CRISTO MORTO - ANDREA MANTEGNA

domenica 24 marzo 2019

Tina Modotti, la rivoluzionaria con la macchina fotografica


Assunta Adelaide Luigia Modotti Mondini, abbreviata in Tina Modotti, nacque ad Udine il 16 agosto del 1896 da una famiglia operaia. Il padre, Giuseppe, era un carpentiere mentre la madre, Assunta Mondini Saltarini, era casalinga. Fu battezzata nel gennaio del 1897 e fu suo padrino Demetrio Canal, anarchico e calzolaio. La famiglia, per ragioni economiche, fu costretta ad emigrare in Austria quando la piccola Tina aveva solo due anni. Durante la permanenza austriaca, la vita di Tina fu allietata dalla nascita di cinque fratelli, di cui l’ultimo, Ernesto, morì a soli tre anni a causa di una meningite. Nel 1905 la famiglia Modotti rientrò ad Udine. Tina frequentò, con profitto, le prime classi della scuola elementare. A dodici anni iniziò a lavorare come operaia in una fabbrica tessile, la Raiser, per contribuire al mantenimento della famiglia essendo il padre emigrato in America in cerca di lavoro e fortuna. Nel frattempo Tina iniziò a frequentare lo studio fotografico dello zio paterno, Pietro Modotti, assorbendo le prime nozioni di fotografia. Nel 1913, all’età di 17 anni, lasciò l’Italia per raggiungere il padre a San Francisco. In breve tempo trovò lavoro presso una fabbrica tessile. Nel tempo libero decise di dedicarsi al teatro amatoriale, recitando opere di Pirandello e Goldoni. Nel 1918 si sposò con il pittore Roubaix de l’Abrie Richey. 


I due decisero di trasferirsi a Los Angeles per proseguire la carriera nel mondo del cinema. Nel 1920 la ventiquattrenne Tina partecipò al suo primo film, The Tiger’s Coat, ricevendo l’acclamazione del pubblico e della critica. Al primo film ne seguirono altri due, con alterne fortune; ma il modo in cui il suo corpo era stato lanciato sul mercato indusse Tina a porre fine alla carriera cinematografica. Nello stesso periodo, grazie al marito, conobbe il fotografo Edward Weston. Nel breve volgere di un anno, Tina divenne la modella preferita di Weston, nonché amante. Roubaix de l’Abrie Richey scoperto il tradimento fuggì in Messico, inseguito dalla moglie infedele. Tina giunse a Città del Messico due giorni dopo la morte del marito. Il pittore era morto il 9 febbraio del 1922 a causa del vaiolo. Tornata in California la Modotti riprese la frequentazione con Weston. I due decisero di recarsi in Messico. Nel 1923, a Città del Messico, entrarono in contatto con i circoli bohèmien della capitale. Il motivo principale di tale frequentazione era legato alla possibilità di incrementare il loro mercato di ritratti fotografici. Nello stesso periodo Tina conobbe diversi esponenti dell’ala radicale del comunismo, tra cui i funzionari del Partito Comunista Messicano. Con alcuni di loro, Xavier Guerrero e Vittorio Vidali, ebbe anche relazioni sentimentali. Le conoscenze si ampliarono notevolmente; divenne amica, e probabilmente amante, della famosa pittrice, comunista e femminista, Frida Kahlo. Nel 1927 anche Tina Modotti decise d’iscriversi al Partito Comunista Messicano. Con l’intensificazione dell’attività politica ebbe modo di modificare la propria abilità fotografica, divenendo un’artista di fama internazionale. 


La sua esperienza nel campo fotografico fu galoppante: dopo la frequentazione del fotografo Edward Weston, da cui apprese le basi della fotografia, fu la Modotti stessa a sviluppare un proprio stile utilizzando la fotografia «come strumento di indagine e denuncia sociale». Foto esteticamente equilibrate in cui era prevalente una ideologia ben definita: «esaltazione dei simboli del lavoro, del popolo e del suo riscatto, come le mani di operai, manifestazioni politiche e sindacali, falce e martello...) ». 


