La letteratura come prolungamento e proiezione del corpo: un’intervista con Toni Bentley
Il caso letterario
Ci sono ottimi libri che passano spesso inosservati e pessimi libri che diventano, senza una reale ragione, argomento di infinite, futili, discussioni. Più raramente libri di vera qualità innescano dibattiti accesi al di fuori di una limitata élite letteraria.
È il caso di The Surrender (Fazi – Lain, 2005 / Fazi Tascabili 2007, traduzione di Anna Mioni), romanzo che conclude il trittico della nostra indagine sulla sessualità nella letteratura contemporanea, iniziata quasi per caso all’inizio di questa grande avventura che è il Monocolo. Un libro “politicamente scorretto” che la sessualità l’affronta in modo diretto e coraggioso.
Scritto dall’americana Toni Bentley, ex apprezzata ballerina del New York Ballet, ora scrittrice nonché affermata giornalista che pubblica, tra gli altri, per il New York Review of Books, Rolling Stone e Ballet Review – The Surrender ricalca il modello del memoriale erotico, e ricorda, in parte, il recente La vita sessuale di Catherine M. (Mondadori, 2001) della francese Catherine Millet, fondatrice e direttrice di Art Press.
Eppure, laddove il libro della Millet cadeva in uno dei limiti della pornografia (la sua noiosa, ostentata e fredda ripetitività), il romanzo della Bentley si contraddistingue per un gusto tutto anglosassone per le citazioni colte, lasciando ben presto i binari dello scandalo per diventare un raffinato, intimistico e realistico romanzo di formazione. Una educazione sentimentale (e sessuale) post litteram.
The Surrender non è un libro erotico, o almeno non è solo questo. Limitarsi a incasellarlo all’interno di un genere ne svilirebbe le qualità. Ci sono, in sostanza, diversi piani d’interpretazione, al dì là di quello più scontato legato all’archetipo del romanzo d’argomento erotico. Il sesso è l’asse portante del libro, certo, e vi è un lato dichiaratamente sensuale e sessuale, dove la scoperta dell’atto stesso della sodomia esplode in una carnale fisicità conclamata. Eppure, come osserva giustamente Emanuele Trevi nel suo articolo pubblicato da Il manifesto, «The Surrender è un inno, un elogio, un minuzioso trattato e insieme un romanzo sul sesso anale, non sul-l’ano in quanto tale.»
Una volta scardinato il tabù, la scrittrice americana fa qualcosa di più: tocca le corde più profonde delle formazione sessuale e sentimentale di una donna. C’è un invisibile filo d’Arianna che traccia un percorso, che parte da una rivelazione, da un atto nudo e crudo e arriva, attraverso l’ano e le viscere, fin dentro l’anima.
I vibranti incontri con A-man trascendono presto dal semplice atto sessuale diventando veri e propri atti d’amore. Il sesso diventa quasi una sorta di religione laica. Un mezzo per raggiungere l’estasi e il divino.
Toni Bentley cita la vita della sante e fa coraggiosamente con la religione – non esclusivamente cattolica – quello che Politics di Adam Thirlwell, (Guanda, 2003) ha fatto con la politica; e se nel romanzo del giovane scrittore inglese il sesso diventava sofisticato strumento per trascinare il lettore all’interno di qualcosa di ben più complicato (tanto da spingersi a teorizzare: «Il ménage à trois? La realizzazione erotica dell’utopia socialista.»), la Bentley parte dalle teorie estreme del Marchese de Sade per innalzare la sodomia a trascendenza.
L’estasi sessuale porta alla consapevolezza di sé. Una consapevolezza che presuppone anche l’accettazione della sottomissione e dove la sottomissione stessa non è umiliazione ma rivelazione. E questo ci porta a un secondo aspetto importante del libro: la femminilità della Bentley, evoluzione realistica del nuovo modello femminile imposto dai media (iconizzato dal successo planetario delle nuove eroine di Sex and The City), diventa una sorta di femminismo post modern – lontano anni luce da quello teorizzato negli anni Settanta.
Il sesso anale non è il nuovo sesso (come sottolinea la stessa scrittrice nel-l’intervista concessa al Monocolo), ma è una delle possibili dimensioni di una femminilità nuova, carnale e moderna. «Noi donne,» afferma la scrittrice in un’intervista su Stilos «dovremmo amarci di più, altrimenti s’incorre in tante situazioni di insoddisfazione esistenziale e d’infelicità sessuale.»
