CRISTO MORTO - ANDREA MANTEGNA

domenica 19 maggio 2019

vincere la depressione: le stelle spiegano il destino di Vasco

Vasco Rossi è stato sempre uno dei miei cantautori preferiti, insieme a Fabrizio De André, Rino Gaetano e Edoardo De Angelis. Ascoltando le sue canzoni, ho sempre sentito che doveva soffrire di una profonda depressione latente e di un male di vivere che non lo ha mai abbandonato, neanche negli anni del successo. Dal punto di vista astrologico il suo tema natale è una sorta di capolavoro, perché è il tema di una persona profondamente depressa e bloccata, che però ha raggiunto il successo mondiale proprio grazie a questi blocchi. Analizzarlo può quindi essere di aiuto a tutti coloro che si sono sempre sentiti come Sally, o Jenny, ovverosia depressi, che non vogliono più alzarsi dal letto, che fanno fatica ad andare avanti, che non vogliono più sforzarsi di capire, vorrebbero solo dormire, come Jenny. Il tema natale di Vasco Rossi, più che essere caratterizzato dal suo essere “Acquario”, quindi stravagante, fuori dagli schemi e anticonformista, o peggio ancora dal suo ascendente Vergine, è caratterizzato da quella che, in gergo tecnico, si chiama “grande croce”: è una croce di nome e di fatto, nel senso che chi ha una configurazione del genere nel suo tema ha spesso la vita bloccata in molte manifestazioni, sente che non ce la fa a vivere, tende alla depressione e alla paralisi e spesso formula pensieri di suicidio (viene da domandarsi quante volte Vasco avrà pensato al suicidio nella sua vita, anche durante gli anni del successo… credo molte volte).
Questa configurazione (caratterizzata da due coppie di pianeti in reciproca opposizione tra loro; e Vasco ha addirittura tre coppie di pianeti in opposizione tra loro) è una delle peggiori possibili in un tema natale; ma è anche quella che porta le più Vascograndi opportunità di crescita (è presente infatti nel tema di molti maestri spirituali). E’ la configurazione di chi sente che la vitaè un “perdere tempo” (come dice la canzone “Vivere”); di chi ogni giorno spera che il domani sia meglio, di chi non è mai contento e si sente morto dentro, di chi combatte e sente che ha tutti contro, e di chi spesso domanda a Dio il significato di una vita che ha vissuto e che non ha capito (ma che, proprio a causa di questa domanda, quando trova Dio e trova le risposte che cerca, vive una vita più intensa di quella degli altri). Per uscire da questa situazione di stallo spesso la persona ha bisogno di stimoli esterni, perché da solo sente che non ce la fa: si ha bisogno di droghe, di psicoterapie, di farmaci. Oppure una vita spericolata, oppure un figlio. Vasco lo dice chiaramente nella sua canzone “Benvenuto”: C’ho pensato dopo… c’ho pensato poco; vuoi che sia sincero… ho pensato solo… solamente a noi… A noi due che eravamo qui annoiati ormai… quasi spenti sì davanti alla Ti Vi. In qualunque caso, figlio, droghe, o altro, ci vuole qualcosa, “una scusa che ti può tenere su”  (“Gli angeli”).
La prima cosa che colpisce è quel Saturno in prima casa; una posizione che implica, per coloro che ce l’hanno, una notevole tendenza al pessimismo se non alla depressione vera e propria. Come se non bastasse, il Saturno in prima casa è opposto a Giove, nella casa 7, ovverosia la casa dei sentimenti. Vale a dire, che potenzialmente avrebbe avuto pure le possibilità di costruirsi una vita felice, ma l’opposizione di Saturno (la sua depressione, quindi, e la sua personalità) gliel’ha impedito. Ha avuto infatti sempre rapporti abbastanza tormentati con cui ha cercato, insieme all’alcool e alle droghe, di vincere quel male di vivere che lo tormentava. E il successo? Era iscritto nel suo destino? In un certo senso sì. Nella sua decima casa, quella del successo, troviamo infatti Urano e la Luna, congiunti. Da una parte questo indica che dentro di lui c’era la voglia di successo, la voglia di emergere (“voglio una vita spericolata”); Urano – il pianeta del cambiamento e dell’imprevedibilità – indica un successo di tipo Uraniano appunto, ovverosia o incostante e altalenante o, come nel suo caso, proiettato all’esterno e Il tema natale astrologico di Vasco Rossiimplicante trasformazione e cambiamento in chi lo ascolta; ma questa Luna congiunta a Urano è anche, al tempo stesso, opposta a Venere e a Chirone. In altre parole: non è stato un successo facile, il suo, perché è presente proprio in questo campo un’altra opposizione.
Senza contare che la Luna congiunta a Urano, ovunque essa sia collocata, indica sempre instabilità di umore, cambiamenti repentini di stati d’animo e di sensazioni: insomma, un vero inferno interiore, destinato a seguire i cambi della Luna. Quindi, sì, nel suo destino era previsto che avrebbe raggiunto il successo, ma a prezzo dell’amore (Venere) e del raggiungimento di quell’equilibrio e quell’armonia familiare che lui avrebbe voluto, e che sentiva dentro come qualcosa che forse avrebbe potuto guarirlo dal suo male di vivere (Chirone e Venere sono infatti in quarta casa, la casa delle radici familiari e degli affetti). E soprattutto, era iscritto nel suo destino il fatto che avrebbe raggiunto il successo a prezzo del superamento di tutti quei blocchi presenti nel suo tema natale, dati dalle tre opposizioni presenti in esso. Potremmo poi analizzare molti altri aspetti; il suo Mercurio in Acquario o il suo Marte in Scorpione e in seconda casa, o il suo Sole in quinta casa opposto a Plutone (forse alcune amicizie nella sua vita lo hanno condizionato, nel bene e nel male, e influenzato nella sua potenzialità di godersi la vita?); ma non credo che siano questi i dati rilevanti della sua vita, e che l’hanno portato ad essere ciò che è.
Colpisce, infine, il Nodo Lunare nord in sesta casa (la casa del lavoro) e il Nodo sud in 12esima casa. Chi ha il Nodo sud in 12esima casa (la casa dell’inconscio) è spesso una persona fuori dagli schemi, con una vita particolare, perché ha poca dimestichezza con il suo inconscio, ed è come se le sue azioni fossero mosse da una forza invisibile di cui la persona stessa non si capacita. Probabilmente, se chiedessimo a Vasco perché ha avuto successo, perché è diventato ciò che è diventato, e se può dare consigli a chi vuole seguire la sua strada, risponderebbe: “Boh… io sono stato solo me stesso, e ho solo seguito quello che sentivo” (è questa infatti la risposta che viene data da chi ha questa posizione del Nodo Lunare, quando gli si chiede il motivo delle sue scelte). Il segreto del suo successo, infatti, credo stia qui: Paolo Franceschettinelle sue canzoni ha messo se stesso, la sua rabbia, la sua depressione profonda, e anche le sue evoluzioni di vita e di pensiero, che sono evidenti seguendo la cronologia delle sue opere.
Era un tema natale duro quello di Vasco Rossi. Guardandolo senza pregiudizi, e senza sapere che è di Vasco Rossi, un astrologo si domanderebbe: “Ma una persona così, ce l’ha fatta? Ha una vita normale, o, come Jenny, passa il suo tempo a letto e dormire?”. Il tema natale di Vasco Rossi, e quindi la sua vita, sono qualcosa di meraviglioso come le sue canzoni: sono un invito a non mollare, a continuare a lottare, perché anche se la vostra vita è bloccata e sembra che tutto vi remi contro, nonostante tutto potete farcela, e la vostra vita può diventare un grande sogno, proprio grazie a questi blocchi e a quel male di vivere che sentite. Sono, forse, anche un invito a fare meglio di lui; come se il suo tema natale dicesse: potete raggiungere il successo, potete superare ogni limite anche se avete blocchi ovunque nel vostro tema natale, ma c’è un risultato migliore da raggiungere e che io non ho raggiunto: la pace interiore. Lo dice chiaramente nella sua canzone “Liberi liberi”: soddisfatto di me, in fondo in fondo non lo sono mai stato. Potete farcela. Chiunque può farcela.
(Paolo Franceschetti, “Vincere la depressione: il tema natale di Vasco Rossi”, dal blog “Petali di Loto” del 9 maggio 2019).

