chénier (1762- 1794), della Loggia “Les Neuf Soeurs”, che salirono sul patibolo per la loro fedeltà all’ideale monarchico costituzionale, o il loro confratello di Loggia il già citato.
Subito sarebbe arrivata dal pontefice Pio VI (Giovanni Angelo Braschi) la condanna della Dichiarazione dei diritti dell'uomo che «ammetteva tutta sorta di Religione, sostenendo che, credute l'esistenza di Dio, e l'immortalità dell'Anima, era ugualmente buono il Cattolico, il Luterano, il Calvinista, l'Ebreo». 
Sembra che Luigi XVI sia stato iniziato in Massoneria, assieme ai fratelli, il conte di Provenza ed il conte d’Artois, nella Loggia appositamente fondata a Versailles “La Militare des Trois Frères Unis” a l’Orient de la Cour, nel 1775. marchese di Condorcet che si avvelenò in carcere. 
Fra i numerosi ecclesiastici giustiziati dai Giacobini, va ricordato il massone Jean-Marie Gallot, che sarebbe stato proclamato beato da Pio XII (nonostante la sua appartenenza alla Libera Muratoria). Delle oltre 600 Logge operanti in Francia alla vigilia della Rivoluzione, solo poco più di una decina restarono operanti tra il 1795 e il 1796. 
Nonostante ciò, da molte parti degli ambienti reazionari venne, fin dall’inizio, diffusa la voce che la Rivoluzione Francese era stato un complotto ordito dalla Massoneria e da essa preparata da tempo nelle “Retro-Logge”, voce che non mutò, anzi si rafforzò, con gli eccessi del Terrore nonostante siano risultato evidente che proprio i Massoni e l’Istituzione Massonica ne furono le prime vittime. Molto seguito ebbero, in questa assurda tesi, i 5 volumi delle “Memorie per servire alla storia del giacobinismo” dell’abate Barruel comparsi tra il 1797 e il 1798, ma numerosi altri libelli erano stati pubblicati con tale intento. 
Ad esempio ne “I progetti degl’increduli a danno della religione disgelati nelle opere di Federico il Grande re di Prussica” di don Luigi Mozzi, pubblicato ad Assisi l’anno seguente della Rivoluzione, si legge: «Tre sono le Sette, le quali o nate o rinvigorite in questo secolo hanno primieramente prodotto la memoranda rivoluzione, in cui ci troviamo involti, facendo servire alla medesima una serie di persone, e di autorità da esse stranamente e in diversi modi illuse e sedotte. Una è la setta de’ Liberi Muratori, e quelle che da essa emanano; l’altra la Setta de’ Giansenisti; la terza quella de’ Filosofi». 
E di seguito rimprovera ai “Franchi Muratori” la «fratellanza, che dovendo stabilirsi tra persone di diverso grado, è incompatibile con le varie Gerarchie, che Iddio ha voluto per buon ordine del mondo, e ne viene perciò il rovesciamento di ogni sistema civile e religioso». 
Le conseguenze non si fecero attendere in Italia, dove la Massoneria, peraltro, già si trovava in una situazione difficile, bandita dal 1783 in Piemonte, dal 1785 a Venezia. 
Dopo la presa della Bastiglia si diffuse tra i regnanti assolutistici la convinzione che il movimento sovversivo avesse come capo occulto Luigi Filippo d'Orlèans, Gran Maestro del Grande Oriente di Francia. 
A Napoli, il 3 novembre 1789 Maria Carolina ripropone contro i Massoni l'Editto di condanna del 1785, minacciando gli aderenti di pena di morte, paragonandoli ai rei di lesa maestà. Vengono così sciolte le Logge di Stretta Osservanza del Gran Maestro Naselli. 
A Roma continuava ancora ad operare la Loggia “La Réunion dea Amis Sincères”, fondata nel novembre 1787, per iniziativa di elementi della colonia francese, guidati dal pittore Augustin-Louis Belle, sulle ceneri della Loggia che aveva fondato il Münter. Al Belle seguì nella carica di Venerabile Charles de Loras6 . 
