di
Gianni Lannes
Bullismo
di Stato? Se
la scuola è maestra di vita dov'è l'etica in questo caso particolare che
investe tanti bambini e ragazzini, segregati in casa in base a decreti
incostituzionali, ossia fuorilegge? Sull'onda dell'emergenza
dettata dal nuovo coronavirus, dopo la chiusura forzata della scuola
in Italia (5 marzo 2020), è spuntata dal nulla la piattaforma
digitale WeSchool, propinata a molti alunni da docenti e dirigenti
scolastici spesso all'oscuro del traffico di armi e delle sue
implicazioni, nonché dei diritti umani violati nel mondo da banche e
multinazionali petrolifere, col favore e l'indirizzamento addirittura
del Miur. Dov'è la coerenza deontologica di docenti e dirigenti
scolastici? Gli esempi etici sono ben altro che la subordinazione al
peggio o la sottomissione all'autoritarismo istituzionale. Don Lorenzo
Milani docet: "L'obbedienza non è più una virtù".
WeSchhol
che peraltro come già evidenziato in un precedente approfondimento
giornalistico, traccia il profilo di chiunque (registrando i dati
sensibili, in barba alle normative europee sulla privacy), minori
inclusi, vanta come suoi partners addirittura la banca Unicredit e la
multinazionale Snam.
Sui crimini commessi dall'ENI (Snam) in Africa o ad esempio in Nigeria, è sufficiente leggere con attenzione i rapporti di Amnesty International, o giornali nazionali ed internazionali degli ultimi 10 anni.
Alla
luce di fatti oggettivi ed inequivocabili, dal punto di vista morale,
come possono insegnanti, presidi e Miur promuovere collaborazioni con
la piattaforma WeSchool che vanta simili soci come fiore all'occhiello e coinvolgere alunni e studenti?
Tema: operazioni bancarie di appoggio all’export di armamenti nel mondo. Dall'ultima relazione (di dominio pubblico) del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), nel 2018 risultano transazioni bancarie attinenti ad operazioni di esportazione di armamenti per un valore complessivo di 4.855.463.428 euro di “importi segnalati” e di 3.213.552.154 per “importi accessori segnalati”. Nella Relazione non è spiegata la differenza concettuale e pratica tra questi due importi. La Relazione, inoltre, segnala in modo generico operazioni di “Intermediazioni per Aziende” per “vendita/incasso” per un valore complessivo di 973.091.454 euro di cui 968.266.061 euro da attribuirsi al gruppo Leonardo (ex Finmeccanica). Le maggiori operazioni per esportazioni di sistemi militari sono state svolte da tre gruppi bancari: UniCredit che riporta “importi segnalati” per 1.345.377.931 euro a cui vanno aggiunti gli “importi segnalati” da UniCredit Factoring del valore di 568.327.577 euro; Deutsche Bank che riporta “importi segnalati” per 643.359.977 euro e Intesa Sanpaolo che riporta “importi segnalati” per 550.000.173 euro. Una nota della Relazione del MEF segnala che «l'importo complessivo attribuito ad Intesa Sanpaolo ed UniCredit ricomprende anche transazioni dove la stessa banca è intervenuta come banca agente con funzioni amministrative per conto di un pool di istituti bancari».
Necessità
di conformare le decisioni su export militare ai principi delle norme
nazionali ed internazionali.
La Rete Italiana per il Disarmo come già fatto negli anni passati rinnova anche al Governo Conte l’invito a migliorare gli standard di trasparenza sui dati relativi all’export militare poiché la modalità attuale di pubblicazione impedisce che Parlamento ed opinione pubblica possano esercitare un concreto controllo su un ambito così delicato. L’esportazione di materiali di armamento non ha solo aspetti economici o tecnologici, ma impatta direttamente sui conflitti e la sicurezza internazionale e la stessa legge (oltre che le norme internazionali cui l’Italia ha aderito) ne sottolinea la valenza fondamentale per politica estera e sopratutto per il rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario. Rete Italiana per il Disarmo rinnova dunque il proprio invito a conformare le decisioni sulle autorizzazioni all’export ai principi e alle prescrizioni delle norme italiane ed internazionali, e sollecita il Parlamento ad intraprendere un approfondito dibattito sulla questione e sugli ultimi dati trasmessi dal Governo.