fonte: LIBRE IDEE

venerdì 10 maggio 2019

loto: il fiore mistico della consapevolezza


Loto deriva etimologicamente dal latino “lotum”, ovvero “fango” e, non a caso, è il fiore acquatico ermafrodita che si contraddistingue per il fatto di nascere, come le ninfee, tra le acque putride e stagnanti, riuscendo a conservare intatta ed incontaminata la sua immacolata bellezza.

Il fior di loto è un simbolo mistico molto antico e, presso le religioni e filosofie orientali, rappresenta l’emblema profondo della purezza (pari al nostro giglio bianco) e consapevolezza del Sé.

Ha assunto, nel tempo e nei diversi contesti, molteplici significati carichi di spiritualità, in quanto elemento portante di una simbologia densa che s’intreccia alle discipline dello yoga e della meditazione zen.

Può essere di vari colori e ad ognuno è attribuita una precisa accezione. Il più noto è il loto blu ...


Loto: tra storia e simbologia

Questo fiore dal profumo inebriante, interamente commestibile e ricco di racconti è ritenuto il “fiore più antico del mondo”, molto ricorrente nella cultura egizia (basti pensare, per esempio, alle colonne dell’antico Egitto ornate da fiori di loto aperti o chiusi, o immagini di quel tempo).

Tre semi di loto risalenti a duemila anni fa furono ritrovati intorno agli anni ’50 in Giappone, dove furono coltivati ed il fiore fu denominato “Loto Ohga” e riconosciuto anche come pianta medicinale per la sua dolce fragranza.

Gli antichi Egizi lo chiamavano “Seshen”, era per loro simbolo sacro di rinascita, utilizzato anche come sonnifero naturale per le sue qualità rilassanti. Raffigurato sullo scettro della dea Iside, fa riferimento alla fertilità delle acque melmose del fiume Nilo, incarna il dio Sole e anche Nefertum dalle cui lacrime nascono gli uomini. E’ inizio e fine al contempo.

Ricorrente nei rituali e sulle pitture funerarie, il fior di loto è il simbolo della reincarnazione e della vita oltre la morte.

Presso i Buddhisti, si carica di significati sempre più intimi e preziosi, fino a personificare la purezza, la fedeltà ed il risveglio dell’anima. 


Mentre sboccia al mattino rappresenta l’illuminazione ma, può incarnare anche il misticismo, la pazienza, il superamento degli attaccamenti alla vita terrena, l’annullamento di desideri futili ed effimeri, la fiducia e l’autocoscienza.

Tutti questi significati sono legati alla sua conformazione, sorreggendosi questo fiore su uno stelo sottile che affonda le sue radici nel fango e finendo così per essere un po’ metafora e paradosso della vita, in cui la resistenza e la voglia di lottare vincono sulle difficoltà.

La sua corolla a forma di calice simboleggia la perfezione della creazione e rievoca il ventre materno pronto ad accogliere, divenendo, dunque, anche allegoria della femminilità.

I suoi otto petali rimandano al senso dell’armonia e dell’infinito, dell’Universo permeato di divino.

Nell’Induismo, questo modello floreale è associato alla prosperità, alla bellezza e all’eternità. 

Molte divinità infatti sono raffigurate con in mano un fior di loto o sedute in cima ad un tale esemplare e, in quanto simbolo stesso dello Yoga e della persona realizzata, esso è associato ai sette Chakra.

Il settimo Chakra, che è quello più alto, rimanda al loto dai mille petali e corrisponde alla totale trasparenza e innocenza del cuore e della mente.

Loto: la leggenda italiana

Leggenda italiana narra che, molto tempo fa, alla foce del fiume Po vi fosse una palude piena di fiori di loto bianchi e rosa, i quali proteggevano il regno invisibile delle fate.

I residenti delle vicinanze avevano un gran rispetto per quel luogo misterioso e magico ma, un ragazzo curioso tuffandosi nelle acque incantate, proprio nel punto dove si diceva vi fosse la porta del regno fatato, riuscì, in seguito a svariati tentativi, ad entrare nel mondo parallelo. Incontrate qui le fate, queste gli offrirono un dono da scegliere tra un forziere pieno di ricchezze e una fata bellissima.


Il giovane preso dal desiderio di aiutare la sua famiglia, scelse l’oro e, pur assicurando un’esistenza agiata ai suoi cari, non fu in grado di dimenticare l’inenarrabile fascino di quella creatura che lo aveva ammaliato e si lasciò lentamente morire. La sua punizione fu quella di non conoscere mai l’amore per aver fatto la scelta sbagliata.

La leggenda rimanda al fiore di loto nella misura in cui vuole insegnarci che nella vita conta saper distinguere l’essenziale, trovare la capacità di elevarsi ad una condizione superiore che implica la purezza d’animo e il giusto distacco dai beni materiali poiché tutto ciò che conta veramente è la felicità dell’anima più di ogni altro bene reale. Mirare alla perfezione anche senza necessariamente raggiungerla ma… quanto meno provarci mettendocela tutta!



Loto: tra Yoga e colori

In definitiva, il loto ritorna anche nello Yoga e nel Tantrismo, in queste filosofie orientali che mirano alla purificazione della mente, dove prende il nome di “Padmasana”, ovvero dal sanscrito “padma” (loto) e “asana” (posizione). E’ questa la classica posizione comoda della seduta a gambe incrociate e con le mani raccolte in grembo o appoggiate sulle ginocchia con i palmi verso l’alto o verso il basso.

