Catherine
di Enrico Verga
Chi è troppo sensibile è pregato di non leggere oltre. Non è mia intenzione discutere aspetti sociali o umani. Ho voluto mappare lo scenario migranti da un punto di vista esclusivamente economico. Cifre che dipingono una situazione in cui, a mio modesto avviso, non si parla più di un’emergenza, ma di un settore nascente dell’economia che può tranquillamente definire un nuovo tipo di industria: l’industria dei migranti.
Definizione di industria (dalla Garzanti): attività umana diretta alla produzione di beni e servizi, anche nelle sue forme più semplici e non organizzate.
Ora, partiamo dai tipi di migranti...
Un evento che produce migranti di guerra ha un costo in termini di risorse impiegate estremamente elevato. Solo per dare un’idea il singolo bombardamento da parte degli Usa della base militare siriana di Shayrat è costato circa 100 milioni di dollari (la voce principale del bombardamento sono i costi dei Tomahawk, missili da crociera).
Meno costosa appare essere una guerra civile dove, molto spesso, l’utilizzo di armi è ristretto a quelle leggere. In tal senso un’analisi della World Bank offre alcuni numeri su cui riflettere.
Migranti socio economici
I migranti sociali o economici, ipotizzando che non siano prodotti da un ex conflitto, possono essere creati con uno scenario di minor intensità (anche come risorse utilizzate) ma che può generarsi in un periodo medio lungo: crisi economiche, cambiamento di governo, estremismo etnico o religioso, cambiamenti climatici (siccità, innondazioni etc.). Un’analisi interessante della produzione di migranti economici la potete trovare nella mappa che l’ILO ha di recente messo a disposizione.
Arrivi in Italia: 505.378 unità (2014-2016)
I migranti che interessano direttamente l’Italia sono per lo più prodotti in Africa.
Dei tre corridoi indicati dallo IOM quello mediterraneo centrale (che interessa la rotta Libia-Italia) è il più attivo. Dal gennaio 2014 a dicembre 2016 il ministero dell’interno traccia 505.378 migranti sbarcati in Italia. A questi si aggiungono quelli sbarcati sino a oggi (ultimo aggiornamento 24 maggio 2017 dello IOM)
Se analizziamo il sito del ministero dell’Interno aggiornato notiamo che le richieste di asilo sono drasticamente aumentate negli ultimi anni. I maggiori richiedenti sono di origine africana, per lo più migranti economici.
Costo migranti per l’Italia nel 2017: 4,6 miliardi di euro
“L’impatto complessivo sul bilancio italiano della spesa per migranti, in termini di indebitamento netto e al netto dei contributi dell’Unione europea, è attualmente quantificato in 2,6 miliardi per il 2015, previsto pari a 3,3 miliardi per il 2016 e 3,8 per il 2017, in uno scenario costante, ossia in assenza di un ulteriore acuirsi della crisi. Tale stima tiene conto della spesa per l’accoglienza, per il soccorso in mare e per i riflessi immediati su sanità e istruzione. In particolare, il soccorso in mare vede impegnati oltre ai corpi militari, gli uomini e i mezzi delle Capitanerie di porto e della Guardia di finanza”, spiega il ministero dell’Economia.
Facciamo i conti della serva, in 3 anni abbiamo: 2,6 + 3,3 + 3,8 = 9,4 miliardi di euro. Il conteggio di 3,8 miliardi di euro, tuttavia, era una previsione. In data aprile 2017 il ministero rivede i conti e fa due previsioni di spesa (quindi non cifre definitive) già superiori.
Scenario “cauto” (costante) implica una spesa di 4,2 miliardi di euro per tutto il 2017.
Scenario di crescita (sulla base degli storici direi il più plausibile) 4,6 miliardi di euro. (fonte: pagina 45 del Programma di Stabilità).
Alcuni paragoni per dare l’idea delle cifre (usando la stima costante)
L’ultima finanziaria, quella approvata per il 2017, è di circa 27 miliardi. Allo stato attuale delle due stime (costante e in crescita) l’impatto negativo sul Pil sarà tra 0,25% e 0,27%.
Pensioni
1,9 miliardi di euro (nel 2017 per quattordicesime, pensioni basse e Ape) stanziate nella finanziaria vs 4,2 miliardi per migranti nel 2017 (l’industria dei migranti riceve oltre il doppio).
Piano Casa
4,5 miliardi per il piano casa vs 4,2 miliardi per i migranti (un po’ di più per il piano casa che copre tutti i cittadini italiani interessati)
Dissesto idrogeologico
7 miliardi (ma in 7 anni, il che significa 1 miliardo l’anno) vs 4,2 miliardi per i migranti (all’industria dei migranti vanno 4 volte tanto)
La società civile ci guadagna?
Secondo un’analisi approfondita del Fondo Monetario internazionale (pagina 8 del documento) i costi per l’asilo dei migranti hanno un impatto negativo dello 0,24% (dati del 2016) sul nostro Prodotto Interno Lordo (Pil).