La Loggia romana acquisì prestigio perché lavorava attivamente e ordinatamente proprio in quel periodo critico in cui tutte le altre Logge della Penisola, perseguitate dai governi, chiudevano i battenti, diventando il centro latomistico della vita italiana. Con essa entrarono in corrispondenza i Venerabili delle Logge Napoletane. 
In particolare 65 a Parigi, 442 in provincia, 39 nelle colonie, 69 nei reggimenti, 17 all’estero. 
Charles Abel de Loras, balì dell’Ordine di Malta, già deputato Gran Maestro della Loggia di Malta “Loge de Sain Jean d’Écosse du Secret e de l’Harmonie”, era giunto a Roma per ottenere la nomina di ambasciatore dell’Ordine presso la Santa Sede (che non ottenne per l’avversione di Pio VI). Severo, figlio di Raimondo di Sangro, e il Gran Maestro delle Logge inglesi, il duca di San Demetrio. Proprio in questi frangenti si inserisce, in Italia, la parte finale della vicenda Cagliostro che, dopo varie peregrinazioni, era giunto a Trento dove godé della protezione del Principe-Vescovo Vigilio Thun. 
Dopo essersi fatto vedere come devoto e fervente cristiano, il Conte di Cagliostro decise di recarsi a Roma con la grande idea di operare la riconciliazione fra la Massoneria (di cui si riteneva il capo) e la Santa Sede. Si fece fare un salvacondotto dal vescovo di Trento che pure lo raccomandò a vescovi, cardinali e senatori. Il maggio 1789 partì per Bologna diretto a Roma dove arrivò il 27 maggio 1789, proprio mentre in Francia stavano maturando gli eventi che avrebbero sconvolto il mondo. 
Il clima era ulteriormente teso per i fermenti insurrezionali a Senigallia e a Velletri. 
In questo stato quasi isterico di paura, cominciarono a fioccare arresti e scomuniche contro i nuclei liberali che si identificavano con le Logge Massoniche. 

Agli occhi delle autorità pontificie, dopo la distruzione della Bastiglia del 14 luglio, Cagliostro appariva come uno dei capi di quella Massoneria che tramava per la caduta dei troni e dell’altare. Cagliostro, mentre era in attesa di presentarsi al Pontefice come massimo esponente della Massoneria, cercò di fondare a Roma una Loggia egiziana ed in questo ebbe come prezioso collaboratore il cappuccino Francesco-Giuseppe da San Maurizio (al secolo Giacinto Antonio Roullier). 
Costui aiutò Cagliostro nella stesura di un Memoriale elogiativo della Rivoluzione, diretto all’Assemblea di Francia, che venne intercettato dall’inquisizione. 
Il 27 dicembre 1789 il Papa si recò dal Segretario di Stato cardinale Zelada e il Governatore di Roma, mons. Rinucci, ricevette l’ordine di arrestare il conte di Cagliostro ed il padre cappuccino Francesco-Giuseppe. 
L’accusa, quella di essere istitutore e propagatore della Setta dei Liberi Muratori, secondo il mai applicato bando Firrao del 1739 che prevedeva la condanna a morte. 
Venne così sciolta l’ultima Loggia ancora operante in Italia, quella romana che si voleva identificare con Cagliostro, anche se, in realtà, non aveva niente a che fare con lui. 
La storia del processo è nota, come sono note le deposizioni preconfezionate fatte fare a Cagliostro per dare all’opinione pubblica un quadro palesemente distorto della Massoneria, come il più grande nemico dello Stato e della Chiesa. 
Il collegio giudicante (presidente il cardinale di Stato Zelada, giudice fiscale monsignor Barberi, ma indirettamente diretto passo passo dallo stesso pontefice) dopo un processo che sarebbe durato fino all’aprile del 1791, condannò a morte sul rogo il Libero Muratore Cagliostro, pena che il Pontefice mutò nell’ancor più spietata carcerazione perpetua da scontarsi in fortezza. 
L’opera di monsignor Barberi “Compendio della vita, e delle gesta di Giuseppe Balsamo denominato il conte di Cagliostro, che si è estratto dal Processo contro di lui formato a Roma l’anno 1790 e che può servire di scorta per conoscere l’indole della Setta de’ Liberi Muratori”, Roma 1791, fu immediatamente diffusa in tutto il continente, tradotta in varie lingue e con numerose edizioni. Avrebbe dato lo spunto a tutti i successivi libelli antimassonici. 