Tale “posizione del loto” favorirebbe la concentrazione durante la meditazione creando un clima di calma da cui trae beneficio tutto il sistema psico-fisico dell’individuo.

Altra curiosità interessante è scoprire il significato dei diversi colori del loto:
- Blu: intelligenza, saggezza, conoscenza.
- Bianco: candore della mente, riappacificazione con la propria natura, pace interiore.
- Rosa: è il più elevato, considerato il loto del Buddha, la Perfezione assoluta, Dio.
- Rosso: rappresenta i sentimenti del cuore, compassione, amore.
- Viola: esoterismo, misticismo, percorso di cambiamento che porta al risveglio.

Il fiore di loto o “Nelumbo” vuole spronarci a dare sempre il meglio di noi stessi. E’ un invito positivo a, semplicemente… migliorarci!

Pasqualina Giusto




domenica 5 maggio 2019

Santa Maria Margherita Alacoque, tra schizofrenia e misticismo


Questa è la strana storia di una donna particolare che divenne santa nel 1920. 
Il suo nome era Margherita Alacoque. Nacque il 22 luglio 1647 a Lautecourt, nei pressi di Verosvres, in Borgogna. La sua famiglia era numerosa e molto religiosa. Claude, il papà, era notaio. Philiberte Lamyn, la mamma, era casalinga e benestante di famiglia, essendo a sua volta figlia di un notaio. Margherita aveva quattro fratelli, due dei quali morirono molto giovani a causa della loro salute cagionevole. 
A 8 anni rimase orfana di padre. In seguito a questo tragico evento, la madre decise di affidare la sua crescita e formazione alle suore Clarisse, inviandola in una struttura gestita da loro. 
La vita in collegio le fece maturare nel cuore la convinzione che solo dedicando la propria vita a Dio e al servizio degli ultimi, avrebbe potuto dare uno scopo alla sua esistenza. Decise così di prendere i voti. Nel 1669 ricevette il sacramento della cresima e aggiunse al suo nome quello di Maria. Successivamente entrò nell’ordine della Visitazione di Santa Maria, fondato nel 1610 da san Francesco di Sales, in un convento a Paray-le-Monial. La sua famiglia non era d’accordo, sognava per lei, vista l’educazione ricevuta, ben altro futuro. 


Margherita era molto determinata, non ascoltò nessuno. Le sue memorie e un libro scritto da alcune novizie che la conobbero, ci regalano una visione dettagliata di questa donna, che lascia alla storia e ai posteri la sua personale interpretazione del sacrificio, del donarsi agli altri e dell’espiazione dei propri peccati, oltrepassando limiti, a mio personale avviso, invalicabili dalla maggioranza delle persone. 
Misticismo? Follia? Amore incondizionato per il Signore? Dedizione a chi era sofferente e bisognoso? Cosa la spinse nel suo agire non lo sappiamo con certezza. 
Margherita inizia il suo cammino nella fede molto presto. Secondo i suoi diari, avrebbe fatto voto di castità già a 5 anni. Ma fu la vita monastica a cambiare profondamente il suo essere, portandola in una dimensione personale che solo lei e pochi altri potevano comprendere e da cui non uscì più. 


Per la prima volta, nel dicembre 1673, dichiarò di aver incontrato Gesù durante un’apparizione. Con lui conversava e raccoglieva le indicazioni che il figlio di Dio le consegnava. Queste visioni durarono fino alla morte della donna, suscitando molti dubbi in chi le stava accanto ogni giorno. La giovane monaca si distinse per la dedizione con cui curava i malati che incontrava. Per alcuni di essi, particolarmente sofferenti provava repulsione e questo senso di distacco la faceva sentire in difetto verso il Signore che l’aveva incaricata di occuparsi di loro. Per cancellare la vergogna di questo suo sentimento meschino e terreno, si autopunì compiendo gesti estremi, per mortificare il suo corpo e il suo spirito ingrato. Ella stessa racconta che un giorno, prendendosi cura di una donna sofferente che aveva rigurgitato sul pavimento, si senti nauseata da quella visione. Pentita della pochezza di quel sentimento, non poté sottrarsi dall’impulso irrefrenabile di pulire il vomito con la lingua e di ingoiarlo, donando quel gesto a Dio per dimostrare la propria devozione e il proprio pentimento. In un passo del libro “Vita della Venerabile madre Margherita Maria Alacoque”, le novizie che la conobbero e che furono da lei istruite, testimoniano il suo agire raccontando che un giorno, la suora. Mortificata dal disgusto provato verso una paziente affetta da dissenteria, si sentì costretta, per chiedere perdono all’Altissimo di quel sentimento incontrollato, mentre andava a buttare i panni sporchi di feci liquide e maleodoranti, a intingervi la lingua e a riempirsene la bocca. 
Margherita compiva atti di penitenza ogni giorno, mortificando corpo e spirito appena ne aveva la possibilità. Era solita recitare il rosario piegata sulle ginocchia nude, oppure facendo una genuflessione e baciando il suolo ad ogni Ave Maria. 
Spesso legava il proprio corpo con grosse corde ruvide e nodose, offrendo la propria sofferenza al Signore. A volte la legatura era tanto stretta da impedirle di respirare agevolmente o di mangiare; i solchi che le lasciavano addosso erano a tal punto gravi che quando procedeva a slegarsi, si strappava anche lembi di pelle. Non paga di quel dolore profondo, si cingeva le braccia con piccole catene, che nascondeva sotto gli abiti per giorni. Una volta rimosse le lasciavano la carne a brandelli. 
La mortificazione del suo corpo si concludeva la sera, quando andava a coricarsi o su un nudo asse o su bastoni nodosi. 


La sua lotta contro quei sentimenti negativi verso chi era sofferente era continua. Provando ribrezzo per le piaghe, prese la decisione di accudire proprio quei malati che ne erano affetti. Oltre alle amorevoli cure, per chiedere perdono di ciò che il suo cuore provava, prese a baciare le più purulente e disgustose. 
Durante la Quaresima offriva il proprio sangue a Dio, conficcandosi aghi nelle dita; compiva anche atti di flagellazione per ricordare la pena subita da Gesù prima della morte. 
Ricercava con ogni mezzo la sofferenza, non considerandola mai abbastanza per farla sentire degna di essere al cospetto del Signore. Il dolore era il suo unico sollievo alla vita terrena. 
Queste sue frequenti stranezze non passarono inosservate agli occhi di chi condivideva il convento con lei. Le sue consorelle e il priore la guardavano con sospetto, non comprendendo i suoi comportamenti ritenuti oltre ogni logica. Molti dubitavano delle apparizioni che raccontava di avere. I suoi dialoghi con Gesù non convincevano nessuno, soprattutto perché in seguito a queste mistiche conversazioni era solita mortificarsi. 
Ma qualcuno le credeva, riteneva veritieri i suoi racconti. A difenderla dagli attacchi della chiesa locale e dei suoi superiori fu Claude de la Colombière, che divenendo suo padre spirituale, intravide in lei il sacro fuoco della fede. Col suo appoggio e con quello di Giovanni Eudes, diffusero il culto del Sacro Cuore di Gesù. 
In vita Margherita, ricevette durante le sue visioni, delle rivelazioni personali, che la spinsero ad andare avanti nel suo operato nonostante gli ostacoli quotidiani che le rendevano difficoltoso il cammino. Si spense il 17 ottobre 1690, nel convento in cui aveva trascorso la maggior parte della sua esistenza. 
Nel settembre del 1864 Margherita Maria Alacoque fu beatificata da papa Pio IX. Durante il pontificato di papa Benedetto XV, nel 1920, venne canonizzata. 
Di lei resta il ricordo delle sue stranezze e della sua completa dedizione al prossimo sofferente.