A tutt'oggi (14 aprile 2020) il Governo del Conte bis - in evidente violazione della normativa vigente - non ha ancora inviato al Parlamento la relazione 2019 sull'export di armi dall''Italia nel mondo. Gli indaffarati deputati e senatori della Repubblica tricolore, però, non se ne sono proprio accorti.
Una
parte delle bombe piovute in testa ai curdi siriani sono made in
Italy. Negli ultimi quattro anni le forniture di armi ad Ankara sono
state un crescendo: 128,8 milioni nel 2015; 133,4 nel 2016; 266,1 nel
2017 e 362,3 nel 2018. Elicotteri da guerra, sistemi di precisione,
bombe, razzi, missili e armi da fuoco per un totale di 890,6 milioni.
La Turchia è nella NATO, è un forte partner commerciale e politico
dell’Europa, non è sottoposta ad alcun embargo e compra i nostri
armamenti. Tutto legale Conte?
La
legge 185 del 9 luglio 1990 (e successive modifiche e integrazioni)
vieta l’esportazione e il transito di materiali di armamento verso
Paesi in conflitto, a meno che non siano stati aggrediti da altri
Paesi (come stabilisce l’articolo 51 della Carta delle Nazioni
Unite), verso Paesi la cui politica contrasti con i principi
dell’articolo 11 della Costituzione e verso Paesi i cui governi
siano responsabili di gravi violazioni delle convenzioni
internazionali in materia di diritti umani, accertate Onu, Ue o
Consiglio d’Europa. Che Ankara violi sistematicamente i diritti
umani è un fatto, come lo è l’eterno conflitto con il popolo
curdo al confine sud della Turchia. Insomma, non dovremmo vendergli
armi da guerra, eppure lo facciamo insieme a Germania, Francia, e
Olanda. Per caso quello della Turchia è un caso isolato?
Il
nostro Paese, ad esempio, viola il Trattato ONU sul commercio delle
armi. L’articolo 13, infatti, prevede che ciascun Stato presenti
annualmente un rapporto sulle autorizzazioni o effettive esportazioni
e importazioni. Bene, l’Italia ha presentato i propri dati
all’agenzia dell’Onu Unroca fino al 2009. Da allora risultano
solo i rapporti2013 e 2014. Siamo, insieme al Lussemburgo il paese
europeo più inadempiente. A livello globale siamo in ottima
compagnia, visto che nel 2018 solo 31 Stati hanno inviato il loro
rapporto. Nel 2006 lo presentarono in 113. Questo dimostra che i
trattati si firmano, e poi non si rispettano. L’unica
documentazione che il Governo italiano presenta pubblicamente ogni
anno, obbligatoria per legge, è la «Relazione sulle operazioni
autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione,
importazione e transito dei materiali di armamento» e l’ultima è
quella relativa all’anno 2018 (volume I, volume II). Cosa attesta
questa relazione? A chi vendiamo e quanto, ma non «cosa» vendiamo.
Negli ultimi quattro anni (2015-2018) sono stati autorizzati
trasferimenti di armi per 36,81 miliardi, cioè oltre 2 volte e mezzo
in più rispetto ai 14,23 miliardi autorizzati nei quattro anni
precedenti (2011-2014). Nella classifica per importi troviamo il
Qatar (1,92 miliardi), Pakistan (682 milioni), Turchia (362 milioni)
ed Emirati Arabi uniti (220 milioni), poi c’è l’Egitto,
l’Afganistan, l’Iraq, il Marocco, la Nigeria.
