CRISTO MORTO - ANDREA MANTEGNA

lunedì 29 gennaio 2018

Foa: Twitter, utenti “schedati” e poi esclusi a loro insaputa

Prima hanno inventato la democrazia, lottando per conquistarla. Poi l’hanno svuotata, con le istituzioni-capestro che scavalcano gli Stati e la loro Costituzione. In compenso, con Internet e i social media, hanno trasferito quote di democrazia (virtuale) sulla Rete. Ma adesso si stanno riprendendo, silenziosamente, anche quelle. Lo afferma Marcello Foa, nel suo blog sul “Giornale”, segnalando la colossale retromarcia di Twitter: messaggi filtrati e segretamente archiviati, a insaputa dell’utente, che – nel caso veicolasse messaggi scomodi – verrebbe addirittura escluso dal circuito, senza che neppure se ne accorga. E’ una notizia che pochissime testate hanno dato, e che Foa considera «tanto importante quanto inquietante». Pochi giorni fa, scrive, un’inchiesta di “Project Veritas” ha rivelato che Twitter sta lavorando alacremente a misure che, una volta introdotte, limiteranno la nostra libertà di esprimerci. A confessarlo sono stati alcuni ingegneri della società: le loro confidenze sono state captate con una camera nascosta durante le feste natalizie, «un po’ come fa “Report”, per intenderci». Non immaginando di essere registrati, si sono lasciati andare. Pochi ne hanno parlato, in Italia. E chi lo ha fatto (come “Repubblica”) si è soffermato sulle indiscrezioni riguardo la violazione della privacy: ogni contenuto tu Twitter verrebbe monitorato e messo in cassaforte.
Twitter, scrive Foa, «scandaglierebbe i messaggi per raccogliere informazioni private e archivierebbe tutti i messaggi diretti, anche quelli cancellati, per poterli consegnare al Dipartimento di Giustizia qualora li richieda, anche a distanza di anni», Marcello Foanaturalmente a insaputa degli utenti. Esploso lo scandalo, la società ha negato tutto: «Facciamo rispettare le nostre regole senza pregiudizi e responsabilizzando ogni voce sulla nostra piattaforma». Ma ben più inquietante, secondo Foa, è l’altro progetto: quello del cosiddetto “shadow banning” ovvero una “censura ombra” (o, più propriamente, invisibile) che permetterà di escludere un utente senza che se ne accorga. «Ovvero: voi continuerete a twittare, ma nessuno vedrà più i vostri “cinguettii”». Progetto a cui si accompagna «l’algoritmo che consente di individuare e di schedare gli utenti in base alle idee politiche, con le conseguenze che potrete facilmente immaginare: quelle gradite all’establishment avranno visibilità, quelle sgradite e anticonformiste saranno confinate in una bolla, private della virtù di Twitter: la viralità».
E’ improbabile che gli ingegneri si siano inventati tutto, aggiunge Foa: questa è la tipica situazione nella quale emerge il fondato sospetto che l’operazione sia stata commissionata a precise strutture di intelligence. «E’ un segnale inquietante che, purtroppo, conferma la tendenza in atto». Quella parola, “shadow banning”, «suona sinistramente profetica del mondo che stanno cercando di costruire, in cui la libertà d’opinione sarà più apparente che reale». E’ il cosiddetto post-umanesimo, la post-democrazia «in cui prevarrà, e di gran lunga, la verità omologata, che non morde, che non fa male, che acquieta le coscienze». Per Foa è «un mondo che bisogna denunciare adesso, con coraggio, per impedire che si realizzi». Vietato stupirsi, però, dopo il terremoto Snowden con le rivelazioni sullo spionaggio digitale di massa realizzato dalla Nsa statunitense, con buona pace della “democrazia della Rete”. Quanto all’altra democrazia, quella pre-digitale delle elezioni, non c’è molto da aggiungere: l’Italia il 4 marzo voterà un Parlamento che, a prescindere dall’esito delle urne, produrrà un governo il cui bilancio dovrà essere prima validato a Bruxelles, dalla Commissione Europea che nessuno ha eletto.

fonte: http://www.libreidee.org/

mercoledì 24 gennaio 2018

il mistero dell'uomo dal naso d'argento


La chiesa della Madre di Dio davanti a Tyn, conosciuta come chiesa di Tyn, e spesso tradotta come chiesa di Nostra Signora di Tyn, è una costruzione gotica imponente che domina la città vecchia di Praga, in Repubblica Ceca. E' l'edificio principale di questa parte di città dal XIV secolo. Le sue torri sono alte 80 metri e sormontate da 4 piccole guglie. Nel secolo XI quest'area era occupata da una chiesa romanica, che fu costruita per i mercanti stranieri. Successivamente, nel 1256, fu sostituita da una primitiva costruzione gotica di Nostra Signora prima di Tyn. L'edificazione dell'attuale chiesa iniziò nel XIV secolo in stile tardo gotico sotto l'influenza di Mattia di Arras. In seguito si occupò dei lavori Pietro Parler. All'inizio del XV secolo la costruzione era quasi completata, mancavano le torri, il timpano e il tetto. L'edificio fu controllato dagli Ussiti per quasi due secoli. Con il termine Ussiti erano definiti gli appartenenti al movimento cristiano riformatore e rivoluzionario sorto in Boemia nel XV secolo, precursori, insieme ai lollardi di Wyclif, della Riforma Protestante. 


Il nome deriva dal fatto che questi cristiani erano seguaci della dottrina del teologo boemo Jan Hus. Durante il Concilio di Costanza, Jan Hus fu condannato al rogo e ucciso il 6 luglio del 1415. Hus aveva assunto delle posizioni molto critiche nei confronti del potere ecclesiastico e dell'infallibilità del pontefice, posizioni vicine a quelle di Wyclif e dei valdesi. In seguito le sue opinioni influenzarono anche Martin Lutero. Dopo l'esecuzione di Hus, il movimento che prendeva il suo nome assunse un carattere quasi insurrezionale. Vi furono moti di protesta e, nel 1415, oltre 400 nobili boemi e moravi inviarono una formale nota contro l'accusa di eresia che aveva condotto Jan Hus al rogo. La popolazione considerò Hus come un martire e dalle proteste prese origine il movimento nazionalistico ceco. Tra coloro che si alternarono a gestire la chiesa nei secoli di controllo ussita anche il futuro arcivescovo di Praga Giovanni di Rokycan, vicario della chiesa nel 1427. Il tetto fu completato nel 1450, mentre il timpano e la torre settentrionale furono conclusi sotto il regno di Giorgio di Podebrady (1453-1471). La scultura di Giorgio era posta sul timpano, sotto un enorme calice d'oro, simbolo dei seguaci di Jan Hus. La torre sud fu completata nel 1511. 


Dopo la battaglia della Montagna Bianca, 1620, iniziò l'era del ritorno al cattolicesimo e, di conseguenza, le sculture del Re considerato eretico, Giorgio di Podebrady, e il calice d'oro furono rimosse e sostituite, nel 1626, da una scultura della Madonna con un'aureola di notevoli dimensioni ricavata fondendo il calice, simbolo degli Ussiti. Le manomissioni all'originaria chiesa non si conclusero con la fusione del calice poiché, nel 1679, la chiesa fu colpita da un fulmine che danneggiò pesantemente la vecchia volta, sostituita da una nuova in stile barocco. All'interno della chiesa, tra le opere custodite, meritano attenzione il fonte battesimale che risale al 14141 e il baldacchino di pietra del 1493. Da osservare con attenzione anche la tomba dell'astronomo danese Tycho Brahe con lastra in granito rosa. Brahe nacque nel 1546 in un piccolo paese della Scania, allora appartenente al Regno di Danimarca. Le famiglie di origine del padre e della madre era ricche e tra le più importanti di Danimarca. Sin dall'adolescenza Brahe dimostrò interesse per l'astrologia, motivo che lo spinse a seguire gli studi di astronomia. 


Tycho Brahe si occupò di predizioni astrologiche per tutta la vita. Conclusi gli studi universitari tra Copenaghen, Wittenberg e Basilea, Tycho riuscì a costruire un palazzo-osservatorio sull'isola di Hven grazie alle donazioni del Re Federico II di Danimarca e Norvegia. Il Re riuscì così a saldare il debito di riconoscenza che provava verso la famiglia Brahe poiché lo zio di Tycho, Jorgen, morì per salvarlo dopo una caduta in un canale della capitale danese. Brahe istituì il primo centro di ricerca a livello europeo potendo contare sul fatto che non avesse limiti di spesa: disponeva delle attrezzature più avanzate e di una cartiera per le pubblicazioni dell'osservatorio. Il suo assistente più famoso fu Keplero. Quale sarebbe il mistero che circonda un uomo così geniale? Quando era ancora studente perse parte del naso in un duello. L'evento si verificò nel 1566 quando Tycho era ancora uno studente in Germania. Mentre partecipava ad una danza a casa di un professore, ebbe un'accesa discussione con un membro della nobiltà danese su chi avesse maggior talento matematico. Dopo una lite, i due decisero di risolvere la questione con un duello, che avvenne alle 19 di sera del 29 dicembre 1566. 