Sul medio-lungo periodo il Fondo Monetario internazionale cita a pagina 14 un possibile calo del Pil superiore allo 0,40 %.
La Lady Pesc (la signora Mogherini, ex ministro degli esteri) suggerisce che le “economie europee hanno bisogno dei migranti”.
Non mi appare del tutto chiaro da dove provengano le fonti che suggeriscano alla Mogherini che essi siano una necessità. Sulla base dei dati IOM una buona parte dei migranti sono di origine umile. Molti con un livello di educazione poco adatto a integrarsi nella società civile europea che sempre più tende a valorizzare una occupazione post industriale.
La stessa Germania ha deciso una sorta di “selezione all’ingresso” solo per migranti adatti ad integrarsi, che possono portare un vero valore all’economia nazionale.
Remittance: 15.359.000.000 dollari
I migranti, se trovano lavoro in Italia, sembra che tendano a risparmiare. Ottimo per loro, discutibile per il benessere del sistema economico italiano. Le remittance sono i soldi che i migranti guadagnano qui, risparmiano e spediscono a casa (alle loro famiglie).
Il Pew riporta (al 31 agosto, anno 2016) una cifra di circa 15 miliardi di dollari usciti dall’Italia diretti in varie nazioni (la mappa dinamica che potete visualizzare qui indica le destinazioni). In pratica i migranti che lavorano sono degli ottimi risparmiatori, ma i loro risparmi (o una parte di essi) vanno a finanziare la crescita delle loro nazioni di origine.
Raccolta fondi delle No Profit
L’industria dei migranti in termini di raccolta (donazioni, lasciti, etc) è un settore in crescita. Ho dialogato con chi offre consulenze e servizi di raccolta fondi a ONG. Aragorn è un azienda profit che supporta numerose organizzazioni nella raccolta di fondi per scopi benefici (nessuna che opera nell’industria dei migranti). Data l’esperienza decennale del suo gruppo, e la loro trasparenza, ho pensato di intervistarli per offrire una visione chiara del sistema di raccolta faccia a faccia (di seguito F2F)
Nell’ambito della raccolta fondi il confronto F2F è lo strumento di raccolta più efficiente. Per intenderci i ragazzi o ragazze che vi fermano per strada, con una pettorina della organizzazione per cui raccolgono soldi.
L’Istituto italiano donazioni, che ha tra i suoi soci un numero piuttosto elevato di Organizzazioni No Profit (ONP), dipinge uno scenario (dati 2015) di crescita nella raccolta F2F che si attesta al 15% del totale raccolto da ogni ONP.
Negli anni vi sono stati duri attacchi a questo sistema di raccolta etichettato dagli stessi “volontari” come iniquo Quali sono le tipologie di contratto lavorativo che tutelano i vostri dialogatori?
“Il personale F2F lavora con contratti di lavoro che prevedono un fisso netto mensile a cui va aggiunta una provvigione basata sui RID sottoscritti. Legolas rimborsa al personale ogni spesa connessa al lavoro (spostamenti, viaggi, spese telefoniche…).”
È corretto chiamarli volontari?
“Il personale F2F è pagato, quindi non è corretto definirlo volontario. Per definire questo profilo professionale, i termine corretto è dialogatore, poiché si tratta di persone selezionate e formate per instaurare un dialogo diretto con i cittadini incontrati per strada o presso gli stand allestiti in piazze, centri commerciali, teatri, etc”.
In passato vi sono state critiche allo “sfruttamento” dei dialogatori di strada, cosa ne pensa?
“Legolas e le ONP per cui lavora sottoscrivono un codice etico adottato dal personale F2F. Tale codice etico prevede la messa in pratica delle ‘buone prassi’ cioè, in particolare, la veicolazione di tutte le informazioni necessarie senza alcuna omissione ai potenziali donatori quali: la periodicità della donazione, l’importo e la frequenza, la modalità di rinnovo automatico. Solo una puntualizzazione: Legolas lavora sul F2F da solo tre anni a differenza delle attività di Aragorn che, come le dicevo, lavora da 23 anni nell’ambito della raccolta fondi e della comunicazione per il no profit. Esistono in Italia altre realtà molto più grosse ma soprattutto che lavorano da molto più tempo, e direi esclusiva, nel F2F”, conclude Stefano Sanfilippo, Ceo di Aragorn.
Sullo stesso tema (F2F) ho dialogato con un Organizzazione No Profit (Medici senza frontiere) che è attiva anche in ambito migrazione.
Chi chiede soldi (lavorando per voi) per strada è un professionista (pagato), non un volontario (quindi non pagato)?