La stessa Bentley, quella antecedente all’incontro con l’uomo che le sconvolgerà la vita, è una vittima della stessa immagine di donna universalmente accettata, meglio se affermata e invidiata, in cui poteva specchiarsi. L’ex ballerina famosa, la moglie insoddisfatta, la donna aggressiva.
La sodomia, il dolore, la stessa sottomissione appunto, diventano la sua personale espressione di questa nuova femminilità. L’orgasmo, da processo fisiologico diventa estasi, viatico verso l’amore supremo. Perché soprattutto d’amore, di un grande amore, parla il libro.
Che poi all’amore supremo ci si arrivi anche attraverso la carnalità, è un dato di fatto che solo una morale cieca e bigotta potrebbe negare. E che questo amore possa finire rientra all’interno di una visione smaliziata del gioco delle parti.
La tesi, universalmente rifiutata e sostituita dall’ideale romantico – elevato dal sacramento del matrimonio – che l’amore implichi sofferenza (in alcuni casi esclusivamente sofferenza) benché laica e cinica non svilisce il potere universale del sentimento stesso. In fondo lo stesso Flaubert nel suo capolavoro assoluto, L’educazione sentimentale, (1869) ci raccontava di un amore tanto doloroso quanto impossibile e irrealizzabile.
Vi è poi, per concludere, un ultimo aspetto tutt’altro che trascurabile: l’indubbia qualità letteraria del libro della Bentley. L’ex ballerina non è l’ennesimo prodotto di un mondo editoriale sempre più avvezzo a confezionare fenomeni passeggeri. Il suo stile sporco, la sua sincera, scurrile, dissacrante volgarità nel rappresentare l’osceno attraverso la descrizione minuziosa degli incontri – ogni rapporto viene fedelmente riportato (e numerato) senza il ben che minimo filtro , e la sua poesia e intelligenza nell’indagare l’intimo e il sublime, fanno di The Surrender un piccolo capolavoro della letteratura moderna.
La voce della Bentley è la voce di una nuova generazione di scrittrici che raccontano se stesse. E se nel secolo scorso Virginia Woolf sosteneva che: «Nessuna donna era riuscita a scrivere la vera esperienza del proprio corpo, che le donne e la lingua avrebbero dovuto subire entrambe modifiche notevoli prima che potesse succedere qualcosa del genere», oggi quel tempo sembra essere più vicino.
Certo ci si può chiedere – ancora una volta – se argomenti tanto estremi possano diventare oggetto di una letteratura cosiddetta “alta”, ma non è forse superfluo? Non dovremmo finalmente spogliarci dei pregiudizi che permeano le nostre vite? Non è infinitamente più volgare e inaccettabile la morbosa attenzione televisiva riservata a un matricidio, o alle squallide vicende amoroso-sentimentali dell’ultima delle starlette?
Pensateci.
L’ intervista
Signora Bentley, Leon Wieseltier ha definito The Surrender: «Un piccolo capolavoro della letteratura erotica». Eppure il suo libro è ben più di un semplice memoriale erotico, la sensazione che ho avuto, leggendolo, è stata quella di trovarmi di fronte a un intelligente e minuzioso trattato su sesso e amore, un saggio intimista sull’importanza del conoscere se stessi da un diverso, e intimo, punto di vista. Quale è stata la genesi del libro, come è arrivata a scriverlo? E perchè?
A 15 anni iniziai a scrivere un diario: era un modo per esprimermi liberamente ed essere totalmente me stessa. Quando cominciò la mia incredibile storia con A-Man pensai di mettere per iscritto quel che mi stava accadendo per osservarlo dall’esterno e comprenderne appieno la grandezza. Volevo registrare ogni aspetto di questo amore/ossessione ed esserne testimone. Poi pian piano decisi di trasformare le mie annotazioni in un libro – anche se pensavo che nessuno lo avrebbe mai pubblicato – scritto con lo stesso totale coraggio che permeava i miei diari. Non so in che altro modo avrei potuto scriverlo.
Quale è stata la reazione del pubblico americano a The Surrender?