Nei reportage, in quella che altri fotografi definirono "fotografia di strada" la Modotti aveva idee ben precise non utilizzando mai effetti "speciali": a suo avviso la fotografia lungi dall'essere "artistica" doveva denunciare "senza trucchi" la realtà nuda e cruda in cui gli "effetti" e le "manipolazioni" dovevano essere banditi. D'altronde fu la Modotti stessa a più riprese a definire il proposito che si proponeva di raggiungere con la sua fotografia: nel 1926 asserì: «[...] Desidero fotografare ciò che vedo, sinceramente, direttamente, senza trucchi, e penso che possa essere questo il mio contributo a un mondo migliore». Definendo precisamente il suo punto di vista, la Modotti nel 1929 spiegò «Sempre, quando le parole "arte" o "artistico" sono applicate al mio lavoro fotografico, io mi sento in disaccordo. Questo è dovuto sicuramente al cattivo uso e abuso che viene fatto di questi termini. Mi considero una fotografa, niente di più. Se le mie foto si differenziano da ciò che è fatto di solito in questo campo, è precisamente che io cerco di produrre non arte, ma oneste fotografie, senza distorsioni o manipolazioni. La maggior parte dei fotografi va ancora alla ricerca dell'effetto "artistico", imitando altri mezzi d’espressione grafica. Il risultato è un prodotto ibrido che non riesce a dare al loro lavoro le caratteristiche più valide che dovrebbe avere: la qualità fotografica». 
Il fotografo messicano Bravo suddivise la carriera della Modotti in due periodi: quello romantico, ovvero il tempo trascorso con il fotografo Weston, e quello rivoluzionario. 
Nel dicembre del 1929 una sua esposizione fu pubblicizzata come "La prima mostra fotografica rivoluzionaria in Messico": fu l'apice della sua carriera di fotografa. All'incirca un anno dopo fu costretta a lasciare la macchina fotografica in seguito all'espulsione dal Messico. 


Esiliata dalla patria adottiva, Tina viaggiò per l’Europa decidendo di stabilirsi a Mosca, città nella quale decise di unirsi alla polizia segreta sovietica. Tina Modotti fu utilizzata per diverse missioni in Europa, Francia e paesi dell’Est, a sostegno della Rivoluzione Mondiale. Nell’ottobre del 1935 si recò in Spagna. Allo scoppio della guerra civile spagnola, lei e Vittorio Vidali, vecchia conoscenza dei tempi messicani, si unirono alle Brigate Internazionali sotto i nomi di battaglia di Maria e di Comandante Carlos. In quel periodo lavorò a stretto contatto con il medico Norman Bethune, inventore delle unità mobili per le trasfusioni. Nel 1939, dopo il collasso del movimento repubblicano, Tina Modotti, insieme a Vidali, lasciò la Spagna per tornare in Messico sotto falso nome. 


Tina Modotti morì a Città del Messico il 5 gennaio del 1942 in circostanze, secondo alcuni contemporanei, sospette. Diego Rivera, celebre pittore e marito di Frida Kahlo, affermò che la morte di Tina Modotti fu causata da Vidali perché la fotografa “sapeva troppo” delle attività di Vittorio Vidali in Spagna durante la guerra civile. Il poeta Pablo Neruda compose il suo epitaffio, una parte del quale si trova sulla lapide del Panteon de Dolores a Città del Messico. 
Tina Modotti fu una donna straordinaria; sfidò le convenzioni del suo tempo, sia sessuali che politiche, divenendo un'apripista del lungo percorso dell'emancipazione femminile.

Fabio Casalini

fonte: I VIAGGIATORI IGNORANTI

Bibliografia
Valentina Agostinis. Tina Modotti. Vita, arte e rivoluzione. Lettera a Edward Weston 1922-1931. Milano, Feltrinelli, 1992


Paltrinieri Elisa. "Tina Modotti. Fotografa irregolare". Selene, 2004 

Christiane, Barckhausen-Canale. "Tina Modotti. Verità e leggenda". Firenze, Giunti, 1999


FABIO CASALINI – fondatore del Blog I Viaggiatori Ignoranti
Nato nel 1971 a Verbania, dove l’aria del Lago Maggiore si mescola con l’impetuoso vento che, rapido, scende dalle Alpi Lepontine. Ha trascorso gli ultimi venti anni con una sola domanda nella mente: da dove veniamo? Spenderà i prossimi a cercare una risposta che sa di non trovare, ma che, n’è certo, lo porterà un po’ più vicino alla verità... sempre che n’esista una. Scava, indaga e scrive per avvicinare quante più persone possibili a quel lembo di terra compreso tra il Passo del Sempione e la vetta del Limidario. È il fondatore del seguitissimo blog I Viaggiatori Ignoranti, innovativo progetto di conoscenza di ritorno della cultura locale. A Novembre del 2015 ha pubblicato il suo primo libro, in collaborazione con Francesco Teruggi, dal titolo Mai Vivi, Mai Morti, per la casa editrice Giuliano Ladolfi. Da marzo del 2015 collabora con il settimanale Eco Risveglio, per il quale propone storie, racconti e resoconti della sua terra d’origine. Ha pubblicato, nel febbraio del 2015, un articolo per la rivista Italia Misteriosa che riguardava le pitture rupestri della Balma dei Cervi in Valle Antigorio. Nel 2018 pubblica il suo secondo libro, in collaborazione con Rosella Reali, per la casa editrice Albatros dal titolo E' una storia da non raccontare. 

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