Rosella Reali

fonte: I VIAGGIATORI IGNORANTI

Bibliografia
Ivan Gobry, Margherita Maria Alacoque e le rivelazioni del Sacro Cuore, 1989 

Alberto Macchi, Pompeo Batoni e il Sacro Cuore di Gesù, Prefazione di P. Casimiro Przydatek S.J., Colosseo Editore, Roma 2006 

Santa Margherita Maria Alacoque, Autobiografia, Edizioni AdP Apostolato della Preghiera, 2015 

ROSELLA REALI
Sono nata nel marzo del 1971 a Domodossola, attualmente provincia del VCO. Mi piace viaggiare, adoro la natura e gli animali. L'Ossola è il solo posto che posso chiamare casa. Mi piace cucinare e leggere gialli. Solo solare, sorrido sempre e guardo il mondo con gli occhi curiosi tipici dei bambini. Adoro i vecchi film anni '50 e la bicicletta è parte di me, non me ne separo mai. Da grande aprirò un agriturismo dove coltiverò l'orto e alleverò animali. 
Chi mi aiuterà? Ovviamente gli altri viaggiatori.
Questa avventura con i viaggiatori ignoranti? Un viaggio che spero non finisca mai...

mercoledì 1 maggio 2019

Nostra Signora del Templari: sapete cos’è bruciato a Parigi?