Nel buio della sera tedesca, Tycho Brahe perse il setto nasale. Per il resto della vita portò una piastra d'argento. Nel 1901 fu aperta la tomba e i resti esaminati da medici esperti. La cavità nasale del teschio era bordata di verde, segno di esposizione al rame e non all'argento. Solo questo il mistero che circonda Brahe? Tycho morì il 24 ottobre del 1601, molti giorni dopo lo scoppio della vescica durante un banchetto. Quella sera Brahe decise di rimanere sino alla fine della cena poiché sarebbe stato l'apice delle cattive maniere abbandonare il banchetto prima della conclusione. Lo scoppio della vescica comportò il fatto che non fosse in grado di urinare, se non in piccole quantità e con dolori lancinanti. 


Recenti studi sembrano dimostrare che non morì direttamente per la causa dichiarata e conosciuta ma, bensì, potrebbe essersi avvelenato, involontariamente, somministrandosi delle medicine contenenti mercurio. Un'altra domanda che potrebbe sorgere spontanea è la seguente: perché Brahe maneggiava mercurio? Semplicemente seguì molti studi di alchimia durante la vita. Di questi studi non lasciò traccia o, più probabilmente, preferì distruggerli.

Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/

Bibliografia
Fudge, Thomas A., The Magnificent Ride: The First Reformation in Hussite Bohemia, Ashgate, 1998.

Fudge, Thomas A., The Crusade against Heretics in Bohemia, Ashgate, 2002.

Denis, Ernest, "Huss et la Guerre des Hussites," AMS Press, New York, 1978

Kitty Ferguson. L'uomo dal naso d'oro. Tycho Brahe e Giovanni Keplero: la strana coppia che rivoluzionò la scienza, Milano, Longanesi, 2003

Francesco Ongaro. L'uomo che cambiò i cieli, Cairo editore, 2007

FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava

venerdì 19 gennaio 2018

il Papa bambino e la bestia del sesso


Raffaello Giovagnoli, nel suo romanzo Benedetto IX del 1899, immaginò l'aspetto fisico del Papa bambino deducendolo dalle incisioni riportate da Bartolomeo Platina. Lo scrittore pensava che il peggior Papa della storia, o uno dei peggiori, avesse le seguenti caratteristiche: “viso oblungo, bianchissimo di pelle, pupille turchine, capelli biondi, riccioluti e un po stempiato, affetto da leggero strabismo e dal naso aquilino, ben rasato. Veste probabilmente una tunichetta di seta bianca, tutta lavorata a fregi d'oro e stretta alla vita, mediante una larga cintura di cuoio tempestata di pietre preziose”. E' una storia sbagliata, un po' complicata. Tutto ebbe inizio poco dopo l'anno Mille con la nascita, nella città di Roma, di Teofilatto di Tusculum. Non conosciamo con esattezza la data di nascita del ragazzo. Sappiamo che tra il 1012 e il 1046 la casata baronale cui appartiene Teofilatto, la stirpe de Tuscolana, “sembra possedere il Papato per diritto ereditario”, (Bonizone vescovo di Sutri). In pratica la stirpe de Tuscolana stabilì una sorta di Papato di famiglia in quel del Laterano, residenza ufficiale dei Romani Pontefici sino al papato di un altro Benedetto, XI, agli inizi del Trecento. Teofilatto era figlio di Alberico III di Tuscolo e nipote di due Papi, Benedetto VIII e Giovanni XIX. Il ragazzo era pronipote di Papa Giovanni XII, quel dissoluto uomo che trovò la morte per mano di un oste volando dalla finestra della camera da letto, luogo nel quale intratteneva piacevoli momenti con la moglie, dell'oste chiaramente. Il padre Alberico III, sfruttando l'enorme potenza sociale della famiglia, riuscì ad ottenere l'elezione a Papa del figlio, che assunse il nome di Benedetto IX. 


Il ragazzo fu eletto la notte del 21 ottobre 1032 e consacrato il primo gennaio dell'anno successivo. Teofilatto, neo Benedetto IX, fu uno dei papi più giovani della storia. Secondo le fonti medievali emerge l'ipotesi che fosse adolescente al momento dell'elezione, alcuni avanzarono l'ipotesi che avesse dodici anni il giorno in cui salì sul soglio che fu di Pietro. Questa idea è avvalorata dalle parole di un monaco di Auxerre, Rupert Glaber, secondo il quale oltre ad avere dodici anni non aveva nessuna qualifica per il papato diverse dalle connessioni sociali ed economiche della famiglia. Gli scritti del monaco di Auxerre furono riportati dal famoso cardinale Reginald Poole nel volume Benedetto IX e Gregorio VI. Gli storici moderni ritengono sia possibile avesse tra i 20 e i 25 anni poiché notano numerose contraddizioni nelle fonti antiche. Teofilatto, qualunque età avesse, fu un Papa bambino, forse il più giovane della storia. Se non fu il più giovane, il primato resterebbe in famiglia poiché Giovanni XII salì al trono all'età di 18 anni. Il tempo corre veloce, come le dissolutezze del ragazzo. Il primo pontificato di Benedetto IX si concluse tra il 1043 e il 1045 a causa della sua scelta di contrarre matrimonio. In quel periodo a Roma scoppiò una rivolta, probabilmente alimentata dalla famiglia rivale dei Crescenzi. Il Papa scappò rifugiandosi in una rocca di famiglia. La famiglia rivale riuscì a porre sul trono pontificio il vescovo di Sabina, Giovanni Crescenzi, che assunse il nome di Silvestro III. 


Il nuovo Papa fu eletto il 13 gennaio del 1045 e consacrato il 20. Il nuovo pontefice risultò incapace di sedare le sommosse romane. I fratelli del deposto Benedetto, in accordo con la famiglia Crescenzi e i cittadini di Roma, richiamarono il vecchio Papa. Silvestro III fu espulso il 10 febbraio del 1045, circa 20 giorni dopo la consacrazione. Il secondo papato del ragazzo durò come un lampo in una notte d'estate. La famiglia, nella speranza di placare le voci sulla vita sessuale dissoluta di Benedetto IX, decise di vendere la dignità papale il 1 maggio del 1045 al presbitero Giovanni Graziano, che fu incoronato il 5 maggio dello stesso anno assumendo il nome di Gregorio VI. Il nuovo pontefice fu accolto con grande entusiasmo dal mondo ecclesiastico, tanto che San Pier Damiani scrisse a Gregorio chiedendo che affrontasse gli scandali della chiesa in Italia. Quali furono le voci che la famiglia di Benedetto cercò di placare? Possiamo comprenderle analizzando il pensiero e gli scritti di alcuni storici e uomini di chiesa. Papa Vittorio III nel suo terzo libro di dialoghi fece riferimento ai “suoi stupri, omicidi ed altri indicibili atti di violenza e sodomia”. Horace Mann lo definì “una vergogna per la cattedra di Pietro” e lo storico Ferdinand Gregorovius scrisse che “Benedetto sembrava come un demone all'inferno, sotto le mentite spoglie di un prete, ha occupato la cattedra di Pietro e profanato i sacri misteri della religione”. 


Malgrado la fama di santità che circondava ancora in vita Gregorio VI, le basi per la sua elezione a Papa indebolivano la figura, seppure carismatica. Il pontefice aveva acquistato la dignità papale, per cui poteva essere accusato di simonia. Il nuovo imperatore, Enrico III, era animato da un profondo spirito di rinnovamento della chiesa ed approfittò delle circostanze per riunire il Concilio di Sutri, nell'autunno del 1046. Enrico III invitò i tre papi per rispondere delle accuse di simonia. Benedetto non si presentò, come Silvestro, che da tempo si era ritirato dalla vita pubblica. Gregorio VI, essendo in carica, si presentò ma fu prontamente deposto dal trono della chiesa di Roma. Nell'autunno del 1046 riuscirono nella non semplice impresa di far coesistere 4 papi viventi. Il prescelto per la carica di pontefice fu il vescovo di Bamberga, che assunse il nome di Clemente II. La tranquillità per Roma e il Papato durò meno di un temporale estivo. Il 9 ottobre del 1047 Clemente morì improvvisamente. Benedetto IX, approfittando della sede vacante e dell'aiuto di Bonifacio di Canossa, riprese il Soglio di Pietro. Bonifacio aveva l'incarico imperiale di scortare a Roma Poppone di Bressanone, candidato di Enrico III alla sostituzione di Clemente. Quando all'imperatore giunse la notizia del rifiuto del nobile Bonifacio di accompagnare il prescelto nella città eterna, minacciò un violento intervento militare in Italia. Bonifacio di Canossa, uomo coraggioso, decise di scendere a miti consigli e scortò Poppone a Roma. 