“Il personale che svolge l’attività di face to face non è composto da volontari ma da professionisti e per svolgere al meglio l’attività offriamo loro formazione continua. I dialogatori infatti informano il pubblico sui nostri progetti e propongono di diventare sostenitori regolari. Siamo un’organizzazione indipendente, anche dal punto di vista finanziario, e grazie a questo sostegno possiamo garantire cure mediche e assistenza a milioni di persone. Collaboriamo con poche e selezionate agenzie esterne ma fondamentalmente abbiamo un programma gestito internamente e ci occupiamo direttamente di selezionare e formare i dialogatori. Ognuno stipula un contratto con noi e percepisce una retribuzione che si basa su fisso e variabile. Riguardo ai costi, in riferimento al bilancio: meno del 18% dei fondi raccolti dalla nostra organizzazione viene utilizzato ogni anno per assicurare la copertura di costi di struttura, essenziali anche alla raccolta fondi; oltre l’82% va a finanziare le attività istituzionali di MSF, innanzi tutto quindi i progetti sul terreno in oltre 70 paesi del mondo”, dice a Econopoly il direttore generale di Medici senza Frontiere, Gabriele Eminente.
Una posizione la offre anche Unicef Italia.
Come funziona il vostro sistema di F2F?
“Pur essendo selezionati e monitorati rispetto alla loro motivazione verso la causa dell’UNICEF, i ragazzi non sono volontari ma personale retribuito, comunemente chiamati nel settore dialogatori. Le società esterne di cui attualmente ci avvaliamo per la raccolta fondi face to face, sono responsabili del rapporto di lavoro con i dialogatori. Le scelte sul modello retributivo spettano alle società, che si muovono in un mercato del lavoro concorrenziale, mentre per quanto riguarda la parte contrattuale il Comitato Italiano per l’UNICEF Onlus richiede per contratto alle società di rispettare la vigente normativa in tema di diritto del lavoro e previdenziale, in modo che siano applicabili tutti i modelli contrattuali consentiti dalla legge e che non sia impiegato personale minorenne nello svolgimento dell’attività. Nel nostro caso il compenso da loro percepito è formato da una parte fissa e una variabile, proporzionale agli obiettivi di raccolta fondi raggiunti attraverso l’impegno e la qualità del lavoro svolto”
Ritiene che la formazione di questi operatori di strada sia, generalmente parlando, svolta in modo che vi siano chiari adempimenti etici nell’offerta del prodotto/servizio da parte loro?
“La formazione dei dialogatori è garantita come servizio dalle società, previo adeguato briefing e costanti processi di controllo qualità da parte del nostro staff, sia in sede di dialogo con il pubblico che con il confronto diretto con i nostri nuovi sostenitori. Abbiamo uno strettissimo controllo di qualità, composto anche da ‘mistery shopping’ (cioè controlli a sorpresa e monitoraggio del nostro staff) e abbiamo sospeso sia dialogatori sia società che non rispettavano gli standard qualitativi ed etici richiesti”.
Per riassumere, chi lavora per la raccolta fondi è un lavoratore/professionista, non è un volontario. Oltre al fisso hanno una provvigione quindi più si raccoglie più si guadagna (in percentuale sul raccolto).
Le cifre delle Ong: Medici Senza Frontiere
Alle cifre già discusse, stanziate dal governo italiano, si aggiungono quelle delle ONG. Come organizzazione di riferimento ho scelto Medici senza Frontiere. Prima di tutto una premessa in merito ai fondi utilizzati. “Tutte le donazioni ricevute da MSF in Italia, e più del 96% a livello internazionale, provengono da donazioni di privati. Da giugno 2016, MSF non accetta finanziamenti UE per protesta contro le politiche migratorie europee”, mi spiegano da MSF.
Alcuni numeri riguardanti questa organizzazione.
MSF è in mare con due navi, la Prudence e la Aquarius, quest’ultima in collaborazione con SOS Mediterranée. Costi Prudence (anno 2017): 9.000 euro al giorno – 270.000 euro al mese. Costi Aquarius (anno 2017, divisi a metà con SOS Med): 11.000 euro al giorno – 330.000 euro al mese. I costi delle due navi comprendono affitto della nave, cure mediche, farmaci, cibo, beni di prima necessità come abiti, coperte, etc., carburante, staff, equipaggio.Staff MSF impegnato su SAR (operazioni di salvataggio): 33 persone (13 persone sulla Prudence, 9 su Aquarius, 11 persone a terra – porto di Catania)
Totale persone soccorse da MSF dal 2015: oltre 65.800. Totale 2017: oltre 12.000. Nel 2016 (anno fiscale 2014), il 5×1000 ha rappresentato il 17% dei proventi dell’organizzazione (9.774.726 euro, 240.495 contribuenti). Nel 2016, budget per tutte le operazioni di ricerca e soccorso (SAR) nel Mediterraneo (con tre navi): circa 10,4 milioni di cui 1,5 milioni (14%) da fondi 5×1000.
Il budget totale di SAR su totale spese di tutti i progetti di MSF a livello globale è circa 0,9%. Nel 2016 per progetti di MSF sulla migrazione in Italia (escluso SAR): 3,5 milioni, 0,3% su totale delle spese dei progetti a livello globale. Il totale delle spese SAR + progetti migrazione in Italia = 13,9 milioni, pari all’1,2% sul totale dei progetti a livello globale.