Quanti sanno che la cattedrale di Notre-Dame de Paris è un progetto templare dedicato in apparenza alla Maddalena, ma in realtà alla Dea Madre, la Terra? Lo afferma il simbologo Paolo Franceschetti, avvocato, a lungo impegnato a far luce su misteri italiani e delitti rituali. In un intervento a “Border Nights” all’indomani del rogo nella capitale francese, Franceschetti rivela che Notre-Dame, dopo Chartres, doveva servire a «riportare sulla Terra l’energia femminile, oscurata per secoli dal Vaticano». Il web complottista è a caccia di possibili retroscena sull’eventuale origine dolosa del disastro. L’unica certezza, per ora, è la sicurezza ostentata dalle autorità, convinte di poter escludere la pista terroristica. L’ombra del templarismo, però, negli ultimi anni ha scosso Parigi: richiamavano direttamente la simbologia templare gli attentati affidati alla manovalanza dell’Isis. Una strana “firma”, per siglare fatti di sangue particolarmente efferati, come se si trattasse di una vendetta: proprio a Parigi fu bruciato sul rogo Jacques de Molay, l’ultimo gran maestro dell’Ordine del Tempio, i cui superstiti poi confluirono in parte nella futura massoneria (di seguito, le riflessioni testuali di Franceschetti).
Cosa potrebbe voler dire, oggi, colpire Notre-Dame? In teoria, dovrebbe servire a portare ancora più squilibrio in un’epoca in cui lo squilibrio è voluto e preventivato. “Deve” esserci: anche astrologicamente, siamo in un periodo di squilibrio. L’attuale Paolo Franceschetticongiunzione di Plutone con Saturno è terribile, e quindi stiamo subendo anni terribili (chi conosce l’astrologia sa che, da quel punto di vista, “deve” andare così). E probabilmente ci sono forze del bene che sono “troppo forti”, quindi qualcuno potrebbe aver voluto ripristinare – in negativo – l’equilibrio. Notre-Dame è una delle chiese templari più importanti del mondo, insieme a quella di Chartres. Chratres è la prima, e anche la più bella. I Templari, poi, resisi conto che il simbolismo di quella cattedrale era un po’ troppo evidente, insieme ad altre cose che avrebbero voluto celare, nelle cattedrali successive quei simboli li hanno resi più criptici, più difficili da decifrare. Quindi Notre-Dame è un gradino sotto Chartres, come bellezza e anche come simbologia, però è il simbolo della divinità femminile: per questo non l’hanno chiamata “Maria, madre di Gesù”, o Madonna. No, è Notre-Dame: nostra signora, cioè un titolo generico dato a una divinità femminile.
In Notre-Dame, i Templari vedevano più la Maddalena, che la Madonna. Dante Alighieri, nella sua Divina Commedia – dicono gli esperti – cita la “madonna” diverse decine di volte, ma la verità è che Dante (tranne che in un passo, in cui cita davvero la madre di Gesù) non cita mai Maria di Nazareth: è sempre un’altra figura, mai ben identificata – la Maddalena, o altro: non c’è comunque mai un riferimento esplicito alla Madonna. E Dante era un templare: sappiamo che scrisse la Divina Commedia proprio quando i Templari andavano a processo e temevano di essere distrutti. Per evitare che fosse disperso il patrimonio di conoscenze templari e rosacrociane Dante scrisse quell’opera, che è la sintesi della sapienza templare. Senza mai alludere a Maria, madre di Gesù, i Templari hanno dedicato alla “madonna” tutte le loro chiese. San Bernardo è il vero creatore dei Templari, anche se non quello ufficiale: all’inizio, più della metà dei Templari erano suoi parenti, o conoscenti intimi. Quindi, dietro ai Templari c’erano San Bernardo e il movimento cistercense. San Bernardo era un devoto della “madonna” e diffuse Il rogo di Notre-Damequel culto. Attenzione: non il culto della Madonna, ma il culto del femminile. Voleva ripristinare il culto dell’energia del femminile, violata dalla Chiesa cattolica, che era prettamente maschilista e aveva distrutto tutto ciò che era energia femminile.
Fu questo che i Templari ripristinarono. Come? Costruendo una serie di cattedrali, che non a caso – se unite idealmente da trattini di penna, sulla carta geografica – formano la costellazione della Vergine. Era un modo per riportare in Terra l’energia della Vergine, cioè l’energia femminile. Le cattedrali gotiche, infatti, sono immense centrali energetiche: da una parte servivano energeticamente a elevare l’aura di chi vi entrava, anche a loro insaputa, e dall’altra quelle “centrali energetiche” dovevano riportare sulla Terra l’energia femminile oscurata e messa in disparte dalla Chiesa cattolica. Quindi, Notre-Dame è il simbolo dell’energia femminile. I Templari sapevano che, nei tarocchi, il Mondo – la ventunesima carta, quella che termina il ciclo degli arcani maggiori – è rappresentato da una donna. La donna è al centro di un ovale, con ai lati i quattro evangelisti. Chiaro il messaggio: la Terra è un essere vivente, ed è femminile, dotato di energia femminile. I Templari erano convinti del fatto che uno degli squilibri che determinavano l’assetto del mondo – allora come oggi gravato da guerre, carestie – fosse proprio l’eccesso di energia maschile. In quel modo, con quelle cattedrali, intendevano restaurare il femminile nel mondo. E Notre-Dame è la più importante, di quelle cattedrali-simbolo del femminile come equilibrio, e anche della Terra come essere vivente.
I Templari pensavano che siamo tutti figli, parti infinitesimali di questo essere, la Terra, che è molto più grande di noi, al punto da sfuggire alla nostra comprensione. Gli stessi antichi, del resto, la pensavano come un essere vivente (non a caso la si chiama Madre Terra, spesso ritenendola una dea, esattamente come gli altri pianeti: esseri viventi superiori a noi). Noi pensiamo di essere l’unica forma di vita importante nell’universo, e usiamo anche su Marte i nostri parametri vitali, perché abbiamo stabilito che solo la nostra è vita. Ma questa è una follia. I Templari invece erano degli iniziati che conoscevano perfettamente queste realtà. Infatti hanno costruito quei capolavori, le cattedrali, su cui ci sarebbe molto da dire: i loro sistemi simbolici sono tuttora sconosciuti a molti ricercatori, che si domandano come mai avessero costruito determinate cose, e non riescono a capire come siano state erette quelle guglie altissime con dei mezzi che oggi faremmo fatica a utilizzare, per arrivare Moro nelle mani delle Brallo stesso risultato. Ecco i maestri costruttori: la scienza del costruttore era la scienza del vero sapiente, da cui poi nacque la massoneria. Liberi muratori, appunto: la loro era la scienza dei costruttori, impegnati a “riportare il divino in Terra”.
Agli scettici vale la pena ricordare alcuni numeri, che riportano il templarismo nella storia recente. Per esempio, il “processo” che le Brigate Rosse fecero ad Aldo Moro inizia 666 anni dopo il processo ai Templari. Qual era il simbolo delle Br? La stella a cinque punte. E qual era, invece, il simbolo della Dc? La croce rossa su sfondo bianco: la stessa dei Templari. Quindi, secondo un’interpretazione simbologico-esoterica (fondata sul ribaltamento speculare, ndr), erano “i Templari” che vendicavano se stessi, dopo 666 anni. Essendo stati distrutti ai primi del 1300, e avendo il loro ultimo maestro Jacques de Molay giurato vendetta contro il sovrano e contro il Papa, i Templari hanno continuato a lavorare in segreto. Si sono ricostituiti e hanno portato a compimento quello che era il loro progetto: l’Europa unita, verso un mondo unito. Il Nuovo Ordine Mondiale, sostanzialmente, è un progetto templare. E dato che con la morte di Moro partiva una nuova era finanziaria – perché lo Sme, il nuovo sistema monetario europeo, partì subito dopo la morte di Moro – quel delitto politico può essere considerato, esotericamente, come un immenso sacrificio rituale, di portata internazionale, per sancire e formalizzare l’inizio dell’Unione Europea. Lì nacque il progetto della moneta unica, che ha comportato l’attuale devastazione socio-economica.
“La Repubblica” scrive che l’incendio della cattedrale di Notre-Dame è «la Waterloo dell’idea di nazione». E aggiunge: «Il fuoco è cieco, è vero; ma nell’Europa che diventa sovranista, con Notre-Dame sta bruciando l’idea di nazione», visto che quello andato in fiamme «è il tetto che ci copriva tutti». Dunque le nazioni danno sempre più fastidio, al progetto mondialista? Si utilizza un simbolo per fare un discorso politico? Probabilmente, dietro a questi articoli, c’è un messaggio in codice. Cosa volevano fare, i Templari? Volevano fondare un unico Stato internazionale, e infatti crearono i loro centri, chiamati “commende”, dal Portogallo alla Terra santa. Erano monaci e guerrieri; riunivano regalità (la saggezza del sovrano) e Jacques de Molayspiritualità. L’unione tra regalità e spiritualità era andata distrutta. Anticamente, il Re era anche sacerdote, e spesso era saggio. Prima di Carlo Magno, in Francia, regnavano i Re Merovingi, che erano saggi Re-sacerdoti. La loro memoria è stata distrutta, ma era stata un’epoca straordinaria: ai tempi dei Merovingi non c’erano analfabeti, perché era il Re che insegnava alla popolazione. Si racconta che guarissero i malati con il tocco delle mani, perché avevano compiuto profondi percorsi spirituali (tutte cose di cui, oggi, gli storici riderebbero).
I Templari, dunque, volevano instaurare un sistema di Re-sacerdoti, di monaci guerrieri ma saggi, e che fosse transnazionale, oltre gli Stati nazionali. Ci stavano riuscendo, infatti, e in modo geniale: con il denaro. Il loro unico obbligo era la protezione dei pellegrini in Terra santa (non potevano impugnare le armi per altri motivi). Cominciarono allora a prestare denaro a tutti gli Stati. Formalmente dipendevano dalla Chiesa, ma in realtà erano una specie entità indipendente, di Stato all’interno dei vari Stati. Alla fine, divenuti troppo potenti, vennero scoperti e distrutti. Poi però hanno rifatto lo stesso progetto: il Nuovo Ordine Mondiale è un sistema ideale, retto da iniziati assai più saggi del popolo, idonei a governare la massa. La democrazia? E’ solo teorica: per l’autogoverno del popolo servirebbero le informazioni essenziali, che invece la massa non ha. “Loro” sanno benissimo che la democrazia è una burla, e infatti l’hanno instaurata proprio per poter governare in segreto, in silenzio, per poi instaurare questo Nuovo Ordine, il cui ruolino di marcia sta avanzando perfettamente. Uno degli strumenti che i Templari usarono per ottenere il potere era il denaro: loro, infatti, hanno creato il sistema finanziario attuale. Erano il Templaribanconmat dell’epoca: potevi depositare il denaro in una loro “commenda” ottenendo in cambio un certificato; andavi in giro con quello e non con le monete, così non rischiavi di essere derubato, e poi potevi ritirare il capitale in qualunque parte del mondo sotto il loro controllo.
Di fatto, i Templari hanno fondato il sistema bancario attuale. Hanno creato poi la Svizzera, provvedendo a renderla indipendente da ogni altro Stato. Non a caso la bandiera della Svizzera è il simbolo templare, sia pure leggermente modificato nel colore. E avendo giurato di distruggere la Chiesa e gli Stati nazionali, stanno tuttora perseguendo quell’obiettivo. Come lo distruggono, uno Stato? Sempre nello stesso modo, col denaro: le crisi economiche. Usano quello stesso strumento che i primi Templari avevano creato per il benessere di tutti, e che non era stato capito. Le forze oscure all’epoca distrussero i Templari, e oggi i loro “eredi” si vendicano, metaforicamente, distruggendo tutto a loro volta, sempre con quel denaro che si voleva utilizzare per il bene del popolo. La verità è che nei secoli questi Templari, poi confluiti anche nella massoneria, hanno sì limitato il potere degli Stati nazionali e abbattuto il potere temporale della Chiesa cattolica, ma sono stati infiltrati dalle correnti peggiori, quelle più nere. Così abbiamo il perseguimento di questa agenda, che va verso un Nuovo Ordine Mondiale. Teoricamente sarebbe un obiettivo condivisibile, ma non con questi mezzi – cioè la distruzione sistematica di intere popolazioni, disagi sociali, guerre a ripetizione nei paesi del terzo mondo per farne emigrare gli abitanti e preparare qui una immensa mescolanza, facilmente centralizzabile quando – fra qualche decennio – le nazioni non esisteranno più.
(Paolo Franceschetti, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti nella trasmissione web-radio “Border Nights” del 16 aprile 2019).