Benedetto IX, altro uomo coraggioso, riparò velocemente in un castello della Sabina lasciando a Poppone il trono della chiesa. L'uomo che giunse da Bressanone fu consacrato papa il 17 luglio del 1048 con il nome di Damaso II. Benedetto si rifiutò di rispondere alle accuse di simonia e fu scomunicato. Essere eletto Papa in quel periodo era una sfortuna indicibile: il nuovo pontefice, Damaso II, morì nell'agosto del 1048 dopo appena 23 giorni di pontificato. Fu sostituito da Leone IX che combatté contro le richieste del predecessore. Leone morì nel 1054 sostituito da Vittore II. Finalmente tra il 1055 e il 1056 anche Benedetto IX lasciò questa terra di dolore. La fama di Benedetto fu la peggiore che i cronisti suoi contemporanei abbiano trasmesso. San Pier Damiani lo descrisse come“sguazzante nell'immoralità, un diavolo venuto dall'inferno travestito da prete” o come “l'apostolo dell'Anticristo, saetta scoccata da Satana, verga di Asur, figliolo di Belial, puzza del mondo, vergogna dell'umanità”. Lo stesso santo lo definì “il Nerone a San Pietro”. Nel libro I papi e il sesso di Eric Frattini, si può comprendere quanto sia stata infamante per la chiesa di Roma la figura di Benedetto IX: “il papa fanciullo era un seguace della stregoneria e del satanismo, sodomizzava animali, commissionava delitti, commetteva stupri e aveva rapporti sessuali con la sorella di 15 anni”. Probabilmente con Benedetto IX il Papato toccò il fondo della decadenza morale.

Fabio Casalini

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/

Bibliografia
Desiderio di Montecassino (Papa Vittore III), Dialogi, in J. P. Migne (a cura di), Patrologia Latina, CXLIV, col. 1004. 

Bartolomeo Platina, Le vite dei Pontefici, Venezia, Girolamo Savioni, 1730 

Lupo Protspatariu, Chronica, in G. H. Pertz (a cura di), Monumenta Germaniae Historica. Scriptores V, Hannover, 1844. 

Ferdinando Gregorovius, Storia di Roma nel Medioevo, Roma, 1870 

S. Loewenfeld, Regesta pontificum romanorum ab condita Ecclesia ad annum post Christum Natum 1198, a cura di P. Jaffé, Lipsia, Veit, 1885-1888. 

E. Dümmler Bonizone di Sutri, Liber ad amicum, in Monumenta Germaniae Historica. Libelli de lite imperatorum et pontificum I, Hannoverae, 1891. 

G. B. Borino, L'elezione e la deposizione di Gregorio VI, Archivio della R. Società Romana di Storia Patria, 39, 1916 

John N.D. Kelly, Gran Dizionario Illustrato dei Papi, Casale Monferrato (AL), Edizioni Piemme S.p.A., 1989. 

Claudio Rendina, I Papi - storia e segreti, Ariccia, Newton&Compton editori, 2005

Eric Frattini, I papi e il sesso, Tea, 2012

FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio.

giovedì 18 gennaio 2018

Vangelo di Maddalena restituito dal libro del tempo (archivio akashico)



Il Vangelo di Maria o Vangelo di Maria Maddalena è un vangelo gnostico, scritto in lingua copta verso la metà del II secolo a partire da un proto-testo greco. Parla del ruolo della discepola Maria Maddalena.

Il Vangelo di Maria, al pari di molti altri vangeli gnostici, è andato perduto con l'estinguersi dello Gnosticismo. Per secoli ne rimasero disponibili solo brevi citazioni indirette ad opera di alcuni Padri della Chiesa.

Il testo si conserva attraverso tre documenti:

- il Papiro Rylands 463, un frammento in Greco datato III secolo, pubblicato nel 1938.
- il Papiro Oxyrhynchus 3525, un frammento in Greco datato III secolo, pubblicato nel 1983.
- il Papiro Berolinensis 8502, conservato dal 1896 presso il dipartimento di Egittologia di Berlino. Fu acquistato al Cairo.

Daniel Meurois Givaudan, immergendosi con la sua coscienza nella dimensione akashica, ricostruisce la parte andata persa dell’antico manoscritto.

Ecco il testo:
...


... 
Foglio 1

1. Quel giorno, i discepoli erano raccolti in cima ad una montagna.
2. Il Maestro stava fra loro in Silenzio.
3. E Myriam Gli era accanto.
4. Andrea disse:
5. «Maestro, ecco che il Tuo Silenzio ci sorprende.
6. Perché ci hai riuniti? Non hai niente da dirci, oggi?».
7. Allora l’Insegnante rispose loro:
8. «E voi, non avete niente da dire a me?
9. Perché mai la fonte dovrebbe andare incontro ai pellegrini?
10. Il pellegrino dimentica a volte di avere gambe per camminare.
11. Dimentica che non è la strada a scorrergli sotto i piedi, ma che è la
sua mente a proiettarsi verso l’orizzonte.
12. Chiedete, se avete intenzione di ricevere.
13. Quando la terra ha sete
14. tocca a lei chiamare la pioggia».
15. Ed ecco che Simon Pietro si alzò fra tutti e disse:
16. «Maestro, ogni giorno Ti seguiamo e Ti ascoltiamo.
17. Eppure, il nostro cuore conosce ancora l’aridità.
18. Ogni giorno, speriamo nella quiete e nella gioia.
19. Ma esse non vengono a visitarci.
20. Dicci perché.
21. La Forza dell’Eterno non è forse nelle Tue parole?
22. Più seguiamo le Tue orme sulla terra
23. più siamo turbati
24. e l’acqua continua a mancarci».

Foglio 2

25. Il Maestro non lo guardò e disse:
26. «Dov’è la debolezza?».
27. Poi, si mise in silenzio.
28. Simon Pietro parlò di nuovo:
29. «La debolezza è estranea all’Eterno.
30. Si è infilata nell’uomo passando dalle sue orecchie».
31. Andrea alzò una mano e disse:
32. «Perché interrogare il Maestro giacché conosci la risposta?».
33. Allora l’Insegnante si alzò e disse:
34. «Anche tu la sai, ma lui incomincia a capire.
35. Colui che vuole comprendere per conoscere, alla fine,
36. si rende conto che non deve seguire le mie orme,
37. bensì lasciare le sue spostandosi all’interno delle mie,
38. perché è dentro che troverà se stesso,
39. perché è dentro che si trova la gioia perduta,
40. perché è sempre dentro che si trova
41. la porta verso l’esterno dei mondi,
42. l’esterno che è il vero Interno.
43. Così la gioia non sorride a colui che raccoglie le mie parole,
44. bensì a colui che si sposta all’interno».

Foglio 3

45. Uno dei discepoli chiese:
46. «Dicci come fare per spostarci dentro».
47. Allora il Maestro disse:
48. «Cominciate con il porvi in Lui.
49. Non andate nelle spaccature.
50. Perché, in verità, non vi è frontiera.
51. Soltanto gli occhi creano la frontiera
52. perché non vedono il Dentro che sta nel fuori.
53. Solo l’Occhio crea l’unione.
54. È attraverso l’occhio che vi porrete in Lui.
55. L’Occhio crea il Mondo, che fa i mondi.
56. L’Orecchio che intende crea l’Occhio e lo fa crescere.
57. Così, la realtà che si apre all’Occhio ed all’Orecchio
58. apre la strada ad un’altra realtà.
59. L’Uno nutre il molteplice
60. ed il molteplice rimanda sempre all’Uno.
61. Vi annuncio: non separate,
62. spostatevi fra le separazioni.
63. È in questo modo che voi vi porrete in voi.
64. Questa è la via della quiete,
65. perché la quiete è il + centro del cambiamento».

Foglio 4

66. Simon Pietro parlò con queste parole:
67. «L’Uno si avvicina nella quiete e nella gioia.
68. L’Uno è stabile e solo.
69. Ma dicci come mantenere la stabilità nel cambiamento».
70. L’Insegnate rispose:
71. «Contemplando la realtà del sogno dei mondi,
72. poi immaginando il Sogno dietro a quel sogno».
73. Il discepolo Andrea si stupì davanti a tutti:
74. «Bisogna sognare?».
75. Allora il Maestro gli disse:
76. «Bisogna uscire dal sogno dei mondi
77. perché la gioia nasce nel Sogno
78. che ha concepito il gioco dei sogni e dei mondi.
79. Comprenda chi vuole comprendere.
80. Dorma chi si compiace nel lamento dei sogni.
81. Vi dico questo:
82. L’Uno sta nel risvegliarsi al Sogno ».

Foglio 5

83. Il discepolo si espresse ancora:
84. «Insegnaci: il Sogno è forse la cessazione della sofferenza?».
85. Il Maestro parlò a tutti in questi termini:
86. «Il Sogno è oltrepassare il sogno delle frontiere, e
87. le frontiere sono la sofferenza
88. perché la sofferenza è il tu e l’io
89. che si sognano come essendo due».
90. Allora, Simon Pietro chiese:
91. «Ma la Materia e la Non-materia, non sono forse due?
92. Come uscire dalla frontiera?».
93. L’Insegnante li benedisse tutti, poi disse loro:
94. «La Materia e la Non-materia fanno parte del Sogno del mondo.
95. Esse sono Una, sono il gioco
96. attraverso il quale l’Oblio tesse l’opera sua.
97. La separazione è un gioco,
98. come la sofferenza, e
99. la sofferenza nasce dall’orgoglio fondamentale che gioca a separare.
100. La Materia, vi dico, è un sorriso dell’Eterno,
101. per farci uscire dai mondi
102. e farci volere la Realtà».

