CRISTO MORTO - ANDREA MANTEGNA

sabato 25 agosto 2018

la famiglia Ovitz, i nani di Mengele


19 maggio 1944. È sera ad Auschwitz. Un treno carico con 3500 disperati, per lo più ebrei, si ferma in stazione, per permettere al carico umano, in viaggio da giorni, di scendere dal convoglio per affrontare il proprio destino. Paura, stanchezza, incertezza. I sentimenti di quegli sconosciuti si mescolano alle urla dei soldati che, senza emozione, impartiscono ordini a chi non riesce a comprenderli.  Fra tutti un gruppo si distingue per le sue caratteristiche, che saltano subito all'occhio di chi li osserva. Uno degli ufficiali sa che quel carico è speciale per qualcuno, che sicuramente è merce preziosa che non può essere mandata subito ai forni. “Können sie bitte den Arzt rufen!”, “Chiamate il medico!”, urla a gran voce.  Uno dei soldati si allontana dal piazzale della stazione è va all'alloggio dove dorme il medico che sta cercando. Entra di corsa, percorre il corridoio che porta alla sua stanza. Si ferma, respira a fondo e dopo aver cercato dentro di sé il coraggio, bussa alla porta. Qualche istante di silenzio e una voce all'interno della camera lo invita ad attendere. La porta si apre e il soldato si trova di fronte al dottor Josef Mengele, l’angelo della morte, che dal maggio 1943 presta servizio ad Auschwitz presso il blocco n. 10. 


Pochi minuti dopo il medico e il militare sono nuovamente sul piazzale antistante la stazione. I fari illuminano le persone ammassate, disorientate, i soldati li tengono uniti con l’aiuto di grossi cani lupo, nervosi, abbaianti, minacciosi. Tutti si stringono gli uni agli altri. Tutti tranne un piccolo gruppo. Uno di loro appena sceso dal treno, comincia a distribuire biglietti da visita autografati: sono i Lilliput Troupe, in tutto 10 componenti, tutti fratelli, che da oltre un decennio girano per l’Europa, cantando, ballando e recitando. Solo 7 di loro si esibiscono, 5 maschi e 2 femmine, affetti da nanismo. I 3 di statura media lavorano dietro le quinte, scrivendo i testi, preparando i costumi e come manager per nuovi spettacoli. Tutto va bene fino a che il nazismo si diffonde in Europa e scoppia la guerra. I fratelli Ovitz sono nati nel villaggio di Rozavlea, nel distretto di Maramures, in Transilvania, regione della Romania. Il loro padre, un rabbino e musicista di nome Shimson Eizik Ovitz, era affetto da pseudoacondroplasia, una forma di nanismo. Dal primo matrimonio nacquero Rozika, nel 1886, e Franzika, nel 1889. Entrambe affette da nanismo.


Rimasto vedovo prematuramente, in seconde nozze sposò Batia Bertha Husz, ed ebbe 8 figli: Avram nel 1903, affetto da nanismo, Freida nel 1905, affetta da nanismo, Sarah nel 1907, di altezza normale, Micki nel 1909, affetto da nanismo, Leah nel 1911, di altezza normale, Elizabeth nel 1914, affetta da nanismo, Arie nel 1917, di altezza normale e l’ultima, la memoria storica dei fatti che vi sto raccontando, Piroska o “Perla” nel 1921, affetta da nanismo. 
La soddisfazione nello sguardo dell’angelo della morte è visibile a tutti. Il dottore da disposizioni perché vengano prelevati dal gruppo e condotti al blocco 10. Il resto delle persone scese dal convoglio saranno destinate immediatamente alle camere a gas, ne saranno risparmiati, momentaneamente perché adatti al lavoro, soltanto 400. 
La loro sorte all’interno del campo da quel momento è nelle mani di Mengele, che per loro ha in mente un piano ben preciso. La famiglia Ovitz è perfetta per diventare una famiglia cavia negli esperimenti del dottore inerenti l’eugenetica. Il primo colloquio con gli Ovitz è per lui esaltante. Alla fine esclama compiaciuto: “Ho lavoro per i prossimi venti anni”. 
La maggior parte delle testimonianze di cosa è successo in quei mesi di prigionia, ci arrivano dalla più giovane fra i fratelli Ovitz. Perla all'epoca aveva solo 23 anni.