Vi sono 8 differenti organizzazioni operanti nel Mediterraneo nella ricerca e soccorso, che in totale nel 2016 hanno effettuato il 28% dei soccorsi. Oltre a queste sono attive in mare le navi di Frontex, quelle della nostra Marina, etc.
Unicef Italia
Due chiacchere con Unicef, che è attiva in Italia nella raccolta fondi e da quest’anno anche nell’industria dei migranti (tra i migranti vi sono molti minorenni).
Qual è la percentuale di migranti originati da zone di guerra (profughi di guerra) e di migranti sociali o economici? “
“Non abbiamo disponibile una distinzione così netta. Nel 2016 sono sbarcate in Italia 181.436 persone. Nello stesso anno, sono state presentate 123.600 richieste d’asilo, di queste ne sono state esaminate 91.102: al 40% è stata concessa una qualche forma di protezione. Migranti: 43.245 sbarcati nel 2017, +38% rispetto al 2016. Dopo il boom di sbarchi nell’ultimo weekend (oltre seimila), salgono a 43.245 gli arrivi di migranti nel 2017, il 38,54% in più rispetto al 2016, che alla fine risulta l’anno record, con 181mila stranieri giunti via mare. Nigeriani (5.216), bengalesi (4.645), guineani (4.206) e ivoriani (3.942) le nazionalità più rappresentate dei migranti arrivati quest’anno. Si contano anche 5.551 minori non accompagnati”.
Qual è la percentuale demografica di donne, uomini e minori?
“In Europa, dei 44.000 rifugiati e migranti sbarcati da gennaio 2017 attraversando il Mar Mediterraneo, 11.300 sono bambini o adolescenti (circa il 25,5%). Nel 2016 sono state 362.300 le persone giunte in Europa, di cui oltre 94.200 sotto i 18 anni (26%). Delle 93.620 persone che hanno presentato richiesta d’asilo nel 2017, 25.290 sono bambini sotto i 18 anni (27%). In Italia, le persone sbarcate nel 2016 sono state 181.436, di cui il 16% bambini e adolescenti: 9 su 10 non accompagnati. Nello stesso anno, sono state presentate 123.600 richieste d’asilo in Italia, di cui 105.006 uomini (85%) e 18.594 donne (15%): di questi, 11.623 sono minori (9,5%), 5.984 non accompagnati. Nei primi tre mesi del 2017 sono state presentate 37.915 richieste d’asilo in Italia, di cui 32.180 uomini (circa l’85%), 5.735 donne (circa il 15%): di questi, 4.489 sono minori (11,8%), 2.254 non accompagnati”, conclude Paolo Rozera, direttore Unicef Italia.
Il punto di vista della politica
Per fare il punto su cosa ne pensa la politica ho dialogato con Guglielmo Picchi. Membro dell’assemblea parlamentare dell’OSCE (Oscepa), presidente del comitato sui migranti, in seno alla stessa organizzazione.
“I numeri che ha menzionato sono difficili da immaginare, specialmente se messi a confronto con quello che il governo italiano ha stanziato per progetti di interesse nazionale: le pensioni e le case per l’intera popolazione italiana. Negli ultimi mesi, come presidente della commissione migranti dell’Oscepa, ho visitato numerosi insediamenti temporanei in Grecia, Turchia, sulla rotta di terra (ex Jugoslavia, Bulgaria, Romania etc..). Le condizioni in quei centri sono preoccupanti. Tuttavia il problema, a mio avviso, deve essere risolto alla radice. I finanziamenti alla Turchia per chiudere le frontiere sono una soluzione temporanea e onerosa, imposta da una Unione Europea che, dimentica a volte degli sforzi dell’Italia, non trovava molto comodo avere un torrente di migranti che arrivavano direttamente in centro Europa. Il mio intento, all’Oscepa e come membro della commissione al Ministero esteri, è di poter strutturare un piano di maggior supporto alle nazioni da cui è originato il fenomeno migranti. Uno sforzo sicuramente importante, ma che può arginare un processo che, detto sinceramente, l’Italia non può permettersi di affrontare ancora per molto tempo“, conclude Picchi.
Soros e i diritti umani: 1.500.000 nel 2016
Spesso si tira in ballo la Open Society Foundation di George Soros. Le accuse mosse alla OSF del celebre finanziere sono tra le più fantasiose. Li si accusa di sovvenzionare le migrazioni in Italia e Europa, di voler sconvolgere il tessuto sociale europeo, etc. Dato che anche in questo caso vi sono soldi in ballo ho pensato di chiedere direttamente a loro.