La reazione della stampa e del pubblico è stata davvero molto interessante! La prima è stata molto più ricettiva e aperta sul tema di quanto potessi immaginare – tanto che il giornale più importante degli USA, il New York Times, ha dedicato al libro un’ampia recensione e molti altri articoli – facendone un accettabile evento convenzionale. D’altro canto, in termini di email dei lettori, ho notato che in genere gli uomini americani amano il libro, lo trovano divertente, sexy e vogliono condividerlo con mogli e fidanzate. Le donne invece ne rimangono scioccate, talvolta addirittura indignate e scandalizzate. Probabilmente perché l’idea di una donna che si sottomette sessualmente di sua spontanea volontà a un uomo si scontra con l’ideologia piuttosto semplicistica di femminismo, potere alle donne ecc…
So che recentemente è stata in Italia, un paese di forti tradizioni cattoliche. Ha avuto modo di confrontarsi con il pubblico italiano?
In Italia ho incontrato giornalisti molto gentili, preparati, che mi hanno lusingato prendendo seriamente il mio libro come un’opera letteraria – mentre in America molti giornalisti hanno voluto solo far pettegolezzi. Ho anche ricevuto sul mio sito molte email dalle lettrici e mi ha piacevolmente incuriosita il fatto che le donne italiane stanno accogliendo il mio libro non solo come il racconto di una semplice verità, ma anche come una grande storia d’amore. The Surrender è diventato un test interessante in culture differenti riguardo ai costumi sessuali e sociali di un paese. È diventato un bestseller in Brasile come in Italia (nei prossimi mesi sarà pubblicato anche in Giappone, Inghilterra, Germania, Cina, Francia, Spagna e Portogallo).
La sodomia nel suo libro diventa un tramite per raggiungere l’estasi, quasi un atto mistico, tanto che lei stessa cita la vita delle sante. Il sesso diventa spiritualità e le testimonianze degli incontri amorosi icone da conservare. Ci vuole parlare del suo rapporto con la religione prima e dopo l’esperienza raccontata nel libro?
Direi che non ho un rapporto con una religione in particolare. Sono cresciuta atea e credo in Darwin e nella scienza. Ma sono comunque attratta da quella dimensione altra, invisibile e intangibile, che qualcuno chiama spiritualità e che non ha alcuna relazione con la religione comunemente intesa. È il luogo in cui si trascende la quotidianità.
Negli anni Settanta, il movimento femminista ha innalzato l’utero e di conseguenza la vagina a vessillo della nuova femminilità. Oggi nel suo libro l’esperienza del sesso anale è tanto sconvolgente da mettere quasi in secondo piano la vagina. Al dì la del punto di vista personale lo ritiene un segno di tempi? Quale è stata la reazione del pubblico femminile di fronte a una tesi così forte?
In realtà non credo che il sesso anale rappresenti il nuovo sesso: anzi, questo esiste dalla notte dei tempi ed è praticato da sempre, ma certamente non sarà mai considerato alla stregua del sesso vaginale. Sarà sempre un tabù e ciò che lo rende tanto interessante e attraente. È per definizione un atto in un certo qual modo rivoluzionario e questo è un aspetto positivo. È chiaro che tra gli eterosessuali il sesso anale sia più popolare tra gli uomini, semplicemente perché può far male alla donna e per questa ragione, giustamente, molte donne lo rifiutano. È una sorta di atto sessuale specializzato, che deve essere fatto da professionisti!
A-man è l’amante perfetto, l’uomo al quale lei dà tutta se stessa, colui che in è in grado di farle perdere il controllo trascinandola in una sorta di mondo parallelo fatto di carne, sesso, istinti animali. La forte femminilità che lei sfoggia con altri uomini, davanti a lui si dissolve fino alla sottomissione. Al di là delle sue indubbie doti di amatore, quale è il potere di A-man?
Penso soprattutto che sia il potere dell’amore, quella forza che ti porta ad aprirti totalmente e a essere vulnerabile come con nessun altro. E chi può dire quali siano le miriadi di elementi che rendono un amante unico e altri no? A-Man era una curiosa combinazione di gentilezza, umiltà, dolcezza totalmente schiacciante e controllo.
In un’intervista che lei ha concesso in Italia (pubblicata su Il Manifesto, Ndr) fa però una distinzione tra masochismo e sottomissione? Ce la vuole spiegare?