La salvezza di quella sera, il mancato viaggio verso i forni crematori, secondo quanto stabilito dal serrato programma Aktion T4, è solo frutto della curiosità di Mengele, che li vuole tenere in vita per i suoi scopi, per capire come mai alla stessa famiglia appartenessero soggetti affetti da nanismo e altri no. Altri ebrei del loro stesso paese dichiarano di essere loro parenti, e per questo sono trasferiti con loro. Gli Ovitz mantengono il segreto e così tutti insieme vengono condotti in baracche speciali, gli vengono dati vestiti, non sono rasati, possono avere dei vasini, tolti ai bambini assassinati, in cui fare i bisogni senza andare nelle latrine comuni, hanno il necessario per lavarsi, cibo più abbondante degli altri prigionieri e ogni tanto una zuppa di pane. Godono di privilegi notevoli. La contropartita a questo” benessere” è davvero pesante: torture, prelievi di sangue estenuanti, fino a provocare loro svenimenti e vomito, prelievi di midollo, raggi X, acqua bollente e poi gelata nelle orecchie, denti sani e capelli strappati, sostanze come il fenolo iniettate nell'utero delle componenti femminili, continue misurazioni fra nani e non.
Lo stato di terrore in cui vivono è costante. Un giorno Mengele decide, per terrorizzarli ulteriormente, di far uccidere un papà e un figlio affetti da acondroplasia, forma di nanismo che colpisce solo gli arti che crescono notevolmente meno rispetto al resto del corpo, arrivati al campo circa tre mesi dopo di loro. Ordina di far bollire i cadaveri, per poter ripulire le ossa dalla carne ed esporle al museo di Berlino. Avvisa gli Ovitz che andranno con lui. Fa truccare le donne, sistemare gli uomini. Non ha nessuna intenzione di eliminarli. Infatti a Berlino li espone nudi a un convegno di ufficiali nazisti, esibendoli come trofei. 
Si instaura fra la famiglia e il dottore un rapporto fatto di crudeltà e gentilezza. Passano i mesi, 7 in totale, durante i quali, nonostante le sofferenze indicibili i componenti della famiglia Ovitz si salvano. Solo Arie, di altezza normale, muore nel 1944, in seguito a un tentativo di fuga. 
Gli Ovitz sono rimasti sempre uniti, non hanno mai smesso di sostenersi. Hanno sempre ricordato le ultime parole pronunciate dalla loro mamma in punto di morte: “State insieme. Sempre”. 


Il 27 gennaio 1945 l’armata russa entra ad Auschwitz. Inizia la liberazione e la ritirata delle truppe tedesche che dietro di loro lasciano solo distruzione e morte. Gli Ovitz sopravvivono ancora una volta. Usciti dal campo, uniti, camminano per 7 mesi, per tornare al loro villaggio in Transilvania. Arrivati li, trovano la loro casa saccheggiata, semi distrutta. Quattro anni dopo partono per il nascente stato di Israele, dove ricominciano ad esibirsi, fino al 1955, anno del loro ritiro dalle scene, Successivamente acquistano un cinema. 
Rimangono lì per tutta la vita. Gli uomini della famiglia si sposano ed hanno figli, mentre le donne, a causa degli esperimenti, restano sterili. L’ultima ad andarsene è Perla, nel 2001. Ricordando le fiamme che salivano dai forni crematori era solita dire: “Non lo scorderò mai. Ogni fiamma sembrava un essere umano.” Grazie a lei, al suo coraggio nel rivivere ancora quei tragici giorni, ai suoi ricordi, sappiamo l’incredibile storia della famiglia Ovitz, 10 fratelli indivisibili, che neppure il diavolo nazista ha saputo separare.

Rosella Reali

fonte: https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/

Bibliografia

Koren, Yehuda; Negev, Eilat (2004). In Our Hearts We Were Giants: The Remarkable Story of the Lilliput Troupe. New York: Carroll & Graf.

The Ovitz Family on the United States Holocaust Memorial Museum website, resources.ushmm.org

Leroi, Armand Marie (2003). Mutants: On the Form, Varieties and Errors of the Human Body. Harper Perennial

The seven dwarfs of Auschwitz, History Documentary hosted by Warwick Davis, published by ITV broadcasted as part of ITV Perspectives series in 2013 - English narration


ROSELLA REALI

Sono nata nel marzo del 1971 a Domodossola, attualmente provincia del VCO. Mi piace viaggiare, adoro la natura e gli animali. L'Ossola è il solo posto che posso chiamare casa. Mi piace cucinare e leggere gialli. Solo solare, sorrido sempre e guardo il mondo con gli occhi curiosi tipici dei bambini. Adoro i vecchi film anni '50 e la bicicletta è parte di me, non me ne separo mai. Da grande aprirò un agriturismo dove coltiverò l'orto e alleverò animali. 
Chi mi aiuterà? Ovviamente gli altri viaggiatori.
Questa avventura con i viaggiatori ignoranti? Un viaggio che spero non finisca mai

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