“Le operazioni di SAR sono importanti e salvano vite umane, ma esulano dallo scopo del nostro approccio, focalizzato sui diritti umani. Non finanziamo rifugiati e migranti né gruppi che li conducono in Italia. Semplicemente riconosciamo che queste persone spesso subiscono orribili violazioni dei diritti umani durante il percorso per emigrare e la ricerca dello stesso. Una volta in Italia, essi sono spesso abbandonati dallo Stato. Per questo motivo, nel 2016 abbiamo disposto 732.840 dollari per le organizzazioni che, in Italia, denunciano abusi e offrono cure mediche, assistenza legale e supporto sociale a queste persone che si trovano in un momento di vulnerabilità nella loro vita. Le accuse dirette o indirette nei confronti della OSF di incoraggiare queste persone a emigrare sono false. Esse ricadono nella stessa categoria delle menzogne, motivate da ragioni politiche, secondo le quali finanziamo le persone per protestare e organizzare rivoluzioni. Queste menzogne sono parte dell’attuale clima di incoraggiamento alla diffusione di notizie false attraverso i social media in un contesto di campagna elettorale, proteste o lotta al potere”, mi spiega il portavoce della Open Society Foundation.
Considerando le enormi cifre menzionate in precedenza, un investimento totale, spalmato su differenti Ong (nessuna delle quali ha usato i soldi per progetti legati a sbarchi e migranti), di meno di 1 milione di euro appare ben poca cosa. O meglio, sicuramente denaro utile per supportare i diritti umani, ma di certo non una cifra che possa sovvertire l’ordine italiano o europeo (qui il link per il prospetto di grant).
Miliardi di euro, solo in Italia, investiti, spesi, guadagnati da tutti coloro che operano, pur nel massimo della loro efficienza e onestà, per affrontare ogni giorno il fenomeno dei migranti. Con un trend in crescita, a rischio di sembrare cinico, i migranti non sono più un’emergenza. Sono un’industria strutturata, vitale e in continua crescita che offre prospettive di guadagni e carriera.
Fonte: www.econopoly.ilsole24ore.com
fonte: https://crepanelmuro.blogspot.it/
Si può anche leggere:
Il business dell'emigrazione clandestina
Costo migranti per l’Italia nel 2017: 4,6 miliardi di euro
“L’impatto complessivo sul bilancio italiano della spesa per migranti, in termini di indebitamento netto e al netto dei contributi dell’Unione europea, è attualmente quantificato in 2,6 miliardi per il 2015, previsto pari a 3,3 miliardi per il 2016 e 3,8 per il 2017, in uno scenario costante, ossia in assenza di un ulteriore acuirsi della crisi. Tale stima tiene conto della spesa per l’accoglienza, per il soccorso in mare e per i riflessi immediati su sanità e istruzione. In particolare, il soccorso in mare vede impegnati oltre ai corpi militari, gli uomini e i mezzi delle Capitanerie di porto e della Guardia di finanza”, spiega il ministero dell’Economia.
Facciamo i conti della serva, in 3 anni abbiamo: 2,6 + 3,3 + 3,8 = 9,4 miliardi di euro. Il conteggio di 3,8 miliardi di euro, tuttavia, era una previsione. In data aprile 2017 il ministero rivede i conti e fa due previsioni di spesa (quindi non cifre definitive) già superiori.
Scenario “cauto” (costante) implica una spesa di 4,2 miliardi di euro per tutto il 2017.
Scenario di crescita (sulla base degli storici direi il più plausibile) 4,6 miliardi di euro. (fonte: pagina 45 del Programma di Stabilità).
L’ultima finanziaria, quella approvata per il 2017, è di circa 27 miliardi. Allo stato attuale delle due stime (costante e in crescita) l’impatto negativo sul Pil sarà tra 0,25% e 0,27%.
Pensioni
1,9 miliardi di euro (nel 2017 per quattordicesime, pensioni basse e Ape) stanziate nella finanziaria vs 4,2 miliardi per migranti nel 2017 (l’industria dei migranti riceve oltre il doppio).
Piano Casa
4,5 miliardi per il piano casa vs 4,2 miliardi per i migranti (un po’ di più per il piano casa che copre tutti i cittadini italiani interessati)
Dissesto idrogeologico
7 miliardi (ma in 7 anni, il che significa 1 miliardo l’anno) vs 4,2 miliardi per i migranti (all’industria dei migranti vanno 4 volte tanto)
La società civile ci guadagna?
Secondo un’analisi approfondita del Fondo Monetario internazionale (pagina 8 del documento) i costi per l’asilo dei migranti hanno un impatto negativo dello 0,24% (dati del 2016) sul nostro Prodotto Interno Lordo (Pil).
Sul medio-lungo periodo il Fondo Monetario internazionale cita a pagina 14 un possibile calo del Pil superiore allo 0,40 %.
La Lady Pesc (la signora Mogherini, ex ministro degli esteri) suggerisce che le “economie europee hanno bisogno dei migranti”.
