LA DONNA CHE DISSE NO FRANCA VIOLA, L' ATTUALITÀ DI UNA RIBELLE
La donna del silenzio con una sola parola, «no», si è assicurata l' immortalità. Un gran rifiuto che ha di colpo traghettato le donne siciliane dal medioevo alla modernità. Un doloroso no e poi quarant' anni di silenzio, per sfuggire ai riflettori impietosi della società dello spettacolo, che sulle piroette e sulle lacrime alimenta pietà e illusioni. Ora la storia di Franca Viola, la prima siciliana che in quei giorni di fine 1965 rifiutò il matrimonio riparatore dopo essere stata rapita e "disonorata" da una malacarne ad Alcamo, diventa un racconto che riflette tutto l' impianto della tragedia greca. Titolo: "Niente ci fu" (edizioni La meridiana, 110 pagine, 13,50 euro), scelto per rimarcare come fino ad allora l' atrocità dello stupro a scopo matrimonio non fosse altro che un passaggio normale verso i tarallucci e vino delle nozze. Beatrice Monroy, l' autrice, è una "contastorie" impegnata sul fronte femminista, che ha cominciato con il recitare nei teatri la storia di Franca e di tante altre donne abusate. Il libro nasce da quei recital. L' io narrante è un coro di donne che porta nel corpo e nell' interiorità i graffi del dolore. Queste voci ci accompagnano per tutta la via crucis dell' allora diciassettenne di Alcamo, a cominciare da quel 26 dicembre, l' indomani di Natale, quando nella casa del padre contadino in contrada Arancio, Filippo Melodia spalleggiato da sette scagnozzi la rapisce e la conduce in contrada San Leonardo dove la violenta per otto lunghissimi giorni. Una "fuitina" a senso unico, con un carnefice e una vittima. Con la faccia tosta di addobbarsi a festa per andare a fare la ' mpaciatina, con la famiglia offesa, anticamera delle nozze. Lei è una sparuta ragazzina, appena sbocciata, in una Sicilia ancestrale dove «la bellezza chiama il diavolo». «Vorremmo farti compagnia nella stanzuccia dove il tuo corpo è stato marchiato, dove è stata segnata una traccia che non potrà mai più essere rimossa - scrive l' autrice, a nome del coro - Adesso fai parte di noi, le donne rapite, stuprate. Chiamiamoci tutte Franca Viola perché di te rimarrà il nome, mentre di noi è rimasto solo silenzio». È una tragedia con più protagonisti: Franca, una fanciulla schiacciata dalle circostanze, costretta a portare sul fragile corpo il peso di una sopraffazione immane; suo padre, Bernardo, un uomo di sudore nei campi da "scurua scuru", dall' alba al tramonto, povero e dignitoso che si oppone con insospettata forza al sopruso di chi ostentando i suoi galloni di mafioso, imparentato con il boss del paese Natale Rimi, ritiene di allungare gli occhi e le mani su qualsiasi ragazza sia di suo capriccio. La forza dell' onestà che non si piega nemmeno di fronte a un rosario di intimidazioni, campi devastati, animali falcidiati, fuochi e fiamme. Ma è anche la tragedia di un fratellino, Mariano, con lei rapito e subito però rimandato a casa, e di una madre, Vita, che, come vuole l' ancestrale cultura di quella Sicilia preistorica, non ha voce in capitolo; può solo assistere con il suo dolore pietrificato all' escalation del dramma. Sullo sfondo un paese - dove gli sguardi della piazza sono lame taglienti - incredulo a più riprese: per il rifiuto di Bernardo al fidanzamento, sgarro indigesto alla famiglia di rispetto; per il rapimento con impressionante spiegamento di energumeni; per il no alle nozze; per il processo e la condanna a otto anni di carcere per lo stupratore, che in passato non era mai accaduto. Ma il suo destino di malavitoso è segnato: una scarica di lupara nel 1978 spegne la sua vita. E più in là, l' Italia, dove sono ancora in vigore leggi barbare: l' adulterio femminile condannato col carcere, il "Codice Rocco" che dà la licenza di uccidere con l' alibi di lavare l' onore macchiato, le donne "stradalinghe" - che molte attività svolgono davanti alla casa - costrettea dipendere in tuttoe per tutto dal padre padrone prima e dal marito padrone dopo. Franca con il suo rifiuto sferra il primo colpo di piccone a una