Foglio 6

103. Simon Pietro prese di nuovo la parola:
104. «Dicci, ora: cos’è la Realtà?».
105. Il Maestro disse:
106. «La Realtà è Ciò che ha concepito il gioco delle realtà.
107. La Realtà è Ciò che vi farà spostare le vostre orme dentro alle mie.
108. È immaginazione nella fiducia.
109. È ciò che genera la Conoscenza».
110. Il discepolo chiese ancora:
111. «Abbiamo sete.
112. Come raggiungere la Realtà?».
113. L’Insegnante parlò a tutti:
114. «Smontando ciò che non è Uno,
115. Contemplando la materia che inventa la frattura,
116. amando la frattura per i suoi giochi,
117. amandone i giochi per la strada che essa traccia verso il Gioco».
118. Poi disse ancora:
119. «Osando».

Foglio 7

120. Uno dei discepoli si alzò allora e chiese:
121. «E dicci, ora: cosa significa la Materia?
122. Dobbiamo credere che si perpetui all’infinito?».
123. Il Maestro insegnò:
124. «Tutto ciò che è stato inventato e che è stato creato,
125. tutti gli elementi che compongono la natura dei mondi
126. sono interdipendenti e sposati fra loro.
127. Ma sarà smontato tutto ciò che è stato montato
128. affinché tutto ritorni alla Radice-Madre.
129. Così, colui che ha orecchie per ascoltare
130. faccia appello all’Orecchio per intendere».
131. Simon Pietro chiese:
132. «Poiché ti dici messaggero e interprete
133. degli elementi e dei fenomeni di questo mondo,
134. dicci dunque: qual’è la natura dell’errore?».
135. Il Maestro alzò la mano e disse:
136. «L’errore non esiste.
137. Perché siete voi soltanto che lo fate esistere.
138. Lo fate ogni volta che vi piegate ai riflessi
139. della vostra realtà costruita ed adultera.
140. Ecco come l’errore prende forma.
141. Ecco anche perché il Bene vi ha fatto visita.
142. Il Bene ha partecipato agli elementi delle vostre realtà
143. per sposarle di nuovo alla Radice-Madre».

Foglio 8

144. Il Maestro continuò e disse:
145. «Ascoltate la ragione che fa di voi dei malati
146. ed anche dei morenti:
147. guardate i sogni delle vostre azioni,
148. e saprete che cosa vi allontana da voi stessi.
149. Comprenda colui che vuole comprendere.
150. Dall’essere incatenati ai giochi della Materia
151. nasce una passione contro l’Essenza-Madre
152. e nel corpo sorge allora un disturbo.
153. Ecco perché, in verità, vi annuncio:
154. cercate l’armonia insieme all’Essenza.
155. E se accade che siate in rotta con l’ordine di Quest’ultima,
156. traete ispirazione da tutte le immagini naturali che evocano la
vostra realtà profonda.
157. Così, colui che ha sviluppato le orecchie
158. impari ad intendere con l’Orecchio» .
159. Dopo queste parole, il Beato accordò loro la Sua benedizione.
160. «Che la Pace sia con voi.
161. Che la mia Pace metta radici, si incarni in voi e si moltiplichi.
162. E che nessuno vi smarrisca dicendo:
163. “Guardiamo questo, guardiamo quello”
164. perché in verità, è nel vostro Centro
165. che risiede Colui che si chiama “Figlio dell’Uomo”.
166. Portate a Lui andando a Lui.
167. Perché coloro che hanno la volontà di cercarLo Lo trovano.
168. Levatevi dunque,
169. e fatevi testimoni della Parola del Vostro Regno.


Foglio 9

170. Guardatevi bene dall’imporre regole
171. a parte quella di cui porto la fiaccola
172. altrimenti sprofonderete ancora di più nella schiavitù.
173. Io sono Colui che rinverdisce il Ricordo».
174. Dopo aver pronunciato queste parole, il Maestro li lasciò.
175. I Suoi discepoli sentirono la solitudine e la tristezza.
176. Alcuni piansero abbondantemente dicendo:
177. «Bisogna davvero recarsi da coloro che non vogliono credere,
178. e annunciare loro il Regno Essenziale del “Figlio dell’Uomo”?
179. Costoro non L’hanno risparmiato,
180. allora come potranno risparmiare noi?» .
181. Fu per questo che Myriam si alzò,
182. li baciò ed annunciò ai suoi Fratelli:
183. «Perché rimanete nel dubbio e nella sofferenza?
184. Vi dico che la Sua Essenza di Luce non ci abbandona.
185. Vi dico che sarà Lei a proteggerci.
186. LodiamoLo, Colui che ci ha rigenerati e preparati,
187. perché ecco che Egli ci chiede di tornare ad essere dei veri Umani».
188. Con queste parole, Myriam orientò il cuore dei discepoli verso il bene,
189. ed essi si aprirono un po’ di più alle parole dell’Insegnante.

Foglio 10

190. Simon Pietro si rivolse a Myriam con voce alta:
191. «Tu che sei una Sorella per ciascuno di noi,
192. tutti sanno che il Maestro ti ha amata in modo diverso dalle altre donne.
193. Secondo le parole che Lui ti ha affidato, insegnaci ora.
194. Dicci le parole che la tua memoria privilegia
195. e alle quali non abbiamo potuto avere accesso».
196. Myriam si avvicinò e disse loro:
197. «Ciò che non siete stati capaci di intendere,
198. Io sono incaricata di annunciarvelo;
199. Ho avuto una visione del Maestro
200. ed ecco ciò che Gli ho detto:
201. “Maestro, perché Ti vedo qui, sotto questa forma?”
202. Ed Egli mi rispose dentro di me:
203. “Tu, la Beneamata, non dimentichi il tuo + centro quando Io compaio.
204. Tu non guardi, tu vedi ed impari ad essere.
205. Allora ascolta:
206. Là dove è il nous, risiede l’inestimabile gioiello,
207. Ciò che si chiama Porta”.
208. Subito Gli dissi dentro di me:
209. “Maestro e Beneamato, dimmi se chi può contemplare
210. la Tua apparizione in seno al Tempo,
211. vede con gli occhi dell’anima
212. o se respira la Tua presenza con la mente”.
213. Il Maestro mi rispose:
214. “Non mi riceve né con l’anima né con la mente
215. ma mi contempla attraverso la Porta del + nous,
216. la Porta che insegna a vedere ed a lasciar venire il Soffio”.

Foglio 11

217. Gli chiesi ancora:
218. “Parlami di questa Porta.
219. Io mi trovo sulla soglia?”.
220. Allora, l’Insegnante depose in me questa risposta:
221. “In verità, è precisamente alla sua soglia
222. Colui che non si preoccupa della Porta ma della Realtà celata da essa.
223. Così, colui che guarda i suoi occhi,
224. non vede il suo Occhio.
225. Il nous + è una morte perché è risveglio.
226. È la morte delle immagini costruite.
227. È l’istante in cui le maschere si disgregano
228. e nel quale la Materia confessa di essere un gioco.
229. La sua Porta è un sorriso
230. fra le realtà e l’Uno.
231. Attraverso il nous, l’Essenza umana contempla l’Uno
232. che genera il Due per amore”.
233. Poi, il Maestro mi disse ancora:
234. “La consapevolezza dell’amore è generata dalla Separazione.
235. Così è, bisogna morire di molte morti
236. per conoscere la luce della nascita”.

Foglio 12

237. Allora chiesi dentro di me:
238. “Dimmi come raggiungere questa Porta”.
239. La Visione dell’Insegnante si avvicinò
240. e così parlò:
241. “Ti dirò come passare per questa Porta
242. perché il risveglio non conosce mezze misure.
243. In verità, il risveglio nasce dal ricordo dell’Oblio
244. e dalla denuncia dell’Oblio negli atti.
245. Il raggiungimento del nous si ottiene per amore.
246. La manifestazione dell’amore si ottiene con l’esigenza”.
247. Ecco che cosa il Maestro mi confidò, e che voi non avete potuto sentire».
248. Simon Pietro indicò Myriam a tutti e disse:
249. «Chi è questa donna?
250. Che meriti ha per aver ricevuto l’Insegnante?
251. Noi abbiamo ancora sete.
252. Parlaci ancora, Sorella nostra, tu che Lo conosci».
253. Myriam si tirò il velo sugli occhi e allora parlò così:
254. «Ecco un’altra cosa che Egli mi insegnò.
255. Ma potranno bere soltanto quelli che hanno già svegliato in sé la Fonte.

Foglio 13

256. Accadde che il Maestro mi consegnò queste parole:
257. “L’esigenza è purezza e disciplina.
258. Essa attraversa i mondi con l’essere
259. che cerca il Cuore nascosto nel cuore,
260. perché è anche volontà.
261. Le deboli maschere non possono neppure intravedere la Porta del nous.
262. Non fanno appello all’esigenza
263. ma guardano le altre maschere
264. chiamandole deboli.
265. Le maschere che giocano tra loro
266. simulano la sete, mentre la loro terra è arida.
267. Come vivere nell’aridità e nel rifiuto dell’acqua?
268. È così che nascete alla morte,
269. per debolezza della volontà” ».
270. Andrea parlò più forte degli altri discepoli.
271. Egli disse a Myriam, segnandola a dito:
272. «Perché dovremmo crederti?
273. Perché l’Insegnante avrebbe dovuto nutrirti in questo modo,
274. Tu che sei una donna?».
275. Myriam lo guardò e rispose:
276. «Dalle donne vengono le nascite.
277. Per quale ragione la Nascita non dovrebbe venire da una donna?».

