Il premio Nobel per l'Economia mette ancora una volta in luce i limiti delle politiche volute da Berlino e Bruxelles. "Rischiano di portare al collasso la democrazia".
NEW YORK (WSI) - Novello vate del terzo Millennio, l'economista Paul Krugman non esita a lanciarsi contro l'austerity, mettendone ancora una volta in luce i limiti e le distorsioni, ma soprattutto gli effetti devastanti sull'economia e la capacità di creare solo recessione e disoccupazione. Il Premio Nobel per l'economia, fedele alla politica keynesiana e contrario alle misure di austerità, fortemente volute da Berlino e Bruxelles, ha criticato proprio quella politica sostenuta dalle Istituzioni europee sin dagli albori della crisi debitoria, mettendone in luce il fallimento e gli effetti depressivi sull'economia. Una contro-tesi che poggia proprio sui principi dell'economia keinesiana, che imporrebbero piuttosto un aumento della spesa in periodi di recessione ed in una condizione in cui i tassi di interesse sono ormai vicini a zero.
In un editoriale pubblicato sul New York Times, Krugman ha spiegato che la politica dell'austerity ha rivelato tutta la sua inefficacia. Lo dimostrano i numeri e le statistiche, smontati da uno studente ventottenne e dai suoi professori, e le risposte dell'economia reale, che hanno dimostrato i limiti della teorica economica che sta alla base di questa politica.
Tutto ha avuto inizio con una teoria formulata da due economisti, Reinhart e Rogoss, "Growth in Time of debt", che postula la necessità di mettere in atto politiche di consolidamento fiscale ogni volta che il debito pubblico sale sopra la soglia del 90%. una teorica che è stata sposata in pieno dagli "austeriani".
Lo studente, coadiuvato dai suoi professori, ha trovato invece ben tre errori: un errore di calcolo del foglio Excel, l'omissione di alcuni Paesi ad alto debito pubblico (ad esempio l'Australia e la Nuova Zelanda), il metodo di selezione dei dati raccolti (semplicemente arbitrario). Insomma, un fallimento della teoria dell'austerity che trova basi logiche e matematiche.
A chi afferma, come fatto dal presidente della Bce Mario Draghi, che è diverso raggiungere l'obiettivo di ridurre il debito con una riduzione delle spese piuttosto che con un aumento delle imposte, Krugman ribatte che è la stessa identica cosa. L'effetto è il medesimo e si accelera il processo di involuzione ed avvitamento dell'economia, acuendo la recessione.
Krugman però non si ferma qui e attacca i fautori dell'austerity, preventivando un fallimento completo dell'economia, una possibile disgregazione dell'Eurozona e il collasso della democrazia. L'Italia ne è un esempio.
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