Non mi appare del tutto chiaro da dove provengano le fonti che suggeriscano alla Mogherini che essi siano una necessità. Sulla base dei dati IOM una buona parte dei migranti sono di origine umile. Molti con un livello di educazione poco adatto a integrarsi nella società civile europea che sempre più tende a valorizzare una occupazione post industriale.
La stessa Germania ha deciso una sorta di “selezione all’ingresso” solo per migranti adatti ad integrarsi, che possono portare un vero valore all’economia nazionale.
Remittance: 15.359.000.000 dollari
I migranti, se trovano lavoro in Italia, sembra che tendano a risparmiare. Ottimo per loro, discutibile per il benessere del sistema economico italiano. Le remittance sono i soldi che i migranti guadagnano qui, risparmiano e spediscono a casa (alle loro famiglie).
Il Pew riporta (al 31 agosto, anno 2016) una cifra di circa 15 miliardi di dollari usciti dall’Italia diretti in varie nazioni (la mappa dinamica che potete visualizzare qui indica le destinazioni). In pratica i migranti che lavorano sono degli ottimi risparmiatori, ma i loro risparmi (o una parte di essi) vanno a finanziare la crescita delle loro nazioni di origine.
Raccolta fondi delle No Profit
L’industria dei migranti in termini di raccolta (donazioni, lasciti, etc) è un settore in crescita. Ho dialogato con chi offre consulenze e servizi di raccolta fondi a ONG. Aragorn è un azienda profit che supporta numerose organizzazioni nella raccolta di fondi per scopi benefici (nessuna che opera nell’industria dei migranti). Data l’esperienza decennale del suo gruppo, e la loro trasparenza, ho pensato di intervistarli per offrire una visione chiara del sistema di raccolta faccia a faccia (di seguito F2F)
Nell’ambito della raccolta fondi il confronto F2F è lo strumento di raccolta più efficiente. Per intenderci i ragazzi o ragazze che vi fermano per strada, con una pettorina della organizzazione per cui raccolgono soldi.
L’Istituto italiano donazioni, che ha tra i suoi soci un numero piuttosto elevato di Organizzazioni No Profit (ONP), dipinge uno scenario (dati 2015) di crescita nella raccolta F2F che si attesta al 15% del totale raccolto da ogni ONP.
Negli anni vi sono stati duri attacchi a questo sistema di raccolta etichettato dagli stessi “volontari” come iniquo Quali sono le tipologie di contratto lavorativo che tutelano i vostri dialogatori?
“Il personale F2F lavora con contratti di lavoro che prevedono un fisso netto mensile a cui va aggiunta una provvigione basata sui RID sottoscritti. Legolas rimborsa al personale ogni spesa connessa al lavoro (spostamenti, viaggi, spese telefoniche…).”
“Il personale F2F è pagato, quindi non è corretto definirlo volontario. Per definire questo profilo professionale, i termine corretto è dialogatore, poiché si tratta di persone selezionate e formate per instaurare un dialogo diretto con i cittadini incontrati per strada o presso gli stand allestiti in piazze, centri commerciali, teatri, etc”.
In passato vi sono state critiche allo “sfruttamento” dei dialogatori di strada, cosa ne pensa?
“Legolas e le ONP per cui lavora sottoscrivono un codice etico adottato dal personale F2F. Tale codice etico prevede la messa in pratica delle ‘buone prassi’ cioè, in particolare, la veicolazione di tutte le informazioni necessarie senza alcuna omissione ai potenziali donatori quali: la periodicità della donazione, l’importo e la frequenza, la modalità di rinnovo automatico. Solo una puntualizzazione: Legolas lavora sul F2F da solo tre anni a differenza delle attività di Aragorn che, come le dicevo, lavora da 23 anni nell’ambito della raccolta fondi e della comunicazione per il no profit. Esistono in Italia altre realtà molto più grosse ma soprattutto che lavorano da molto più tempo, e direi esclusiva, nel F2F”, conclude Stefano Sanfilippo, Ceo di Aragorn.
Sullo stesso tema (F2F) ho dialogato con un Organizzazione No Profit (Medici senza frontiere) che è attiva anche in ambito migrazione.
Chi chiede soldi (lavorando per voi) per strada è un professionista (pagato), non un volontario (quindi non pagato)?
“Il personale che svolge l’attività di face to face non è composto da volontari ma da professionisti e per svolgere al meglio l’attività offriamo loro formazione continua. I dialogatori infatti informano il pubblico sui nostri progetti e propongono di diventare sostenitori regolari. Siamo un’organizzazione indipendente, anche dal punto di vista finanziario, e grazie a questo sostegno possiamo garantire cure mediche e assistenza a milioni di persone. Collaboriamo con poche e selezionate agenzie esterne ma fondamentalmente abbiamo un programma gestito internamente e ci occupiamo direttamente di selezionare e formare i dialogatori. Ognuno stipula un contratto con noi e percepisce una retribuzione che si basa su fisso e variabile. Riguardo ai costi, in riferimento al bilancio: meno del 18% dei fondi raccolti dalla nostra organizzazione viene utilizzato ogni anno per assicurare la copertura di costi di struttura, essenziali anche alla raccolta fondi; oltre l’82% va a finanziare le attività istituzionali di MSF, innanzi tutto quindi i progetti sul terreno in oltre 70 paesi del mondo”, dice a Econopoly il direttore generale di Medici senza Frontiere, Gabriele Eminente.