Il masochismo forse implica un piacere della sofferenza per molti, anche se ciò non è necessariamente vero. I masochisti spesso sopportano il dolore per trarne benefici che non avrebbero in altro modo. La sottomissione invece, in questo contesto, è la rinuncia al controllo sull’altro in una determinata situazione. È una sorta di dono.
Lei è stata una ballerina professionista. La danza, dietro alla facciata di dolcezza e armonia dei movimenti, nasconde ore di fatica e dolore. Un training intenso del corpo e della mente. Questa dicotomia tra dolore e piacere sembra una costante nella sua vita, o sbaglio?
Sì, assolutamente. Ho imparato presto che sopportare un piccolo dolore può portarti in posti in cui la maggior parte delle persone non è mai stata.
Mi permetta di tornare ad A-man e a un altro aspetto importante del libro. The Surrender da un certo punto di vista è anche una meravigliosa ed estrema storia d’amore. Un amore esclusivo, privo di contatti con la realtà tangibile, un amore carnale e spirituale che si dissolve (più o meno consciamente per volere degli stessi amanti) proprio nel momento in cui la realtà irrompe e spezza gli equilibri. È forse questo l’amore perfetto?
Certamente può essere inteso in questo modo, come qualcosa di veramente puro, intoccabile e profondo. Ma come tutti sappiamo la realtà alla fine fa con noi quello che vuole.
Uno degli aspetti più sorprendenti della sua scrittura è la non celata aggressività. La sua ottima penna non lascia spazio alla fantasia, eppure il linguaggio diretto, sporco, spesso dissacrante, non collide con gli argomento trattati. Il suo stile scurrile è quello che a mio parere fa della sua opera una pregevole opera letteraria. È stata una scelta voluta e programmata, o la naturale conseguenza degli argomenti?
Domanda interessante. Penso che quella voce a cui lei si riferisce sia nata mentre venivo sodomizzata! Ho iniziato a cercare parole e frasi che descrivessero l’indescrivibile. Non credo di scrivere in questo modo solitamente, ma quella era la voce della donna in The Surrender, che poi ero io! Volevo scrivere qualcosa di viscerale e non stupido, frivolo e sentimentale. Ma qualcosa di dannatamente reale e vedere se funzionava. Era l’unico modo per dire quale fosse per me la verità – tutta la bellezza e la trascendenza direttamente emanate da atti fisici crudi, reali, carnali, visivi –. Dove la porno-grafia e l’amore si intersecano.
Sempre nell’intervista già citata lei parla di John Donne e D.H Lawrence. Quale è stata la sua formazione letteraria?
A scuola ho ricevuto una minima educazione accademica e a diciassette anni ho iniziato a danzare da professionista, ma sono sempre stata una grande lettrice – Henry Miller, D. H. Lawrence, e Anais Nin sono stati i primi a influenzarmi nello scrivere su un tema tanto eccitante quanto difficile come quello del sesso. Amo anche Dickens, Shakespeare, Henry James, Thomas Mann, Tolstoy.
Un’ultima domanda. Parlando del suo libro Charles McGragh del New York Times ha scomodato i mostri sacri della storia della letteratura erotica. A un anno della pubblicazione del libro negli stati uniti come è cambiata la sua vita? Chi è oggi Toni Bentley? Quanto ha influito il successo di The Surrender nella sua vita di donna?
The Surrender ha enormemente e inaspettatamente cambiato la mia vita. È stato un successo che è andato oltre alla mia più sfrenata immaginazione e, forse più ironicamente, da allora sono molto richiesta come scrittrice, critica e relatrice. In altre parole, mentre qualcuno mi metteva in guardia dal pubblicare un libro che avrebbe potuto rovinare la mia carriera di scrittrice, è successo l’esatto contrario! E questo per me è il successo più grande. Mi sono liberata non solo come scrittrice ma anche come persona e come donna e ho meno paura di vivere la mia parte più profonda e più vera.
© 2006 Rossano Trentin
www.ilmonocolo.org
www.tonibentley.com
fonte: themodernage.wordpress.com
continuo a cercare il libro
RispondiEliminalibro interessante...
RispondiEliminama dici che è difficile reperirlo?
temo di sì. Quando mi recai a Trieste la scorsa primavera, andai ad un paio di librerie del centro dicendomi che era fuori catalogo
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