(Inchiesta giornalistica su un problema sociale di attualità cogente, tratta da settimanale Diario del 16 marzo 2007, da cui è scaturita l'interrogazione parlamentare 4-00055 del 29 aprile 2008, a tutt'oggi senza risposta da parte di ben 4 governi)!
di Gianni Lannes
Le scalinate portano ai padiglioni separati di donne e uomini su cui troneggiano gli infermieri. Scorrono i chiavistelli di cancellate che per le normative italiane dovrebbero sparire. Si scivola sul pavimento cosparso d’urina: è l’odore dominante. Gli escrementi vengono spostati a secchiate d’acqua, e il liquame si incrosta sulle pareti. Circondati da poveri corpi spesso nudi, persone che chiedono l’elemosina di una sigaretta e che recuperano occasionali mozziconi da terra. Nudità abnormi, gonfie, su gambe esili. Involucri umani accovacciati a terra negli angoli, deformati da ernie gigantesche. Benvenuti nei tre manicomi “Don Uva” (Bisceglie, Foggia e Potenza), i più grandi d’Europa, di proprietà formale dell’ente ecclesiastico Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza, ma in realtà controllati direttamente dal Vaticano. I cronicari sono ancora aperti - dovevano chiudere nel 1983 - in spregio alla Basaglia (legge 180 del 1978) e usufruiscono di ingenti finanziamenti pubblici dalle Regioni Puglia e Basilicata. Gli ecclesiastici intascano ben 105 euro al giorno a “malato di mente”. Gli Istituti Divina Provvidenza accolgono nelle loro sedi del Mezzogiorno circa 2 mila esseri umani, dai 21 ai 78 anni (più della metà sono donne). Sul manicomio di Paranà in Argentina non vi sono dati accessibili. Mario i vestiti se li strappa immediatamente di dosso appena lo guardo.
Non tutti sono analfabeti o completamente inebetiti dagli psicofarmaci. Antonio, nato nel 1952, si è addirittura laureato in medicina. Oscar, appena maggiorenne, è qui rinchiuso dal 1997 perché mangiava la terra. Vito, 21 anni all’anagrafe, è in manicomio da appena 62 mesi. Giuseppe ha 35 primavere e Pietro 44. Non usciranno mai: non li vuole nessuno. Ogni tanto, indicandoci uno dei ricoverati che in teoria gli toccherebbe curare, il primario dice: “Quello che non c’è motivo che stia qui dentro. Ci sta e basta. E mi raccomando: non fotografi quelli nudi”. Alibi: le Asl che non li vogliono, il rifiuto delle famiglie superstiti, se ancora esistono. Nessuno dei reclusi è mai stato posto davvero nelle condizioni di aspirare alla libertà. Nessuno di loro ha la minima cognizione di quali siano i diritti che la legge - considerandoli malati, non detenuti - gli assegna. Solo di una donna e di un uomo, entrambi reclusi all’istituto Divina Provvidenza di Potenza, annoto i nomi. Non hanno patologie psichiatriche, eppure non sono mai usciti da questa prigione. Antonio Eliodoro (47 primavere) vive qui dall’età di 3 anni: fu abbandonato dai genitori. Anna Lucia Nolè (66 anni) mostra un sorriso pensieroso e confida: “Dove vado? Non è venuto mai nessuno a prendermi”. La donna, dopo aver subito violenze è stata abbandonata dai familiari; è rinchiusa dal 13 novembre 1962 su disposizione del questore di Potenza. Sono numerose le persone tradotte in manicomio dalle famiglie che vogliono liberarsene con l’aiuto di medici compiacenti. In loco gli ospiti non sono persone soggetto di diritto e continuano a sopravvivere nell’abbandono e nell’oblio. I padiglioni e le inferriate, le cure inadeguate, l’infelicità che impregna lo sguardo degli psicotici e le urla che squarciano il silenzio tombale dei dormitori. La rassegnazione degli anziani cronici, sorta di ergastolani afflitti ormai più da demenza senile che da crisi nevrotiche…
E’ c’è da immaginarsi la qualità dell’attenzione terapeutica, se una donna, Maria, legata al letto di contenzione partorisce spontaneamente un bambino: è successo a Bisceglie (Bari). Sovente gli ospiti sono ammanettati ai giacigli, ancorati ai termosifoni e prigionieri in camera di sicurezza. Alcuni muoiono soffocati…
Uno dei più potenti protettori dell’holding Don Uva è stato monsignor Donato De Bonis, segretario generale dello Ior, nonché braccio destro di Paul Marcinkus. Seguito a ruota dal cardinale Eduardo Martinez Somalo, intimo amico di Lorenzo Leone, deus ex machina del Don Uva dal 1955 al 1994…
Nei manicomi don Uva operano una ventina di società finanziarie e immobiliari (tra cui la Financial Trusts Srl e l’Abacus Srl). Alcune di queste società hanno lo stesso indirizzo a Bisceglie (largo canonico Pasquale Uva, 1) della romana Delta Petroli (appalto smaltimento rifiuti). Singolare coincidenza: una ristretta cerchia di dirigenti del don Uva gestisce le indennità pensionistiche dei pazienti sotto tutela (circa 15 milioni di euro)…
E nel resto del Belpaese che accade? Di follia si muore: dal suicidio all'annientamento indivisibile. E i manicomi sono spariti definitivamente? Difficile quantificare il numero delle strutture chiuse realmente. Le Regioni hanno fornito dati alterati al ministero della salute e non hanno assegnato almeno il 5 per cento del fondo sanitario ai servizi di salute mentale. Il processo di liberazione riguarda circa 15 mila "ospiti" in 1.400 strutture residenziali ricavate all'interno degli stessi manicomi...
Nei manicomi don Uva operano una ventina di società finanziarie e immobiliari (tra cui la Financial Trusts Srl e l’Abacus Srl). Alcune di queste società hanno lo stesso indirizzo a Bisceglie (largo canonico Pasquale Uva, 1) della romana Delta Petroli (appalto smaltimento rifiuti). Singolare coincidenza: una ristretta cerchia di dirigenti del don Uva gestisce le indennità pensionistiche dei pazienti sotto tutela (circa 15 milioni di euro)…
E nel resto del Belpaese che accade? Di follia si muore: dal suicidio all'annientamento indivisibile. E i manicomi sono spariti definitivamente? Difficile quantificare il numero delle strutture chiuse realmente. Le Regioni hanno fornito dati alterati al ministero della salute e non hanno assegnato almeno il 5 per cento del fondo sanitario ai servizi di salute mentale. Il processo di liberazione riguarda circa 15 mila "ospiti" in 1.400 strutture residenziali ricavate all'interno degli stessi manicomi...
fonte: sulatestagiannilannes.blogspot.it
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