Una posizione la offre anche Unicef Italia.
Come funziona il vostro sistema di F2F?
“Pur essendo selezionati e monitorati rispetto alla loro motivazione verso la causa dell’UNICEF, i ragazzi non sono volontari ma personale retribuito, comunemente chiamati nel settore dialogatori. Le società esterne di cui attualmente ci avvaliamo per la raccolta fondi face to face, sono responsabili del rapporto di lavoro con i dialogatori. Le scelte sul modello retributivo spettano alle società, che si muovono in un mercato del lavoro concorrenziale, mentre per quanto riguarda la parte contrattuale il Comitato Italiano per l’UNICEF Onlus richiede per contratto alle società di rispettare la vigente normativa in tema di diritto del lavoro e previdenziale, in modo che siano applicabili tutti i modelli contrattuali consentiti dalla legge e che non sia impiegato personale minorenne nello svolgimento dell’attività. Nel nostro caso il compenso da loro percepito è formato da una parte fissa e una variabile, proporzionale agli obiettivi di raccolta fondi raggiunti attraverso l’impegno e la qualità del lavoro svolto”
Ritiene che la formazione di questi operatori di strada sia, generalmente parlando, svolta in modo che vi siano chiari adempimenti etici nell’offerta del prodotto/servizio da parte loro?
“La formazione dei dialogatori è garantita come servizio dalle società, previo adeguato briefing e costanti processi di controllo qualità da parte del nostro staff, sia in sede di dialogo con il pubblico che con il confronto diretto con i nostri nuovi sostenitori. Abbiamo uno strettissimo controllo di qualità, composto anche da ‘mistery shopping’ (cioè controlli a sorpresa e monitoraggio del nostro staff) e abbiamo sospeso sia dialogatori sia società che non rispettavano gli standard qualitativi ed etici richiesti”.
Le cifre delle Ong: Medici Senza Frontiere
Alle cifre già discusse, stanziate dal governo italiano, si aggiungono quelle delle ONG. Come organizzazione di riferimento ho scelto Medici senza Frontiere. Prima di tutto una premessa in merito ai fondi utilizzati. “Tutte le donazioni ricevute da MSF in Italia, e più del 96% a livello internazionale, provengono da donazioni di privati. Da giugno 2016, MSF non accetta finanziamenti UE per protesta contro le politiche migratorie europee”, mi spiegano da MSF.
MSF è in mare con due navi, la Prudence e la Aquarius, quest’ultima in collaborazione con SOS Mediterranée. Costi Prudence (anno 2017): 9.000 euro al giorno – 270.000 euro al mese. Costi Aquarius (anno 2017, divisi a metà con SOS Med): 11.000 euro al giorno – 330.000 euro al mese. I costi delle due navi comprendono affitto della nave, cure mediche, farmaci, cibo, beni di prima necessità come abiti, coperte, etc., carburante, staff, equipaggio.Staff MSF impegnato su SAR (operazioni di salvataggio): 33 persone (13 persone sulla Prudence, 9 su Aquarius, 11 persone a terra – porto di Catania)
Totale persone soccorse da MSF dal 2015: oltre 65.800. Totale 2017: oltre 12.000. Nel 2016 (anno fiscale 2014), il 5×1000 ha rappresentato il 17% dei proventi dell’organizzazione (9.774.726 euro, 240.495 contribuenti). Nel 2016, budget per tutte le operazioni di ricerca e soccorso (SAR) nel Mediterraneo (con tre navi): circa 10,4 milioni di cui 1,5 milioni (14%) da fondi 5×1000.
Il budget totale di SAR su totale spese di tutti i progetti di MSF a livello globale è circa 0,9%. Nel 2016 per progetti di MSF sulla migrazione in Italia (escluso SAR): 3,5 milioni, 0,3% su totale delle spese dei progetti a livello globale. Il totale delle spese SAR + progetti migrazione in Italia = 13,9 milioni, pari all’1,2% sul totale dei progetti a livello globale.
Vi sono 8 differenti organizzazioni operanti nel Mediterraneo nella ricerca e soccorso, che in totale nel 2016 hanno effettuato il 28% dei soccorsi. Oltre a queste sono attive in mare le navi di Frontex, quelle della nostra Marina, etc.
Due chiacchere con Unicef, che è attiva in Italia nella raccolta fondi e da quest’anno anche nell’industria dei migranti (tra i migranti vi sono molti minorenni).