Foglio 14

278. Il discepolo Simon Pietro si alzò allora
279. e trovò queste parole per tutti:
280. «Sorella nostra, queste parole ci frastornano
281. e ci fanno paura.
282. Tuttavia, parlaci ancora, perché tutti sappiamo
283. che il Maestro ti ha incontrata spesso».
284. Allora Myriam si tirò il velo sul volto e così parlò:
285. «Il Beato mi ha insegnato il viaggio dell’anima
286. che si scopre e si contempla.
287. È il viaggio dalle cortecce verso la linfa.
288. Quello che traccia la chiave della Porta del Nous.
289. Ecco: l’anima visita i mondi della Collera.
290. Essa scopre un primo stato che la trattiene.
291. Esso si chiama Tenebra
292. ed è amore della prigione.
293. Tenebra disse all’anima:
294. “Perché mi hai amata, tu che sei scintilla?”.
295. Quando udì questa domanda, l’anima pronunciò all’esterno queste parole:
296. “Ti ho amata perché eri Separazione
297. e la Separazione è il sonno nato dall’orgoglio”.
298. Allora, l’anima andò incontro al secondo stato.
299. Questo si chiamava Bramosia.
300. Vedendosi attraversato, esso le chiese:

Foglio 15

301. “Non capisco come tu sia potuta scendere
302. ora che ti vedo ascendere.
303. Dimmi il perché della menzogna
304. che nasce dall’orgoglio e dall’invidia
305. giacché sei parte e nutrimento del mio essere”.
306. L’anima rispose: “Perché io ti ho intuito
307. e tu, non hai saputo riconoscere la mia verità.
308. I tuoi occhi non hanno voluto imparare a distinguermi
309. anche se ero mescolata ed unita a te come ad un abito”.
310. Quando ebbe detto questo,
311. l’anima riprese la sua strada, più nuda e nella gioia
312. finché attraversò il terzo stato,
313. quello che si chiama Ignoranza.
314. Ignoranza interrogò subito l’anima:
315. “In che modo serpeggia il tuo sentiero?
316. Non c’è, in te, una strana malattia?
317. Infatti sei diventata schiava
318. perché sprovvista della chiara visione”.
319. L’anima rispose:
320. “Perché giudicarmi, io che in essenza non giudico,
321. Io che ho accettato la dominazione senza aver dominato?
322. Nessuno mi ha riconosciuta
323. mentre io ho visto in me
324. che ogni cosa costruita e non-Una
325. verrà smontata sulle terre e nei cieli”.

Foglio 16

326. Una volta uscita dal terzo stato,
327. l’anima continuò la sua ascensione.
328. Ci mise molto a scorgere il quarto stato.
329. Questo stato conteneva, da solo, sette altri mondi.
330. Il primo di essi si chiamava Tenebra,
331. il secondo Bramosia,
332. il terzo Ignoranza,
333. il quarto Veleno-Gelosia,
334. il quinto Prigione Carnale,
335. il sesto Saggezza Ebbra,
336. il settimo Ira di Saggezza.
337. Si attardò alquanto in questo quarto stato.
338. Così, si enumerano i mondi della Collera
339. attraverso i quali l’anima soffoca di interrogativi,
340. perché la Collera è venuta dalla Ribellione
341. e la Ribellione è Tenebra della Separazione.
342. Collera chiese all’anima:
343. “Qual è la tua origine, tu che hai imparato ad uccidere?
344. Qual è il tuo scopo, tu che ti sposti solo errando?”.
345. Allora, l’anima rispose:
346. “Tutto ciò che mi soffocava è stato prosciugato
347. e tutto ciò che mi velava l’orizzonte con frontiere
348. è evaporato
349. perché ho voluto guardarlo.
350. Così la mia bramosia se n’è andata
351. così sono uscita dal cerchio dell’ignoranza
352. e così l’orgoglio si è esaurito.

Foglio 17

353. Ecco, ho trovato l’uscita dallo scenario
354. penetrando in un altro scenario.
355. Un’immagine si è cancellata
356. Grazie ad un’altra, più Pura e più Una.
357. È adesso che imbocco la via della quiete.
358. La quiete annuncia la Pace là dove il Tempo si immobilizza nell’Eternità.
359. In verità, la mia Via è Una Via di Silenzio”».
360. Dopo avere così parlato, Myriam tacque.
361. Tutti videro allora come il Maestro le avesse insegnato.
362. Poi, fu Andrea a rivolgersi ai suoi Fratelli:
363. «Ditemi il vostro pensiero su ciò che questa donna ha appena detto.
364. Per quanto mi riguarda, non presto fede
365. al fatto che il Maestro abbia potuto esprimersi in tal modo.
366. Queste parole ci separano da ciò che abbiamo potuto avvicinare».
367. Simon Pietro guardò Andrea e si alzò:
368. «Acceteremo la possibilità
369. che una donna abbia ricevuto simili parole dalla bocca del Maestro?
370. Che Egli le abbia confidato dei segreti a cui non abbiamo avuto accesso?
371. Dovremo cambiare sguardo e cammino
372. accettando di aprire le orecchie a questa donna?
373. Vi chiedo: è lei che Lui ha scelto, preferendola a noi?».

Foglio 18

374. Myriam allora si mise a piangere
375. e disse a Simon Pietro:
376. «Mio Fratello nello spirito, che cosa stai attraversando?
377. Pensi che io abbia inventato questa Visione
378. e che a proposito del Nostro Insegnante dica menzogne?».
379. Levi si alzò fra tutti e disse:
380. «Simon Pietro, ti abbiamo sempre visto focoso.
381. Perché ora ti ribelli contro la Donna
382. come se fosse un nostro avversario?
383. Se il Maestro l’ha resa degna del Suo Cuore,
384. chi sei, tu, per respingerla?
385. In verità, l’Insegnante che la conosceva bene
386. l’ha amata più di noi
387. perché la sua anima ha fatto un grande viaggio.
388. Guardiamo ora la nostra debolezza
389. e sbrighiamoci a diventare Totalmente Umani.
390. Lasciamo che l’Umano metta radici dentro di noi
391. e cresca come un albero
392. perché è quello che il Maestro ci ha chiesto.
393. Andiamo, senza più esitare, ad annunciare la Novella.
394. Che nell’anima nostra non vi sia altra regola
395. se non quella di cui Egli è il Testimone».
396. Quando Levi ebbe detto queste parole
397. vi fu silenzio.
398. Poi, i discepoli si alzarono insieme per andare ad offrire la Parola.

Così è il Vangelo di Myriam. Dono a Maria Maddalena.

Fonte: www.rosacroceoggi.org

fonte: https://crepanelmuro.blogspot.it/

Di seguito un articolo complementare che contiene il testo originale su papiro (tradotto in italiano), senza le 10 pagine mancanti (le pagine 1 a 6 e le pagine da 11 a 14) e già elencate sopra, "ripescate" da Daniel Meurois Givaudan nella dimensione akashica:

Il Vangelo di Maria Maddalena

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martedì 16 gennaio 2018

American Moon: davvero saremmo andati sulla Luna?