Rete
Disarmo - unitamente a Mwatana ed ECCHR - ha denunciato all'Autorità
giudiziaria italiana l’illegalità di tali forniture in quanto
bombe italiane sono sicuramente state utilizzate anche in operazioni
di attacco a civili risultanti in morti di uomini, donne, bambini.
Nonostante diverse risoluzioni del Parlamento Europeo (la Risoluzione
del 13 settembre 2017 sull’esportazione di armi e la Risoluzione
del 4 ottobre 2018 relativa allo Yemen) abbiano chiesto agli Stati
membri di porre un embargo sulle forniture militari all’Arabia
Saudita e agli Emirati Arabi Uniti in considerazione delle gravi
violazioni del diritto umanitario, a differenza di altri paesi
europei, il governo italiano non ha posto in atto alcuna sospensione
ed anzi ha continuato a fornire armamenti e munizionamento militare
all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti a cui, nel 2018, sono
state autorizzate esportazioni militari per oltre 220 milioni di
euro. Il presidente del Consiglio pro tempore, Giuseppe Conte, nella
conferenza stampa del 28 dicembre 2018 ha affermato che «Il governo
italiano è contrario alla vendita di armi all’Arabia Saudita per
il ruolo che sta svolgendo nella guerra in Yemen. Adesso si tratta
solamente di formalizzare questa posizione e di trarne delle
conseguenze». Nella Relazione, tuttavia, non risulta alcuna
iniziativa intrapresa dal Governo italiano in questo senso. Al
contrario, per promuovere nuovi ordinativi militari con i paesi del
Golfo Persico, la Difesa italiana ha promosso la “campagna navale”
della fregata FREMM Carlo Margottini. Salpata il 17 gennaio 2019 dal
porto della Spezia, la fregata Margottini ha partecipato al “Naval
Defence Exhibition” (NAVDEX 2019) di Abu Dhabi per promuovere le
attività dell’industria militare italiana e successivamente ha
fatto scalo a Kuwait City (Kuwait), a Damman (Arabia Saudita) e a
Muscat (Oman), ritornando a Gedda (Arabia Saudita) alla fine di
aprile 2019. Nel 2018 sono invece state autorizzate per l’Egitto 6
esportazioni di sistemi militari del valore di 69.131.310 euro che
fanno del Paese del generale Al-Sisi il terzo acquirente di armamenti
italiani tra gli Stati non appartenenti all’UE o alla NATO. Sono
inoltre state svolte, anche sulla base di licenze rilasciate negli
anni scorsi, 61 esportazioni di sistemi militari del valore
complessivo di 31.400.207 euro. Dalla Relazione non è possibile
conoscere gli specifici modelli degli armamenti esportati, ma è
documentata l’autorizzazione per l’esportazione nel 2018 di “armi
e armi automatiche di calibro uguale o inferiore a 12,7 mm.”, di
“bombe, siluri, razzi, missili ed accessori”, di “apparecchiature
per la direzione del tiro”, di “apparecchiature elettroniche” e
di “software”.
A
tale proposito va ricordato che il 21 agosto 2013, il Consiglio degli
Affari esteri dell’UE ha annunciato che gli Stati membri avevano
deciso di “sospendere le licenze di esportazione all’Egitto di
ogni tipo di materiale che possa essere utilizzato per la repressione
interna”, di rivalutare le licenze di esportazione per attrezzature
militari e di rivedere la loro assistenza per la sicurezza in Egitto.
Nonostante il Consiglio non abbia emesso un regolamento in grado di
rendere la decisione giuridicamente vincolante, queste misure
rappresentano un impegno politico che non è mai stato revocato da
parte del Consiglio degli Affari esteri. È
l'omicidio di Giulio Regeni in Egitto? Già dimenticato dalle
autorità nostrane?
Riferimenti:
https://www.famigliacristiana.it/articolo/l-obbedienza-non-e-piu-una-virtu-il-testo-di-don-lorenzo-milani.aspx
http://www.marina.difesa.it/media-cultura/Notiziario-online/Pagine/20190118_campagna_margottini.aspx
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