fonte: LIBRE IDEE

venerdì 19 aprile 2019

Julian Assange: punirne uno per educarne cento

di Piero Cammerinesi

Non me la prendo con il Deep State USA che ha atteso pazientemente sette anni prima di riuscire a mettere le mani su Julian Assange; il gelido odio dei poteri forti allorché viene smascherata la loro protervia e la loro menzogna sa attendere. In fondo - come si dice - la vendetta è un piatto che si consuma freddo.

Non me la prendo con Hillary Clinton che ieri non è riuscita a dissimulare la sua esultanza di fronte alla cattura del giornalista australiano, trascinato fuori come un animale da macello dall’Ambasciata ecuadoriana, citando anche le parole che usò di fronte al vergognoso assassinio di Gheddafi, infilzato da una baionetta nell’ano: “We came, we saw, he died”; in fondo gli sciacalli sono sciacalli, il loro karma è di nutrirsi di cadaveri, altro non possono fare.

Non me la prendo con il presidente ecuadoriano, il vile Lenín Moreno, che di fronte alle pressioni - ed al fiume di dollari di finanziamenti USA - ha tradito non solo Assange ma anche la sua propria dignità, il suo popolo ed ogni legalità internazionale; in fondo i politici - nella maggior parte dei casi - sono come le prostitute; vanno con chi offre di più ...


Non me la prendo neanche con l’ineffabile Donald Trump, che dopo aver dichiarato più volte la sua simpatia per Wikileaks - in campagna elettorale diceva “I love Wikileaks”- oggi ha dichiarato “I know nothing about WikiLeaks” e “Wikileaks is not my thing”; in fondo un presidente - se vuole sopravvivere - deve fare la marionetta dei poteri veri e allora: “chi volete crocifisso Barabba o Gesù?”.

E non me la prendo neppure con il colpevole, miserabile, osceno silenzio dei vassalli e dei servi sciocchi degli USA, tutti quei Paesi che hanno paura della propria ombra e dicono una parola per poi rimangiarsela il giorno successivo; in fondo i servi sono tanto più servi quando si credono liberi.

Me la prendo invece con i miei colleghi giornalisti, con le presstitute che si sfregavano le mani quando i quotidiani vendevano più copie grazie alle rivelazioni di Wikileaks, grazie al coraggio di whistleblower come Assange, Manning, Snowden ed oggi si voltano dall’altra parte per non urtare i carnefici della libertà di stampa.
"Hai visto mai che oltre ad essere pagato 8 euro a cartella per i miei ‘pezzi’ mi licenziano pure?"

Ho fatto una ricerca oggi - non un mese dopo ma all'indomani del vergognoso arresto di Assange - sulle principali testate on line italiane e ho notato con profondo disgusto che la notizia è scivolata a fondo pagina, sommersa non solo da notizie di primo piano, ma anche dalla cronaca locale quando non dai...consigli per gli acquisti.

“Sssst…non date più peso alla notizia, tanto poi il popolo bue se ne dimentica”.
“Va bene direttore…”

In fondo che ce ne frega di Assange, qui abbiamo ben altre cose di cui occuparci, c’è il processo Ruby bis, i concorsi farlocchi della Sanità umbra, la preoccupazione di Mattarella per il richiamo di Bruxelles. Volete mettere?

Il punto però è un altro, cari amici.

Julian Assange è solo la vittima sacrificale di questa vergognosa vicenda; quello che qui si vuole soffocare è la libertà di espressione, quello che si vuole eliminare è la possibilità di smascherare la protervia del potere, quello che si vuole uccidere non è solo lui, ma la dignità di ogni essere umano cui viene impedito di conoscere il reale svolgimento dei fatti.

Anche la vostra dignità, di voi che leggete queste righe.


“Pillola blu o pillola rossa?”
“Volete restare nella Matrix o rischiare di uscire dalla narrazione imposta e fare la fine di Assange?”

Decidete voi...

Fonte: liberopensare.com

Si può leggere anche:
Julian Assange: "Google è diventato malvagio"

fonte: LA CREPA NEL MURO

venerdì 5 aprile 2019

antisemitismo: tutto quello che avresti voluto sapere e non hai mai osato chiedere



Chi è un ebreo?

E’ una persona di religione ebraica, o che comunque condivide cultura e valori dell’ebraismo; è ebreo chi nasce da madre ebrea o si converte. 
Ciascun ebreo ha caratteristiche fisiche e comportamenti sociali differenti.

La religione ebraica è la prima religione monoteista della storia. 

In seguito alla diaspora, ovvero alla dispersione del popolo ebraico su tutto il territorio mondiale, essa si è declinata nel corso dei secoli in modo leggermente diverso nei singoli contesti ed ha assunto caratteristiche specifiche in base ai luoghi e ai tempi con cui veniva in contatto, così che ad oggi essa ingloba al suo interno vari modelli di religiosità, tutti però accomunati dalla condivisione di certe norme culturali comuni.

Dove vivono gli ebrei?

Nel 70 dell’era volgare il tempio di Gerusalemme venne distrutto dai Romani. Da quel momento il popolo ebraico si disperse ed errò in lungo e in largo, trovando domicilio in ogni paese del mondo.La dispersione degli ebrei (denominata diaspora) fuori dalla Palestina iniziò però nel VI secolo prima dell’era volgare, quando il Tempio di Gerusalemme venne distrutto, e gran parte della popolazione ebraica deportata a Babilonia.Nel Medioevo le comunità ebraiche dell’Europa settentrionale e occidentale subirono molte persecuzioni e spesso furono espulse dai paesi di residenza. A partire dalla seconda metà del Settecento i principali centri della diaspora furono quelli dell’Europa orientale e dalla seconda metà dell’Ottocento vi fu un consistente movimento migratorio verso gli Stai Uniti. Dalla fine dell’Ottocento crebbe rapidamente il movimento di colonizzazione della Palestina ..