“American Moon”, ovvero: ci siamo stati davvero, sulla Luna? E’ la domanda a cui cerca di rispondere Massimo Mazzucco, con l’atteso documentario – appena uscito, acquistabile on-line su “Luogo Comune” – che indaga sul mitico “allunaggio” televisivo, in mondovisione, andato in onda a reti unificate il 20 luglio 1969. A metter piede per la prima volta sul satellite sarebbe stato Neil Armstrong, comandante della missione Apollo 11, accompagnato da Buzz Aldrin, mentre un terzo astronauta, Michael Collins, controllava il modulo di comando Columbia. “American Moon” parla della storia dei viaggi lunari a partire dagli anni ’60, spiega Stefania Nicoletti sul blog “Petali di Loto”, condotto insieme a Paolo Franceschetti. «In particolare viene esaminata la veridicità del primo sbarco sulla Luna, ma viene anche descritto il contesto storico e politico in cui nacque e si sviluppò il progetto delle missioni Apollo». Mazzucco analizza le argomentazioni a favore degli allunaggi e quelle contrarie, esaminando video e fotografie, dettagli tecnici, i tanti incidenti e le contraddizioni, dai dubbi di Kennedy alle invalicabili Fasce di Van Allen che avvolgono la Terra. E poi i misteriosi silenzi degli astronauti, assai reticenti sull’impresa che li avrebbe consegnati alla storia. L’autore fornisce anche prove inedite. La conclusione? E’ praticamente impossibile credere che quelle immagini siano state davvero girate sulla Luna.
Innanzitutto, Mazzucco inquadra il il contesto storico che ha portato al primo allunaggio. Il 18 settembre 1963, il presidente Kennedy espone al direttore della Nasa, James Webb, i suoi dubbi sulle missioni lunari. «A me sembra una montagna di soldi Uomo sulla Lunaper andare sulla Luna, quando possiamo scoprire scientificamente, con gli strumenti, quasi tutto quello che ci interessa». E aggiunge: «Mandare un uomo sulla Luna è soltanto un numero da circo che non vale tutti quei miliardi di dollari». Parole molto chiare, considerando soprattutto il fatto che a pronunciarle è il presidente degli Stati Uniti. Soltanto due giorni dopo, continua Stefania Nicoletti, sempre nel contesto della guerra fredda tra Usa e Urss, in un discorso all’Onu lo stesso Jfk fa un appello alla collaborazione con i sovietici: chiede che i russi – i primi a mandare un uomo nello spazio, Yurij Gagarin – collaborino con l’America, per una spedizione congiunta sulla Luna. Il capo dell’Urss, Nikita Khrushev, risponde picche. E dive: vedremo cosa riusciranno a combinare gli americani. «In seguito, l’impressione è che Kennedy sia quasi costretto a proseguire nell’impresa e che, pur essendo scettico, non possa rifiutarsi di andare avanti». E il 22 novembre 1963, come sappiamo, viene ucciso a Dallas.
«Nel frattempo i russi continuarono ad addestrare i propri astronauti e a portare avanti un programma segreto per andare sulla Luna». Ma nel gennaio 1966, Sergej Korolev, responsabile del programma spaziale sovietico, muore improvvisamente durante un banale intervento chirurgico. Aveva lanciato il primo satellite, lo Sputnik, e aveva messo in orbita Gagarin. Korolev aveva concepito l’intero programma spaziale sovietico, ed era l’unico in grado di mandare avanti la controparte russa del programma americano Apollo. «Una morte assai strana, che causò confusione e disagi nell’agenzia sovietica. Infatti in seguito il programma spaziale russo, dopo diversi incidenti e fallimenti, subì un arresto». Nell’autunno 1965, il generale Samuel Phillips, direttore del progetto Apollo, presentò ai suoi superiori un rapporto che denunciava senza mezzi termini lo stato di confusione e di arretramento del programma lunare. «Dopo 4 anni e mezzo e a poco più di un anno dal primo lancio spaziale – Le immagini dell'allunaggioscrive Phillips – vi sono ancora significativi problemi tecnici e incognite che riguardano: le capacità del sistema elettrico, la propulsione secondaria, l’integrità strutturale, l’incremento del peso».
Tutti problemi ancora da risolvere. «Cosette da niente, insomma. E sottolineiamo il fatto che a parlare è il direttore stesso del programma Apollo», annota Stefania Nicoletti. «Invece di risolversi, i problemi denunciati da Phillips continuavano ad aumentare: pezzi costruiti e installati male, cavi elettrici fragili e forse rotti, perdite di carburante dappertutto nel sistema, difficoltà con l’equipaggiamento e con le procedure, incidenti e scarsi standard di sicurezza, mancanza di coordinamento fra le persone in posizione di responsabilità, mancanza di comunicazione praticamente fra tutti. Tutte queste cose furono denunciate nel gennaio 1967 da Thomas Baron, un addetto alle verifiche della North American, la società appaltatrice». Proprio in questo contesto di problemi e di approssimazioni si arriva al famoso incidente del 27 gennaio 1967. «Durante una simulazione a terra di Apollo 1, tre astronauti furono bruciati vivi sulla rampa di lancio, all’interno della capsula che avrebbe dovuto portarli nello spazio tre settimane dopo». Poco prima di morire, l’astronauta Virgil Grissom si è lamentato per il James Webbmalfunzionamento delle comunicazioni fra la capsula e la torre di controllo: «Come faremo ad andare sulla Luna se non riusciamo nemmeno a parlare fra tre edifici?».
A questo punto, continua Nicoletti, il programma cominciò ad andare sempre più in crisi. Secondo il direttore della Nasa, Webb (colui che nell’incontro con Kennedy del ’63 si dimostrava entusiasta e ottimista), le possibilità di andare sulla Luna diminuivano di anno in anno, anziché aumentare. Nell’ottobre 1968 Webb lasciò la Nasa, pochi mesi prima della missione Apollo 8. «Strano che un uomo che aveva dedicato la sua vita alle missioni spaziali e che era stato a capo della Nasa negli anni cruciali del programma Apollo, improvvisamente decida di dimettersi, a un passo dalla sua realizzazione». Non solo: all’inizio del 1968 si era già dimesso il vicedirettore dell’agenzia spaziale Usa, Robert Seamans. E quattro giorni dopo le dimissioni di Webb, anche l’astronauta Walter Schirra annuncia le proprie dimissioni e si ritira a vita privata. «Molto strano anche in questo caso che un astronauta che faceva parte dei leggendari Mercury 7 lasci la Nasa pochi mesi prima del primo sbarco sulla Luna, che sarebbe stato una consacrazione, per lui».
Sono tanti, poi, gli elementi che non quadrano nella versione ufficiale degli allunaggi, secondo il documentario di Mazzucco. «Le famose “rocce lunari”, che si disse fossero di composizione diversa da quella terrestre, è probabile che in realtà siano meteoriti recuperati in Antartide. Casualmente Werner von Braun, insieme ad altri membri della Nasa, visitò proprio l’Antartide in una spedizione nel 1967 alla ricerca di meteoriti provenienti dalla Luna. Inoltre, molte di queste rocce lunari riportate dagli astronauti di Apollo risultarono essere false o modificate». In occasione del Google Lunar X Prize, un premio assegnato da Google alla prima organizzazione privata che riuscirà a mandare una sonda sulla Luna trasmettendo le immagini Le Fasce di Van Allenin diretta, la Nasa chiede di disporre una “no-fly zone” per «preservare storicamente» i luoghi di allunaggio delle missioni Apollo. «I partecipanti al concorso hanno improvvisamente deciso di ritirarsi, rinunciando così anche al premio di 4 milioni di dollari».
Altro scoglio, le Fasce di Van Allen: avvolgono e proteggono l’atmosfera terrestre, «sono radioattive ed è impossibile superarle». Lo stesso scopritore, il fisico statunitense James Van Allen, metteva in guardia dalla pericolosità loro delle radiazioni. «Poi però, quando arrivò il momento dei lanci sulla Luna, il problema della radioattività scomparve: la Nasa disse che le radiazioni a cui sono stati sottoposti gli astronauti erano “trascurabili”». Altrri dubbi sorgono osservando il modulo lunare Lem, piccola navetta spaziale progettata per portare gli astronauti sulla superficie della Luna. «Sembra un modellino in scala gigante: all’esterno sono ben visibili tubi d’acciaio e fogli di cartapesta, tenuti insieme con del semplice scotch appiccicato un po’ dappertutto. Non si capisce come si sia potuti andare sulla Luna con uno strumento costruito in modo così approssimativo. Ed è costato oltre 2 miliardi di dollari dell’epoca, che equivalgono ad oltre 21 miliardi di dollari in valuta attuale». I progetti originali del Lem non esistono più: la ditta costruttrice li ha buttati, ufficialmente perché Mazzucco«occupavano troppo spazio». Quindi, dei documenti così importanti sarebbero stati eliminati come se fossero scarti di magazzino.
Molto strani anche i video in cui si vede la partenza del razzo dalla superficie lunare: «Non c’è la fiamma sotto al motore», inoltre «il motore non produce rumore», ma in compenso «si sente ad alto volume la musica di un registratore portatile azionato da uno degli astronauti». In più, ufficialmente, la Nasa ha “perso” i nastri originali del primo passo sulla Luna di Armstrong. O meglio, quei nastri non si trovano più: «Uno dei documenti più importanti della storia dell’umanità, che dovrebbe essere custodito in modo perfetto, semplicemente “non si trova”, e la Nasa lo confessa candidamente». Tra le altre stranezze dell’affare-Luna, spicca la luce che si vede nelle foto: «Sembra un’illuminazione artificiale in uno studio, più che la luce del sole. Anche le ombre prodotte dagli astronauti e dagli oggetti sono tipiche della presenza di luce artificiale e non del sole». E ancora: «In alcuni video si vedono gli astronauti che cadono e si rialzano in maniera non naturale e anche un po’ goffa, come se fossero legati a dei fili che li fanno muovere per simulare l’assenza di gravità. E in effetti in alcuni fotogrammi sembra proprio di vedere i riflessi dei cavi d’acciaio a cui sarebbero appesi gli astronauti».
Da segnalare, infine, il comportamento degli astronauti: «Al ritorno dalla prima missione Apollo, in conferenza stampa, i tre astronauti sono tesi, cupi, tristi», annota Stefania Nicoletti. «Danno risposte imbarazzanti e non ricordano cose importanti che gli vengono chieste. Sembrano sconvolti e obbligati a stare lì e a recitare un copione controvoglia». Eppure, in teoria, sono appena tornati dalla missione più emozionante della loro vita: uno degli eventi più importanti della storia dell’umanità. Tre eroi, quindi, che però si affrettano a dire addio alle missioni spaziali, cambiando mestiere: «I primi tre astronauti che sbarcarono sulla Luna, invece di perseguire una carriera di successo ai vertici della Nasa come ci si aspetterebbe, decisero L'equipaggio di Apollo 11improvvisamente di abbandonare l’agenzia spaziale poco dopo la loro missione. Tutti e tre si licenziano dalla Nasa». Neil Armstrong scompare dalla scena e si ritira a vita privata: «Va a vivere in campagna, decide di non concedere più interviste, diventa schivo e inavvicinabile». Peggio: «Si rifiuta di partecipare alla cerimonia per la conclusione delle missioni Apollo. Proprio Armstrong, l’astronauta più importante di tutti».
E il suo collega Buzz Aldrin? «Cadde in depressione e mise in guardia i giovani dal mestiere di astronauta e dalle possibili delusioni», ricorda Stefania Nicoletti. Aldrin esortò gli esordienti a prepararsi al peggio, perché «le cose potrebbero non andare come previsto», disse. E aggiunse:: «La gente ci considera degli eroi, ma la verità è che la Luna ci ha distrutti». Durante una cerimonia alla presenza dell’allora presidente Bill Clinton, Armstrong pronunciò una frase ambigua e misteriosa, parlando della necessità di «rimuovere uno degli strati che proteggono la verità». In seguito, Armstrong si rifiutò di partecipare alle celebrazioni del quarantennale delle missioni Apollo. «Interpellati da un giornalista, Armstrong e gli altri due astronauti di Apollo 11 si rifiutano di giurare sulla Bibbia di essere stati veramente sulla Luna. Il loro comportamento è piuttosto sospetto e le reazioni appaiono esagerate», sottolinea Stefania Nicoletti, ricordando che in America «una testimonianza giurata in video può essere portata in tribunale contro la persona che ha fatto questo giuramento». Il documentario di Mazzucco, quindi, fornisce «un quadro a nostro avviso piuttosto chiaro, che confuta alcune delle più famose argomentazioni proposte dai cosiddetti “debunkers”, ovvero coloro che dedicano il loro lavoro a smontare le teorie alternative». Dopo aver visto “American Moon”, come credere ancora che siamo davvero andati sulla Luna?