La Massoneria diventa il simbolo di quel movimento di idee che, per usare le parole di mons. Barberi, «si arroga il titolo d'illuminato, di spregiudicato, di filosofico». 
La detenzione di Cagliostro nel forte di San Leo, gli spietati maltrattamenti cui fu sottoposto - che il cardinale Zelada e il Pontefice costantemente conoscevano, approvavano e consigliavano di inasprire nell’isterico timore che i Massoni di tutto il mondo potessero con un atto di forza liberare il loro capo - sarebbe durata sei anni. 
Cagliostro morì qualche mese prima che a San Leo arrivasse l’armata rivoluzionaria che lo avrebbe liberato. La condanna di Cagliostro segnò la fine della Libera Muratoria in tutta la penisola. 
La fase “aristocratica” della Massoneria settecentesca, avrebbe ceduto il passo alla nuova fase “borghese” nell’età napoleonica, in linea con l’ideologia del terzo stato uscito vittorioso dalla Rivoluzione francese.

sabato 1 settembre 2018

mistica sacrificale e terrorismo rituale in politica

la Legione dell’Arcangelo Michele di Conrneliu Zelea Codreanu.




La nascita di un movimento politico non è mai stato nella Storia un fatto casuale, ma sempre una risposta a problemi spirituali, etici, pratici e contingenti che caratterizzano un'epoca. La storia politica europea, non è una storia asettica e limpida. Anzi, quasi sempre, la politica è stata, ed è, una manifestazione, più o meno evidente, della cultura elitaria religiosa, esoterico-magica occidentale.  La storia, poco conosciuta, della Legione dell’Arcangelo Michele di Corneliu Zelea Codreanu (1899-1938) ne è una dimostrazione. Siamo nella Romania post Prima Guerra mondiale, una nazione che nella sistemazione europea che segue il crollo degli Imperi centrali, ottiene notevolissimi vantaggi territoriali in seguito all'annessione di aree geografiche quali la Bessarabia, la Transilvania e la Bucovina, diventando cosi uno tra i più estesi e popolati paesi dell'Europa orientale. La grande maggioranza dei Romeni era costituita da contadini che vivevano e lavoravano, in condizioni assai dure, su terreni di proprietà di un ristretto ceto di grandi latifondisti. I contadini erano l’80% della popolazione complessiva, e mantenevano ancora vivi valori quali l'orgoglio nazionale, la fedeltà alla religiosità cristiana ortodossa e alla tradizione latina. Questo mondo contadino fu punto di riferimento di tutta una corrente letteraria d'ispirazione populista, che lo contrapponeva al mondo cittadino corrotto. Esisteva un baratro politico tra la stragrande maggioranza dei romeni, e il 'paese legale' rappresentato dai partiti e da un ristretto gruppo di affaristi e speculatori raccolti attorno agli ambienti di Corte. Il ceto medio era estremamente ridotto, e questo spazio sociale era stato occupato nel tempo da stranieri soprattutto ebrei, ma anche russi, greci e armeni. Lo Stato era vissuto come una realtà astratta, lontana, presente soltanto attraverso un apparato burocratico lento e farraginoso. I contadini erano soliti organizzarsi in piccole confraternite nei villaggi, formate da persone vincolate da un reciproco giuramento di fedeltà. Spesso, in queste leghe, era presente il pope, in veste di consigliere, di guida spirituale e di custode della gerarchia dei valori che si tramandavano di generazione in generazione.  Alcuni intellettuali romeni denunciavano pubblicamente la presenza ebraica nel paese che, a loro giudizio, si traduceva in un controllo dell'intera vita politica ed economica nazionale. Tra questi intellettuali spiccava Alexandru Cuza, professore di economia politica nell'università di lasi, in Moldavia. Cuza elaborò un programma fondato sul concetto di unità nazionale ed etnica del popolo romeno, e su una rinnovata coscienza del patrimonio tradizionale. Nel 1919 fondò, insieme a Nicolae lorga (storico, letterato, museologo), il Partito Nazionale Democratico, al quale aderirà, per un certo periodo, anche Codreanu.  