Nel maggio del 1948, tre anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, l’Onu dichiarò la creazione dello Stato d’Israele 

Da quel momento molti ebrei reduci dell’appena conclusa persecuzione ebraica si trasferirono in quella che veniva considerata la Terra Promessa, aggiungendosi a coloro che vi erano arrivati allo scoppio delle leggi razziali e a coloro che vi abitavano ancor prima.

Nonostante ciò, le persone di religione ebraica vivono ancora in grande misura fuori da Israele.In Italia per esempio ci sono ebrei da oltre duemila anni. Hanno ottenuto l’emancipazione giuridica, ossia l’uguaglianza dei diritti, nel corso del Risorgimento. Da allora, si possono trovare ebrei italiani in ogni ceto sociale e attività.

Ma allora dire ebreo non è come dire israeliano?

No, la parola “ebreo” indica una categoria religiosa , mentre “israeliano” una categoria nazionale. Esse non sono sinonimi, né vanno per forza a braccetto, benché molti ebrei siano di fatto cittadini israeliani ed Israele sia uno stato ebraico. Detta in altre parole, un ebreo può essere cinese, giamaicano o islandese; africano, americano o europeo. Un israeliano musulmano, cristiano, ebreo o buddista.

Cos’è l’antisemitismo?

E’ un sentimento, una teorizzazione o un comportamento di avversione, disprezzo, discriminazione o persecuzione contro gli ebrei. In alcuni casi è violento, come nella Shoah. L’antisemitismo è sempre basato su stereotipi e pregiudizi, ossia sull’assegnazione a tutti gli ebrei di caratteristiche uguali.

Cosa c’è alla radice dell’ostilità antisemita?

L’ostilità antisemita è un sentimento di inimicizia, di avversione, manifesto o nascosto, verso gli ebrei in quanto tali: tale sentimento, che può esprimersi in forme meditate o impulsive, affonda le sue radici nel pregiudizio. Per pregiudizio intendiamo un’opinione acritica che precede e preclude il giudizio razionale e che genera un sentimento negativo (ostilità) nei confronti di una persona che appartiene a un certo gruppo e solo per il fatto che appartiene a questo gruppo. Nel nostro caso, ostilità verso gli ebrei in quanto ebrei. 

Il meccanismo del pregiudizio incasella automaticamente le persone in una categoria o gruppo attribuendo loro, individualmente, le caratteristiche negative preconfezionate ritenute tipiche di quella categoria o gruppo (“Tutti sanno che gli ebrei…”, “Gli ebrei sono tutti…”, ecc.) Resta aperta la questione: perché a quel particolare gruppo si attribuiscono le caratteristiche negative che il portatore di pregiudizi proietta su tutti i suoi componenti? La risposta sta nell’esistenza degli stereotipi.

Che cos’è uno stereotipo?

Gli stereotipi sono l’insieme delle caratteristiche preconfezionate, attribuite come tipiche, a una categoria o gruppo sociale, sono una sorta di immaginario collettivo a cui attinge il pregiudizio individuale. Gli stereotipi non sono quindi una creazione individuale ma vengono appresi dall’ambiente; essi rappresentano la controparte sociale e la fonte di alimentazione dei pregiudizi individuali. La creazione e l’arricchimento degli stereotipi riflette l’esercizio nel tempo del potere culturale, religioso e politico esercitato da un gruppo maggioritario e forte ai danni di un gruppo minoritario e debole.


E’ vero che gli ebrei sono sempre stati perseguitati nella storia?

No, non è vero. Nel corso dei secoli vi sono stati sia periodi di dura persecuzione sia periodi di felice convivenza o di civile coesistenza tra la maggioranza della popolazione e la minoranza ebraica.

Da dove arriva l’immagine dell’ebreo “usuraio” e “strozzino”?

L’immagine dell’“ebreo usuraio” è uno stereotipo molto antico. Esso deriva da una serie di eventi storici sviluppatisi in Italia durante il Medioevo, che fecero sì che molti ebrei intraprendessero i mestieri di prestatore di denaro ed esattore delle tasse. Infatti, nel IV secolo dell’era volgare, agli ebrei, allora schiavi romani, venne vietato il possesso fondiario e spesso anche il lavoro nei settori mercantili e artigianali. Contemporaneamente la Chiesa vietò ai cristiani ogni mestiere che implicasse il rapporto col denaro, ritenendolo peccato. Gli ebrei si trovarono così costretti ad intraprendere le attività di finanzieri, banchieri, prestatori di denaro, cambiavalute, etc. 

Essi vennero però ben presto accusati di essere sfruttatori della povera gente: nacque così lo stereotipo dell’“ebreo strozzino”, poi alimentato nel corso dei secoli da varie politiche pubbliche, avvenimenti storici e propagande antisemite.

E quella dell’ “avido ebreo”?

I sovrani feudali in quella stessa epoca spesso utilizzavano gli ebrei come funzionari amministrativi che rastrellavano il denaro necessario con tassazioni e confische per finanziare la politica dei sovrani: più i sovrani diventavano avidi, più gli ebrei diventavano esosi. Fu così che iniziò il circolo vizioso che portò alla figura dell’“avido ebreo”.

Si sente spesso dire che gli ebrei sono molto potenti ed influenti: puoi spiegarmi perché?

L’idea della potenza ebraica e dell’influenza che questo gruppo eserciterebbe sugli equilibri politici ed economici mondiali fa parte dell’ideologia antisemita.Uno dei fattori che influirono maggiormente sulla genesi del mito della “cospirazione ebraica” fu lo status acquisito dagli ebrei in seguito all’emancipazione ebraica: essi ebbero allora l'occasione di affacciarsi liberamente al mondo del lavoro e delle economie capitalistiche e grazie ad un antico radicamento urbano, ad un’alta qualificazione professionale, all’assenza della proprietà fondiaria e ad una marcata alfabetizzazione ottennero uno spazio significativo all’interno del mercato.

L’inserimento lavorativo ebraico danneggiò i ceti borghesi e diede talvolta vita ad invidie, discordie e competizioni. Il relativo successo economico e finanziario, la mobilità sociale e il presunto potere conseguito da alcuni ebrei fecero sorgere l’idea che gli ebrei fossero i promotori, oltre che i principali profittatori, dei nuovi assetti economici e politici. Essi vennero così accusati di essere gli autori di un piano complottistico volto a soggiogare il mondo sotto il loro dominio.