fonte: http://www.libreidee.org/

giovedì 11 gennaio 2018

Santo Stefano: la corona e la pietra


Retaggio di antichi culti solari, i dodici giorni che seguono il Natale e che si concludono con l’Epifania hanno un carattere magico. Anche se non è strettamente questo il tema del presente articolo, vorrei parlare di un aspetto comunque affascinante. Nel dodekahemron natalizio si inserisce un giorno particolare, quello successivo alla Natività, noto come giorno di santo Stefano. Come possiamo vedere, anche nel calendario cristiano si ripropone la sacralità dei dodici giorni, poiché nei giorni che seguono la manifestazione di Cristo furono posti i comites Christi, i compagni di Cristo, quelli che ne hanno seguito l’esempio fino a rendergli testimonianza con il martirio. Così, il 26 dicembre si ricorda santo Stefano, primo martire della cristianità, il 27 san Giovanni Evangelista, il prediletto da Gesù, e il 28 i Santi Innocenti, i bambini fatti uccidere da Erode. In passato anche la celebrazione dei santi Pietro e Paolo era fissata nella settimana dopo il Natale, ma venne poi trasferita al 29 giugno.


Chi era santo Stefano?

Come quasi sempre capita in questi casi, non si ha una risposta certa. Le uniche testimonianze giungono dai capitoli 6 e 7 degli Atti degli Apostoli, dove si narra degli ultimi suoi giorni. Di Stefano si ignora la provenienza, ma si ipotizza fosse un ebreo ellenistico (di lingua greca) originario di Gerusalemme. Certamente fu tra i primi giudei convertiti che iniziarono a seguire gli Apostoli. Grazie alla sua cultura, saggezza e fede genuina fu nominato primo dei diaconi di Gerusalemme. Con questo incarico, Stefano si mostrava pieno di grazie e di fortezza, compiva grandi prodigi tra il popolo e si dedicava alla predicazione, con la quale convertì numerosi ebrei. Tuttavia, Stefano fu accusato di blasfemia, trascinato davanti al sinedrio e, con l’intervento di falsi testimoni, condannato. Il suo discorso fece scoppiare l’odio e il rancore dei presenti, che si scagliarono su di lui e a strattoni lo trascinarono fuori dalle mura della città e presero a lapidarlo. Posarono i loro mantelli ai piedi di un giovane di nome Saulo di Tarso (il futuro san Paolo), che assisteva all’esecuzione. Il sinedrio non poteva emettere condanne a morte, ma non fu in grado nemmeno di emettere una sentenza, in quanto Stefano fu trascinato fuori dal furore del popolo, quindi si trattò di un linciaggio incontrollato.
Sempre secondo gli Atti, persone pie ne seppellirono il corpo per non lasciarlo in preda alle bestie selvagge. Nel frattempo, nella città di Gerusalemme Saulo scatenò una violenta persecuzione contro i cristiani. 
La data di morte può essere fissata con una certa sicurezza: il fatto che non sia stato ucciso mediante crocifissione (ovvero con il metodo usato dagli occupanti romani), bensì tramite lapidazione, significa che la morte di Stefano è avvenuta durante il periodo di vuoto amministrativo seguito alla deposizione di Ponzio Pilato. In quel periodo a comandare in Palestina era il sinedrio, che agiva in base alle usanze locali. Fin qui la storia…

Le reliquie
​«Soltanto a Roma se ne veneravano tre braccia in tre diverse chiese»
Alfredo Cattabiani, Santi d'Italia

La storia delle reliquie di Stefano, come spesso accade in questi casi, sfocia nella leggenda. Il 3 dicembre 415, il sacerdote Luciano di Kefar-Gamla ebbe in sogno la visione di un vecchio in abiti liturgici, con una lunga barba bianca e con in mano una bacchetta d’oro. Questi gli disse di essere Gamaliele, rabbino che istruì san Paolo, e che aveva sepolto nel suo giardino le spoglie di santo Stefano, san Nicodemo e san Abiba. Indicò quindi a prete Luciano il luogo di sepoltura collettivo in modo che le reliquie venissero collocate in un luogo più consono alla venerazione. Con l’accordo del vescovo di Gerusalemme, si iniziò lo scavo con il ritrovamento delle reliquie. La notizia destò stupore nel mondo cristiano che ormai era in piena affermazione dopo la libertà di culto sancita dall’imperatore Costantino un secolo prima.
Da qui iniziò la diffusione delle reliquie di santo Stefano. Una piccola parte fu lasciata al prete Luciano, il resto fu traslato il 26 dicembre 415 nella chiesa di Sion a Gerusalemme. Si racconta che bastasse solo toccare le reliquie affinché si producesse un miracolo. Si dice anche che tali reliquie furono razziate nel corso delle crociate, cosicché ne giunsero effettivamente parecchie in Europa: Venezia, Costantinopoli, Napoli, Besançon, Ancona, Ravenna, ma soprattutto Roma. Difficile distinguere i falsi dalle autentiche: basti pensare che nel XVIII secolo a Roma si veneravano il cranio nella basilica di San Paolo fuori le Mura, un braccio a sant’Ivo alla Sapienza, un secondo braccio a San Luigi dei Francesi… e un terzo braccio a Santa Cecilia! Oltre a quasi un corpo intero nella basilica di San Lorenzo fuori le Mura.