Corneliu Zelea Coderanu era nato nel 1899, figlio del professore di liceo Ion Zelea Codreanu e di Elizebeth Brunner, di origine austro-tedesca. Appena laureato, nel 1922, si recò in Germania per studiare economia politica nelle Università di Berlino e Jena. Nel marzo del 1923 tornò in Romania e fondò la Lega della Difesa Nazionale Cristiana (LANC), un movimento dai forti caratteri religiosi e mistici, sulla cui bandiera appariva il simbolo della svastica, un simbolo ancora, all’epoca, poco noto nell’accezione ‘antisemita’. Di certo Codreanu lo aveva conosciuto in Germania. Egli riteneva che il suo movimento dovesse distinguersi radicalmente da tutti gli altri partiti politici: il militante doveva essere un uomo di fede, non un semplice aderente per motivi 'razionali' o opportunistici. L'accusa di aver ordito una cospirazione per uccidere il capo del governo Ion Brătianu e alcuni ministri, poi fallita per un tradimento interno al gruppo stesso, porterà in carcere i capi della LANC, che saranno rinchiusi nel carcere di Vacaresti. Nella cappella del carcere, l’8 novembre 1923, giorno nel quale il calendario ortodosso festeggia i santi Michele e Gabriele, vittoriosi nell’Apocalisse, Codreanu ha una visione, con i suoi compagni, di fronte all’icona che raffigura l’Arcangelo Michele: «L’icona ci parve di una bellezza straordinaria.  […] ora mi sentivo legato a quella con tutta l’anima e avevo l’impressione che il Santo stesse lì, vivo davanti a me». In quello stesso giorno a Monaco, avviene il tentativo fallito di Putsch di Hitler, che farà di quella specifica data, con i suoi caduti nazisti, il giorno cruciale nella simbologia delle camicie brune. Il processo decretò l'assoluzione di Codreanu (che rivendicò le motivazioni ideali della cospirazione) e degli altri imputati. Pochi anni dopo, iI 24 giugno 1927, il giorno di San Giovanni Battista, Codreanu fonda la Legione dell'Arcangelo Michele. L’unità di base della Legione è il cuib, cioè il nido. L'Arcangelo Michele è inteso come il simbolo dell'eterno conflitto fra le forze del bene (della Tradizione) e quelle del male (della disgregazione e dei disvalori propri della cultura europea degli ultimi due secoli). La Legione nacque dalla volontà di un ristretto numero di persone che intendevano dar vita a una struttura compatta, elitaria, combattiva, che fosse in grado di rappresentare in potenza il futuro assetto dell'intera nazione romena. Codreanu richiedeva a ogni singolo militante di essere un uomo di fede, disposto alla lotta e alla sofferenza per il futuro della Romania. La lotta che la Legione indicava come lo strumento necessario per il riscatto della comunità nazionale, era in primo luogo una lotta interiore: ciascun legionario doveva trasformare il proprio essere prima di proporre qualcosa all'ambiente esterno. Non aveva senso per Codreanu la creazione di uno Stato nuovo che fosse poi messo nelle mani di uomini 'vecchi’. La configurazione dello Stato proposta dalla Legione si basava su un'elite formata da uomini interiormente rinnovati e liberati da individualismo, edonismo, materialismo, viltà. Il cuib era un nucleo composto al massimo da tredici persone, e al suo interno erano affrontati tutti i problemi che la Legione incontrava.  Si tenevano conferenze su questioni di politica interna e internazionale; era esaminata la situazione dei ceti romeni più bisognosi di aiuto, studiando ad esempio nuovi sistemi di coltivazione e di irrigazione. Il legame tra i legionari era prima di tutto un legame spirituale. Essi 'sentivano' e vivevano allo stesso modo; la comunità era fondata su una visione del mondo dai forti accenti mistici e religiosi, e non consisteva in una semplice adesione a un programma ideologico. La Legione creò una vera mistica della morte. L'eterna lotta contro le forze del male poteva essere vinta soltanto da chi sapeva «...assicurarsi il concorso delle potenze spirituali» cioè di tutti i morti per la Stirpe, e naturalmente di Cristo. La fede in Dio era uno dei capisaldi della vita legionaria secondo il Libro del Capo del cuib: «Ci occupiamo di lotte tra noi e gli altri uomini e non di lotte tra i comandamenti dello Spirito Santo e i desideri della nostra natura terrestre; ci preoccupiamo e desideriamo le vittorie sugli uomini, non le vittorie sul diavolo e sui peccati. Tutti i grandi uomini del mondo di ieri e di oggi: Napoleone, Mussolini, Hitler etc. sono maggiormente preoccupati di quelle vittorie. Il movimento legionario fa eccezione, occupandosi — ma insufficientemente — anche della vittoria cristiana nell'uomo, in vista della sua redenzione».