La teoria cospirativista ebraica è poi divenuta oggetto di grande popolarità nei primi decenni del XX secolo, con la pubblicazione dei Protocolli dei Savi di Sion: un pamphlet redatto dalla polizia segreta russa che contiene relazioni totalmente false e pretende di svelare i particolari di una presunta cospirazione internazionale degli ebrei volta alla progressiva conquista e dominio del mondo.

E’ vero che gli ebrei sono tutti intelligenti?

Uno degli aspetti caratteristici dell’ebraismo è l’importanza che viene data allo studio, all’educazione ed alla conoscenza. Questo ha fatto sì che, specie in passato, gli ebrei venissero avvicinati allo studio e al lavoro intellettuale, utile alla comprensione dei testi sacri, fin dalla più tenera età.La dimestichezza col materiale scritto e con un certo modello di pensiero ha dunque nel passato talvolta reso il popolo ebraico più acculturato rispetto ad altri.Da questo aspetto deriva la credenza che gli ebrei siano più intelligenti. Essa resta però una forma di stereotipo positivo sul modello razziale, senza nessuna base scientifica.

Mentre qual è l’origine della teoria dell’uccisione dei bambini?

Dal mito di Saturno deriva l'immagine dell’ebreo divoratore di bambini, e per comprenderlo dobbiamo fare un passo indietro: secondo la mitologia greca, Kronos, il governatore dell’universo, fu rimosso dal trono da suo figlio Zeus, che si era salvato dal destino di essere mangiato dal padre grazie all’aiuto della madre Rea, la quale aveva sostituito il neonato con una pietra.

(a sinistra, il Cronos di Goya)

Nella mitologia romana la figura di Kronos fu poi associata a quella di Saturno, che si riteneva guidasse i padri, gli anziani e le cose vecchie, e quella di Zeus fu trasposta in Giove. Fu così che il rapporto fra Kronos e Zeus, fra Saturno e Giove, fu equiparato a quello fra ebrei e cristiani, ovvero alla vittoria della nuova giustizia contro l’anziana crudeltà, del figlio sul padre che l’ha ucciso (deicidio ebraico di Cristo nell’ottica della Chiesa), rendendo possibile la creazione di un nuovo archetipo all’interno del repertorio della retorica antisemita. Alcuni settori dell’antisemitismo infatti trasposero il mito greco e l’interpretazione che ne fecero i Romani nella leggenda degli ebrei crudeli ed uccisori di bambini.

E la storia del naso adunco?

L'immagine dell’ebreo dal naso adunco, così come altri stereotipi antisemiti meno noti ha una provenienza antichissima.

Nell’epoca romana infatti gli ebrei erano associati con Saturno, pianeta che corrispondeva al Sabato, lo Shabbat ebraico. Infatti Saturno è il pianeta più lontano dal sole, quindi il più freddo. Similmente gli israeliti durante il Sabato, giorno di riposo per la religione ebraica, non potevano accendere fuochi e mangiavano solitamente cibi freddi. I Romani ne deducevano una corrispondenza tra ebrei a Saturno.

Saturno era poi un’entità notturna e vicina al regno dei morti, quindi riconducibile agli animali da preda. Nelle rappresentazioni il pianeta era spesso raffigurato attraverso rapaci antropomorfizzati e dai becchi adunchi, il più delle volte posizionati di profilo: rappresentare di profilo era infatti un metodo usato per stigmatizzare figure diaboliche, oltre a permettere di enfatizzare spiacevoli caratteristiche facciali. Fu così che il naso pronunciato incominciò ad essere associato con gli ebrei e divenne un tratto distintivo della fisiognomica ebraica nell’immaginario comune e nel sapere popolare.
Ma perché ce l’han tutti con loro? Qualche colpa l’avranno pure avuta…

Come abbiamo visto, il popolo ebraico è il popolo della diaspora, che da sempre vive sparso per il mondo, in ogni luogo. Oggi siamo abituati a vedere diverse etnie che vivono nelle nostre città e la diversità non ci stupisce (benché ad alcuni infastidisca), ma una volta le migrazioni non godevano di spostamenti così facili e le comunità locali, non essendo abituate ad entrare in contatto con popoli diversi e stranieri, non erano abituate alla diversità culturale: gli ebrei erano spesso gli unici “infiltrati”, su cui ricadeva ogni forma di xenofobia e dunque ogni tentativo di esclusione, più o meno violenta. La contrapposizione fra gruppi culturali è infatti un universale del genere umano: ogni gruppo sociale tende, per una forma di sopravvivenza culturale, ad opporsi agli altri contigui e a costruire la propria identità proprio in contrapposizione rispetto a quella dei gruppi geograficamente vicini, che viene screditata attraverso vari meccanismi, fra i cui più noti ricordiamo le demonizzazioni e gli stereotipi negativi.

Gli ebrei sono da sempre stati gli “Altri”, i “Diversi” per eccellenza per tutti, poiché hanno sempre vissuto in contesti diasporici, venendo ad essere una minoranza quasi ovunque e perciò aggiudicandosi infiniti trattamenti denigratori e xenofobi; che hanno reso il repertorio dei fenomeni antisemitici così vario ed esteso.Per di più l’ebreo esercita una particolare diffidenza nel mondo occidentale e cristiano poiché non è facilmente distinguibile, essendo spesso simile sia fisicamente che culturalmente ai cittadini comuni e dunque difficile da individuare ed eventualmente isolare.
Nel mondo ci sono stati moltissimi stermini e il popolo ebraico non è l’unico ad aver subito una grande perdita per colpa di una gratuita e irrazionale violenza altrui: perché allora si parla moltissimo della Shoah mentre altre stragi quasi non vengono commemorate? Non è che gli ebrei sono troppo vittimisti?

E’ vero, la storia del mondo è piena di guerre omicide, di genocidi e di guerre interetniche, e non tutte sono sufficientemente ricordate. La Shoah invece è oggetto di numerose commemorazioni, fra cui anche di una giornata apposita indetta tramite una legge parlamentare del 2000 e dedicata al ricordo del genocidio a livello nazionale, il 27 gennaio. Tuttavia l’abbondanza di queste cerimonie non è esito di un eccessivo vittimismo da parte degli ebrei, ma piuttosto della particolare natura del genocidio antiebraico. L’evento della Shoah è infatti un unicum storico, che ha avuto un impatto notevole sulla coscienza europea, costruitasi proprio attorno a questo evento. 

Inoltre quello ebraico è stato uno sterminio di dimensioni mondiali, pianificato a tavolino ed avvalsosi di un avanzato grado di tecnologia, cosa che non era mai avvenuta in precedenza. Gli ebrei non erano nemici diretti della Germania nazista, né un popolo da sterminare per ambizioni di conquista territoriale o per una loro effettiva minaccia ai paesi che stavano combattendo la guerra. Il loro sterminio fu programmato a freddo, per pura ideologia e con l’obiettivo di estirpare il popolo ebraico a livello mondiale, solo per puro odio. Ben pochi purtroppo vi si opposero.