Qual è la percentuale di migranti originati da zone di guerra (profughi di guerra) e di migranti sociali o economici? “
“Non abbiamo disponibile una distinzione così netta. Nel 2016 sono sbarcate in Italia 181.436 persone. Nello stesso anno, sono state presentate 123.600 richieste d’asilo, di queste ne sono state esaminate 91.102: al 40% è stata concessa una qualche forma di protezione. Migranti: 43.245 sbarcati nel 2017, +38% rispetto al 2016. Dopo il boom di sbarchi nell’ultimo weekend (oltre seimila), salgono a 43.245 gli arrivi di migranti nel 2017, il 38,54% in più rispetto al 2016, che alla fine risulta l’anno record, con 181mila stranieri giunti via mare. Nigeriani (5.216), bengalesi (4.645), guineani (4.206) e ivoriani (3.942) le nazionalità più rappresentate dei migranti arrivati quest’anno. Si contano anche 5.551 minori non accompagnati”.
Qual è la percentuale demografica di donne, uomini e minori?
“In Europa, dei 44.000 rifugiati e migranti sbarcati da gennaio 2017 attraversando il Mar Mediterraneo, 11.300 sono bambini o adolescenti (circa il 25,5%). Nel 2016 sono state 362.300 le persone giunte in Europa, di cui oltre 94.200 sotto i 18 anni (26%). Delle 93.620 persone che hanno presentato richiesta d’asilo nel 2017, 25.290 sono bambini sotto i 18 anni (27%). In Italia, le persone sbarcate nel 2016 sono state 181.436, di cui il 16% bambini e adolescenti: 9 su 10 non accompagnati. Nello stesso anno, sono state presentate 123.600 richieste d’asilo in Italia, di cui 105.006 uomini (85%) e 18.594 donne (15%): di questi, 11.623 sono minori (9,5%), 5.984 non accompagnati. Nei primi tre mesi del 2017 sono state presentate 37.915 richieste d’asilo in Italia, di cui 32.180 uomini (circa l’85%), 5.735 donne (circa il 15%): di questi, 4.489 sono minori (11,8%), 2.254 non accompagnati”, conclude Paolo Rozera, direttore Unicef Italia.
Il punto di vista della politica
Per fare il punto su cosa ne pensa la politica ho dialogato con Guglielmo Picchi. Membro dell’assemblea parlamentare dell’OSCE (Oscepa), presidente del comitato sui migranti, in seno alla stessa organizzazione.
“I numeri che ha menzionato sono difficili da immaginare, specialmente se messi a confronto con quello che il governo italiano ha stanziato per progetti di interesse nazionale: le pensioni e le case per l’intera popolazione italiana. Negli ultimi mesi, come presidente della commissione migranti dell’Oscepa, ho visitato numerosi insediamenti temporanei in Grecia, Turchia, sulla rotta di terra (ex Jugoslavia, Bulgaria, Romania etc..). Le condizioni in quei centri sono preoccupanti. Tuttavia il problema, a mio avviso, deve essere risolto alla radice. I finanziamenti alla Turchia per chiudere le frontiere sono una soluzione temporanea e onerosa, imposta da una Unione Europea che, dimentica a volte degli sforzi dell’Italia, non trovava molto comodo avere un torrente di migranti che arrivavano direttamente in centro Europa. Il mio intento, all’Oscepa e come membro della commissione al Ministero esteri, è di poter strutturare un piano di maggior supporto alle nazioni da cui è originato il fenomeno migranti. Uno sforzo sicuramente importante, ma che può arginare un processo che, detto sinceramente, l’Italia non può permettersi di affrontare ancora per molto tempo“, conclude Picchi.
Soros e i diritti umani: 1.500.000 nel 2016
Spesso si tira in ballo la Open Society Foundation di George Soros. Le accuse mosse alla OSF del celebre finanziere sono tra le più fantasiose. Li si accusa di sovvenzionare le migrazioni in Italia e Europa, di voler sconvolgere il tessuto sociale europeo, etc. Dato che anche in questo caso vi sono soldi in ballo ho pensato di chiedere direttamente a loro.
Considerando le enormi cifre menzionate in precedenza, un investimento totale, spalmato su differenti Ong (nessuna delle quali ha usato i soldi per progetti legati a sbarchi e migranti), di meno di 1 milione di euro appare ben poca cosa. O meglio, sicuramente denaro utile per supportare i diritti umani, ma di certo non una cifra che possa sovvertire l’ordine italiano o europeo (qui il link per il prospetto di grant).
Miliardi di euro, solo in Italia, investiti, spesi, guadagnati da tutti coloro che operano, pur nel massimo della loro efficienza e onestà, per affrontare ogni giorno il fenomeno dei migranti. Con un trend in crescita, a rischio di sembrare cinico, i migranti non sono più un’emergenza. Sono un’industria strutturata, vitale e in continua crescita che offre prospettive di guadagni e carriera.
Fonte: www.econopoly.ilsole24ore.com
fonte: https://crepanelmuro.blogspot.it/
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Il business dell'emigrazione clandestina
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