Nel libro si accenna (in più punti) anche a prove iniziatiche: «Là, alla fine della strada difficile delle tre prove, ha inizio l’opera bella, l’opera benedetta per costruire dalle fondamenta la nuova Romania». La riunione del cuib si apre con un rito preciso: «Dopo che i membri sono adunati, il capo si alza e grida con voce marziale ‘Camerati!’, a questo segnale tutti si alzano in piedi. Volgono la faccia verso oriente e salutano col braccio teso: un saluto al cielo, alle altezze e al sole simbolo della vittoria, della luce e del bene». La preghiera era considerata un atto magico di potenza che attraeva forze misteriose del mondo invisibile, come nella tradizione ermetica, da Plotino ad Agrippa. Il cristianesimo della Legione era un cristianesimo guerriero che all’epica del sacrificio univa quella del terrorismo. Nel 1929 Codreanu uccide il prefetto della città di Iasi, capoluogo della Moldavia, ma è liberato a furor di popolo diventando l’eroe dei super patrioti. Il 20 giugno 1930 costituisce la Guardia di Ferro, considerata strumento di autodifesa contro le persecuzioni del potere, che fa dell’omicidio uno strumento di lotta politica. La Legione all’inizio fu vista di buon occhio dalle autorità di polizia, ma non fu mai presa molto sul serio, tanto che la Guardia di Ferro ricevette finanziamenti da vari uomini politici su iniziativa dello stesso re Carol, che sperava di utilizzarli a suo favore. E’ indubbio che all’interno del movimento legionario si compissero riti di sangue, veri e propri riti sacrificali soprattutto nei riguardi dei traditori. Mihail Stelescu, ad esempio, un giovane deputato uscito dalla Legione per fondare un suo gruppo, fu ucciso il 16 luglio 1936 in modo rituale. Dopo essere stato crivellato, in ospedale, da 120 colpi, il suo corpo fu fatto a pezzi a colpi d’ascia e i dieci ‘giustizieri’ eseguirono attorno ai resti una danza accompagnata da un canto di purificazione, unendoci segni di croce.
Nel 1937 la Legione ebbe un importante successo elettorale, diventando il terzo partito romeno con il 17% dei voti, ed eleggendo 66 deputati. La repressione non tardò a manifestarsi: Codreanu fu accusato di aver leso l'onore di una personalità di regime e, per questo, fu condannato a sei mesi di carcere. Dopo poco tempo fu aperto un altro procedimento penale contro di lui. Questa volta le accuse erano pesanti, i capi d'imputazione parlavano di tentativi insurrezionali, attività terroristica, spionaggio a favore di uno Stato straniero. Il processo fu tenuto presso un tribunale militare, Codreanu fu condannato a dieci anni di lavori forzati. Ma la sua sola esistenza fisica rappresentava, agli occhi del sistema, una costante fonte di pericolo di instabilità.  Nella notte fra il 29 ed il 30 Novembre 1938, Codreanu, insieme ad altri tredici legionari, fu assassinato dai gendarmi nel bosco di Baneasa, con il pretesto di un trasferimento da un carcere a un altro. La mistica sacrificale della Legione e il terrorismo rituale del suo braccio armato, la Guardia di ferro, secondo gli storici non trovano riscontri in altri movimento fascisti dell’epoca.


Fonti principali
G., Galli, La Magia e il Potere, Lindau, 2004, Torino.
H., Seton-Watson, Le democrazie impossibili, Rubettino Editore, 1992, Messina.

fonte: http://larapavanetto.blogspot.com/