Vivo a Barcellona e vi dico: vedrete, la Spagna ci supererá
Pubblichiamo il punto di vista di Francesco Grisanti, 33 anni, che da anni vive in Spagna e da qualche mese ha avviato lì una sua attività.
Mi chiamo Francesco Grisanti, ex studente LUISS di Roma, oggi trentatreenne, e sono ormai da 8 anni un “rifugiato” all’estero.
La mia storia comincia nell’ormai lontano 2002, quando, vinta una borsa di studio per partecipare al programma Erasmus all’Universitá di Barcellona (studiavo allora Economia e Commercio), a settembre feci i bagagli e, accompagnato da un mio amico, mi imbarcai su una nave da Civitavecchia per risparmiare sul bagaglio (avevo tre grosse valigie con me). Dopo 18 lunghe ore di viaggio, davanti a me la costa catalana e Barcellona. Davanti a me il “sogno spagnolo” di uno studente italiano, in un periodo in cui si parlava giá del “milagro español” e al governo c’era il popolare José María Aznar.
Tra studi, feste e quant’altro possa fare un Erasmus all’estero, quella cittá e quella societá mi affascinarono tanto che tornato a Roma decisi che avrei rifatto il viaggio all’ indietro (in Italia c’era allora Berlusconi).
Laureatomi nel 2004, l’anno successivo ero di nuovo all’universitá di Barcellona per fare un master in marketing e da quel momento, finiti ormai gli studi, in due mesi avevo giá un lavoro come Project manager jr. in un portale di annunci molto famoso in Spagna, mentre i miei amici di Roma erano alle prese con uno stage non pagato (nella migliore delle ipotesi) ed altri stavano a casa dei genitori passando il tempo in attesa di una chiamata per un colloquio che non sarebbe mai arrivata.
L’ambiente a Barcellona era frizzante, avevo una casa in affitto tutta per me, lavoro ce ne era, tanto, anche se ero un po’ sottopagato (ma stavo sempre meglio dei miei amici romani), e dopo un anno decisi di cambiare. Avevo ricevuto un’offerta di lavoro piú interessante con contratto a tempo indeterminato in una societá finanziaria come responsabile delle campagne online su Google, gestendo un Budget di piú di un milione di euro.
E poi arrivó la crisi! Pochi mesi dopo essere entrato scoppió il caos Lehman Brothers e il castello cominció a creparsi e a cedere.
Venivamo spremuti come agrumi per raggiungere gli obiettivi (quello che prima facevamo in un mese in quel momento lo facevamo in tre). Ogni mese i numeri erano rossi, il tasso di morositá dei clienti stava aumentando in maniera preoccupante, cominciavano i primi licenziamenti.
Ho retto lo stress, il cambio costante di capi che si alternavano per far fronte alla crisi, e riconosco che era un periodo di depressione, ogni mese i giornali spagnoli riportavano cifre sulla disoccupazione da brivido. Dal 2007 ad oggi in Spagna si sono distrutti 3 milioni di posti di lavoro.
Poi arrivarono le tensioni sui mercati internazionali con lo spread spagnolo giunto quasi a 650 punti (ieri è tornato sotto quota 200, come in Italia) e capii che non avrei resistito a lungo nel settore finanziario. Decisi così di lasciare e di mettermi in proprio.
Quanto coraggio, mi dissero. Di questi tempi … Ma sei sicuro? Avevo un ottimo stipendio per la mia etá, un contratto a tempo indeterminato, un sacco di vacanze (a patto di lavorare anche il sabato! Nessuno ti regala niente), per cui nessuno capiva questa cosa.
Ma io sí. Fin da sempre volevo un’attivitá in proprio e la crisi economica in realtá la vedevo come un’opportunitá per mettersi in gioco.
Cosí un anno fa circa abbiamo lanciato assieme ad altri (professori della Universitá di Barcellona con cui avevo mantenuto il contatto, giornalisti freelance che avevano perso il posto di lavoro con la crisi della carta stampata, esperti di marketing online e reti sociali, programmatori…) il progetto HOMBRE MODERNO, una startup con sede a Barcellona dedicata all’uomo di oggi.
Far partire il business è stato difficile. Non solo perché come ogni startup all’inizio servono dei soldi, anche in un mondo virtuale come quello di internet, ma anche perché al principio lavori gratis, il doppio di prima, dormi poco e male e c’e’ l’incognita del futuro (“riusciró nell’impresa?”).
Come in Italia, anche in Spagna la burocrazia non aiuta e le spese legali sono state la partita di costi piú alta nel 2013.
Tuttavia devo riconoscere che la Spagna ha delle cose che funzionano molto bene. Per esempio gli stage. Impensabile realizzarne uno dopol’universitá: lo stage serve a chi è universitario per fare un’esperienza pratica in un’impresa e nel 90% dei casi è remunerato. Inoltre importanti banche come il Santander ogni anno lanciano dei programmi di aiuto per le piccole imprese, coprendo tutti i costi dello stagista. L’anno scorso abbiamo preso una ragazza e tutto è stato pagato dalla banca.
Finita l’esperienza, abbiamo continuato a lavorare con lei e ora ovviamente la paghiamo noi. Mi domando cosa facciano le banche in Italia. Ci sono programmi simili? Io onestamente non lo so, ma so che per esempio gli stage si continuano a fare dopo l’universitá. Non credo alle parole dei ministri, ma a quello che mi raccontano i miei amici.
La crisi in Spagna è ancora dura, ma ne sta uscendo, poco a poco. Sono sicuro che nei prossimi anni supererá il nostro Bel Paese.
Ha delle infrastrutture che l’Italia non ha piú. Basti vedere la rete dell’alta velocitá, gli aeroporti di Barcellona e Madrid (ogni volta che atterro a Fiumicino penso che quell’aeroporto non sia degno della capitale di un paese da G8), le metropolitane sono estese e in generale tutti i trasporti funzionano molto bene.
L’Italia al momento guarda, parla, litiga. La Spagna si sta muovendo.
fonte: solferino28.corriere.it
Nessun commento:
Posta un commento