impalcatura sociale ormai piena di crepe. Nella finzione letteraria, la Monroy, forse per necessità di rappresentare il costume del tempo nel suo complesso, caratterizza Franca come una creatura passiva che non fa altro che assecondare la volontà del padre in tutti gli snodi della vicenda. Lui così è una sorta di ventriloquo che suggerisce ogni risposta. Nella realtà le cose sono andate diversamente. Abbiamo conosciuto Franca Viola, anzi siamo stati i primi a intervistarla nel 2002, giusto 37 anni dopo il fatto. Una provvidenziale pioggia di aprile ha fatto sì che non ci lasciasse fuori, come aveva fino ad allora fatto con tanti giornalisti che avrebbero voluta parlare con lei. Ha ripercorso per "Repubblica" i suoi otto giorni di calvario e i tanti giorni di angoscia successivi, rifiutando con forza l' etichetta di "eroina". «Capisco di avere fatto una cosa importante solo quando me lo dicono gli altri. Per me ho fatto la cosa più normale del mondo. Rifiutare di sposare un uomo che non amavo e nei cui confronti avevo un grande risentimento per le violenze che mi aveva inferto, le sembra così eroico? È vero, i tempi erano difficili. C' era la paura che dopo il rapimento e la violenza la donna fosse disonorata e quindi destinata a rimanere zitella per tutta la vita. Ma non me ne fregava niente, Avrei preferito mille volte vivere da nubile a casa dei miei genitori piuttosto che sposare un uomo che mi ispirava brutti sentimenti». Altro che assecondare i voleri del padre. Franca voleva l' amore. E lo ha trovato. E qui entra in gioco quello che per lei è il vero eroe. «E oggi credo nell' amore più di prima. Ho avuto la fortuna di incontrare Giuseppe, un uomo meraviglioso. Lui sì che ha fatto un gesto più importante del mio. Io ho solo reagito a un torto. Lui, invece ha sfidato la mentalità del paese, mettendosi contro tutti. Non dimentichi chi era la gente a cui ci siamo ribellati. Ha rischiato la vita ed è lui il vero eroe». Qui, a testimonianza della riservatezza assoluta di Franca, ci piace ricordare che dopo la pubblicazione dell' articolo siamo stati sommersi dalle telefonate di tutti i talk show delle tivù pubbliche e private che chiedevano di essere messi in contatto con la signora di Alcamo. Qualcuno ha messo sul piatto assegni consistenti. Ma lei ha rifiutato senza alcuno indugio. «Ho di che vivere più che bene», ha tagliato corto, rientrando nella sua tana familiare, un marito, due figli e nipoti. Proprio per rappresentare non solo una storia ma il problema delle donne isolane nel suo complesso, la Monroy intercala i vari passaggi della vicenda di Alcamo con le protagoniste della mitologia, da Demetra a Kore, e con le altre vittime della violenza maschilista. Non solo, ma getta anche uno sguardo in quel che accade nel territorio di Alcamo, al confine tra le province di Trapani e Palermo in quegli anni. Così uno zoom porta in primo piano l' assassinio di Peppino Impastato che a pochi chilometri urla a squarciagola la sua ironica avversione al boss Tano Seduto e ai suoi affiliati. Nel "cuntu" della Monroy emerge come un angelo vendicatore l' avvocato Ludovico Corrao, che prende per mano la piccola Franca e gli fa da guida spirituale in tutto l' itinerario processuale. Grazie a lui e al giornale "L' Ora" l' urlo della ragazza di Alcamo, una volta destinata a restare confinata dentro gli angusti confini paesani, divampa in tutta Italia diventando megafono per denunciare una condizione di inciviltà giuridica e antropologica. Ma ci vorranno ancora quindici anni per vedere cancellati dal Codice penale i famigerati articoli 587 sul delitto d' onore e il 544 sul matrimonio riparatore, che legittimavano assassinii, stupri e abusi.
fonte: http://ricerca.repubblica.it
« Non fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi ragazza: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile. Io l'ho fatto in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori »
RispondiEliminaEd è veramente sorprendente che sia ancora viva! Non si finisce mai di imparare...
Buon anno Fabrax ;)