Una piccola indagine: la corona

Addentriamoci un po’ più a fondo. Che cosa cela il nome Stefano? Gli Atti riportano il nome greco di στέφανος (stéphanos), che significa “corona”. La corona si deposita sul capo, quindi è un dono venuto dall’alto, che sancisce l’unione tra il mondo degli uomini e quello del cielo, del quale capta le virtù. È curioso notare che anche nelle raffigurazioni delle danze macabre la morte sia spesso incoronata (come tramite con l’altro mondo) e che addirittura in alcuni casi questo venga ribadito dai cartigli: mi riferisco alla danza macabra affrescata da Simone Baschenis all’esterno della chiesa di san Vigilio di Pinzolo, dove si legge un poema con l’incipit «Io sont la morte che porto corona».1 Oltre a simbolo di unione (non a caso gli sposi bizantini si scambiano la corona oltre all’anello), la corona è un antico simbolo degli eletti. Tuttavia, al tempo della redazione degli Atti, si distinguevano due tipi di corone, indicate con due termini diversi: διάδημα (diàdema), che ha dato direttamente la parola “diadema” e στέφανος. Il primo termine di riferisce alla corona regale, quella che legittima la maestà di un sovrano, mentre il secondo indica la corona concessa come premio per aver superato una prova. In particolare, è quest’ultimo aspetto che ci interessa e che si riscontra in vari ambiti. Atleti e vati erano incoronati con fronde vegetali in quello che è un retaggio dell’incoronamento più arcaico tramite ghirlande di fiori e bacche. Per i cristiani, la corona dell’atleta vittorioso denota gloria e diventa così la corona del martirio, il giusto premio al termine di una vita tesa allo sforzo di seguire il modello di Cristo. Uno dei principali attributi della Passione di Cristo è la corona di spine, per la quale nei vangeli si usa la parola stéphanos: per esempio, in Gio 19, 2 si legge «στρατιῶται πλέξαντες στέφανον ἐξ ἀκανθῶν [...]» (I soldati, intrecciata una corona di spine). Nell’Apocalisse, la donna che schiaccia il serpente porta sul capo una corona di dodici stelle: anche in questo caso, il testo greco parla di stéphanos («κεφαλῆς αὐτῆς στέφανος ἀστέρων δώδεκα», sul suo capo una corona di dodici stelle, Ap 12, 1). Non da ultimo, per la recita del rosario si usa una corona… Ma questo aspetto meriterebbe un discorso a parte. Rimanendo sempre nell’ambito del martirio, credo che valga la pena ricordare il rituale della liturgia ambrosiana in occasione delle celebrazioni per i martiri e che nel VII secolo era indicato come corona et pharum. All’ingresso del presbiterio si predisponeva una specie di lampadario formato da una serie di lumi disposti a corona, sopra i quali era stato posto un anello di bambagia. Questo, ardendo, comunicava il fuoco alle singole lampade. Secondo alcuni studiosi, l’interpretazione di questo rito sarebbe collegata all’immagine del trionfo e della gloria dei martiri. Con il tempo, il faro si trasformò da corona di lampade a un globo di bambagia, a cui il celebrante stesso dà fuoco con tre candeline accese al termine della processione di ingresso.  Proseguendo sempre su questa linea, possiamo vedere che il 14 maggio il martirologio romano commemora una curiosa coppia di santi, Vittore e Corona, patroni della città di Feltre. Vittore era un legionario romano, mentre Corona era la moglie di un compagno di Vittore ed entrambi furono martirizzati ad Alessandretta nel 171 d.C. Corona presenziò al supplizio di Vittore e, dopo aver avuto la visione di un angelo che portava loro due corone, incitò il legionario a sopportare le torture fino al martirio. Fu questo il motivo che condusse anche la giovane Corona al sacrificio estremo. Curiosamente, i due santi portano il nome di Vittore (victor, il vincitore) e Corona (con il significato visto in precedenza): si tratterebbe perciò di due nomi simbolici assegnati a due martiri anonimi. I due sono ricordati anche il 1° aprile come san Vittore e santa Stefania… ed ecco che ritorna il nome del nostro santo.Ma il nome latino corona ci riserva un’altra piccola sorpresa. Deriva dal termine cornu, a sua volta originato dalla radice *ker-keras (collegata al nome cervus e anche alla divinità Cernunnos) e richiama l’idea di circolarità. Un nome affine sarebbe infatti il greco χορεία (danza circolare) e quindi all’italiano coro, coreutica. Dunque, corona e corna sono termini strettamente collegati: l’uno indica uno sviluppo circolare e l’altro spiraliforme. Anche in questo caso, è ribadito il concetto di elevazione e dignità (le corna erano sul capo delle antiche divinità), nonché di luce sulla calotta cranica... Ma questo ci ricorda l’episodio di Mosè: il trigramma masoretico קרן (KRN) è lo stesso alla base dei termini קָרַן (karàn, risplendere) e קֶרֶן (kéren, corna ma anche raggio, emanazione). Forse la traduzione che ne fece san Girolamo nella vulgata (cornuta facie) non era poi così del tutto errata…


La pietra

Ma Stefano non è solo corona. Il suo nome è legato anche alla pietra, prima di tutto per la modalità del martirio, avvenuto per lapidazione. Tra le numerose reliquie del santo, si conserva anche una delle pietre del suo martirio. Si trova ora in un reliquiario del XV secolo nella chiesa di santa Maria della Piazza di Ancona. Pare che un mercante, dopo aver assistito al martirio, raccolse uno dei sassi che avevano colpito Stefano e lo portò ad Ancona, dando così precoce avvio al cristianesimo nella città.
Inoltre, narra una leggenda che durante l'adorazione del bambino Gesù, le donne con i lattanti si fossero avvicinate alla grotta per ricevere benedizioni. Una di queste donne, Tecla, non aveva figli, ma desiderava comunque avvicinarsi al Bambino. Prese allora una pietra, la avvolse in fasce e si avvicinò alla grotta di Betlemme. Dopo aver reso omaggio al Bambino, Maria le chiese che cosa stesse facendo e Tecla rispose che avrebbe dovuto allattare il suo figlio maschio. Le disse Maria: «puoi farlo qui, il tuo desiderio è stato esaudito. La pietra che porti con te è diventata il bambino che tanto desideravi. Ricorda però che questo bambino, nato da una pietra, morirà da adulto per mano di pietre». Vediamo come, in questa leggenda, Maria preconizzi il martirio di Stefano, così come nel suo cuore aveva previsto il sacrificio di Gesù.
La simbologia della pietra è molto forte. In particolare, la pietra grezza è androgina e primordiale, depositaria della sacralità degli inizi. Le pietre archetipiche hanno funzioni fondamentali: fungere da collegamento tra mondo terrestre e mondo celeste (come la pietra nera nella ka’ba della Mecca), costituire un punto centrale (l’omphalos, una sorta di ombelico del mondo) e agire da struttura fondante (la pietra angolare). Le più diffuse pietre archetipiche sono quelle che Mircea Eliade chiama betili e che caratterizzano i luoghi eccezionali, dove l’uomo sperimenta il contatto con la dimensione divina. Bethel (בֵּית־אֵל, casa di Dio) è infatti il nome dato da Giacobbe al luogo in cui, dopo essersi addormentato con la testa su una pietra, sognò la scala degli angeli. L’albero è in continuo dialogo con la pietra, in quanto il primo, con la sua continua rigenerazione, rappresenta l’eterno ritorno e la seconda è espressione di immutabilità e dimensione statica. L’albero, Cristo, è in dialogo continuo con Stefano, l’alter Christus. Stefano altro non è che la pietra immutabile sulla quale è stata posta una corona intrecciata con i rami dell’albero della vita.


Concludo qui il mio intervento su santo Stefano. Spero di essere riuscita a portare a conoscenza tutta la fitta rete di significati che sta dietro la figura di Stefano, spesso noto solo per essere il primo martire e per regalarci un giorno in più di vacanza dopo Natale. 2

Claudia Migliari

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.it/

Bibliografia essenziale

AA.VV.
1990 - La Bibbia di Gerusalemme, Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna

Ballerini, Selene
2007 - Danzare tra i mondi, Associazione Akkuaria,

Cattabiani, Alfredo
2004 - Santi d’Italia, BUR Rizzoli, Bologna
2008 - Calendario, Mondadori, Milano

Chevalier, Jean - Gheerbrant Alain
2011 - Dizionario dei simboli, RUR Rizzoli, Bologna

Massini, Carlo
1767 - Seconda raccolta di vite de' Santi per ciaschedun giorno dell'anno, Roma, Stamperia Marco Pagliarini (opera digitalizzata)

Pianigiani, Ottorino
1907 - Vocabolario etimologico della lingua italiana, Società editrice Dante Alighieri, Roma (versione online)

Terziroli, Giuseppe
2010 - L’itinerario della fede. Sacralità e arte in Santo Stefano, Associazione laicale don Luigi Antonetti, Varese

Widmann, Claudio
2014 - La simbologia del presepe, Edizioni Ma.Gi., Roma

Sitografia
Biblehub.com
www.stilearte.it

1Il cantautore Angelo Branduardi ha ripreso questi versi cantandoli su un’antica melodia friulana nel brano che è noto come Ballo in Fa diesis minore.

2 Il giorno di santo Stefano è stato dichiarato festivo per lo stato Italiano nel 1949 per prolungare il Natale. 


CLAUDIA MIGLIARI
La storia di Claudia inizia in un giorno di fine aprile del 1980. Il luogo dove è nata e cresciuta, il lago di Lugano, terra di confine e di contrasti, dove l'asprezza e il rigore delle montagne cedono il passo alla dolcezza mediterranea dei laghi, forma il suo carattere poliedrico. Da sempre appassionata di tutto ciò che la può portare in epoche lontane, si butta a capofitto sul disegno, sulla musica, sulla storia. Nel 1999 inizia la sua avventura come guida turistica presso una villa rinascimentale, dove ancora collabora. L'attività la coinvolge tanto, che nel 2005 consegue la certificazione ufficiale di guida turistica. Nel frattempo, conclude i suoi studi di lingue (e, naturalmente, storia delle lingue) e inizia a lavorare come traduttore, sua attuale professione. Ha al suo attivo la traduzione di quasi un centinaio di libri sugli argomenti più disparati, dalle fiabe e dalla narrativa per ragazzi, fino a libri di scultura su pietra e su legno e sulla storia della smaltatura dei metalli. Da marzo 2015, Claudia è segretario della Pro Loco del suo paese, Bisuschio, e continua le sue attività artistiche, prosegue con lo studio del canto lirico e... è sempre in giro per chiese o luoghi storici, purché siano antecedenti all'Ottocento! Per concludere, Claudia ha una fluente chioma ribelle e rossa, vive sola con un gatto nero, ha la casa piena di libri e ama studiare e conoscere i principi curativi delle erbe. Che cosa avrebbe pensato di lei un inquisitore?