Una morte stranissima e soprattutto provvidenziale, quella di
Jeffrey Epstein, arrestato il 6 luglio con l’accusa di sfruttamento
della prostituzione su minori e violenza carnale su oltre 30 ragazze
minorenni, almeno dal 2002 al 20045, nella sua residenza di New York e
nella sua tenuta in Florida. Già dieci anni fa era stato condannato per
gli stessi reati, ma ora a tremare erano i pezzi da novanta
dell’establishment, americano e non solo: da Trump a Clinton, dall’ex
premier israeliano Ehud Barak al principe Andrea d’Inghilterra. Strana
morte, scrive Zara Muradyan su “Sputnik News”, in una nota tradotta da “Come Don Chisciotte”:
l’improvvisa fine di Epstein arriva poche settimane dopo «le
affermazioni secondo cui il finanziere americano il 23 luglio era stato
trovato ferito e inconscio sul pavimento della sua cella a Manhattan»,
nel Metropolitan Correctional Center. All’epoca, diversi media
avevano suggerito che avrebbe potuto tentare il suicidio. Eppure, «la
dinamica degli eventi non è stata chiarita». Epstein era stato trovato
privo di sensi e «con segni sul collo che, apparentemente, sembravano
autoinflitti». Da allora, «era stato messo sotto sorveglianza speciale
anti-suicidio». Risultato: si sarebbe suicidato lo stesso, il 10 agosto.
Una storia che puzza da lontano: Wayne Madsen, già dirigente della Nsa,
accusa esplicitamente il Mossad israeliano.
Oggi popolare polemista, autore di acute analisi sui retroscena del potere,
Madsen è stato tra i primi ad additare il ruolo occulto
dell’intelligence nel massacro del G8 di Genova, nel luglio del 2001: vi
lavorarono non meno di 1.500 agenti della National
Security Agency, ha rivelato. Un’operazione sostanzialmente
terroristica, secondo Madsen progettata dalla presidenza Bush:
«All’epoca – spiega l’ex dirigente della Nsa a Franco Fracassi, nel
saggio “G8 Gate” – a spaventare le multinazionali era il movimento
NoGlobal, che rappresentava la prima rivolta universale contro
l’ingiustizia, senza confini territoriali né bandiere di partito: la
macelleria di Genova fu accuratamente progettata, manipolando la polizia
italiana, per stroncare quel movimento di cui l’élite finanziaria della
globalizzazione aveva il terrore». Altrettanto tagliente il giudizio di
Madsen sul caso Epstein: politica
e pedofilia rappresentano un mix demoniaco, scrive l’ex dirigente della
Nsa in un’analisi su “Strategic Culture” ripresa sempre da “Come Don Chisciotte”.
Il rinvio a giudizio del facoltoso investitore, con l’accusa di
“sfruttamento internazionale della prostituzione e cospirazione”, aveva
«causato ondate di shock in tutti i settori politici, economici e
sociali degli Stati Uniti e di altri paesi».
La flotta di aerei privati di Epstein e le sue numerose residenze
avevano indotto gli investigatori delle forze di polizia a indagare a
fondo su varie attività, in un arco di diversi decenni, attinenti al
passato recente e remoto di Epstein. Secondo i rapporti degli
inquirenti, i documenti giudiziari e le dichiarazioni dei testimoni, «la
cerchia degli amici di Epstein comprendeva alcune delle persone
politicamente più importanti al mondo, tra cui il presidente Donald
Trump, l’ex presidente Bill Clinton, il principe inglese Andrea, il duca
di York e l’ex primo ministro israeliano Ehud Barak». Tutti questi vip,
così come altri, avevano socializzato con Epstein. E Trump, in
particolare, era ben consapevole della predilezione di Epstein per
ragazze «veramente molto giovani». In realtà, ricorda Madsen, Trump ed
Epstein furono citati come co-imputati in una causa del 2016, sulla base
del presunto stupro di una ragazza di 13 anni avvenuto nel ‘94 nella
dimora di Epstein a Manhattan. «La connessione
di Epstein con l’amministrazione Trump includeva anche la scelta di
Trump per la carica di segretario del lavoro di Alex Acosta, il
procuratore degli Stati Uniti per la Florida del sud nel 2007-2008, che
aveva firmato un accordo di mancata prosecuzione, valido a livello
federale e per lo Stato della Florida, che metteva al riparo Epstein e i
suoi complici da eventuali futuri procedimenti giudiziari statali o
federali relativi allo sfruttamento della prostituzione minorile da
parte di Epstein».
In cambio di questo patteggiamento “dolce,” Epstein si era
semplicemente dichiarato colpevole di alcune accuse di incitamento alla
prostituzione di ragazze minorenni. Così aveva scontato una condanna
virtuale “a porte aperte” di tredici mesi nella Contea di Palm Beach e
aveva accettato di farsi registrare come colpevole di reati sessuali.
Gli interrogativi sul ruolo di Acosta nell’affare Epstein e sull’accordo
da lui firmato avevano portato alle sue dimissioni da segretario al
lavoro della Florida, carica da cui avrebbe anche dovuto vigilare sul
traffico di donne e bambini a scopo di prostituzione. La natura
internazionale dei traffici di Epstein – scrive Madsen – è evidenziata
dal fatto che possedeva due isole al largo di St. Thomas, Little St.
James e Greater St. James, nelle Isole Vergini americane. Aveva anche
residenze a Manhattan, nel New Mexico e a Palm Beach, in Florida, vicino
al complesso turistico Mar-a-Lago di Trump. «Epstein usava un
passaporto austriaco rilasciato sotto falso nome», aggiunge Madsen,
spiegando che «l’uso di passaporti falsi
o autentici ma con identità false è una specialità del Mossad, che
dispone in Israele di una “fabbrica di passaporti” utilizzata per
produrre documenti di viaggio fasulli».
Sempre secondo Madsen, i falsi passaporti “made in Israel” sono stati
utilizzati per le operazioni del Mossad in Australia e Nuova Zelanda,
Stati Uniti e Canada, ma anche in paesi europei come Svizzera, Francia, Spagna, Germania e Gran Bretagna, oltre che in Est Europa
(Bielorussia, Ucraina), nei paesi arabi (Dubai), ma anche in Asia
(dall’India alla Thailandia) e in paesi come Costa Rica e Messico, Perù,
Brasile, Trinidad e Tobago, Venezuela, e anche in Turchia e nella Corea
del Nord. «Epstein aveva usato il suo falso passaporto austriaco per
viaggiare in Francia, Spagna (comprese le Isole Canarie), Arabia Saudita e Gran Bretagna». I vertici della struttura politica
e dell’intelligence israeliana sono anch’essi ben rappresentati nella
cerchia degli associati e degli amici di Epstein, scrive Madsen: i
misteriosi legami di Epstein con servizi di intelligence non
identificati erano venuti alla luce dopo le rivelazioni che ad Acosta,
mentre era procuratore degli Stati Uniti a Miami, era stato ordinato da
un’autorità superiore di «stare alla larga» dal caso Epstein perché il
finanziere «apparteneva all’intelligence» e Acosta avrebbe dovuto
«lasciarlo in pace».
Osserva Madsen: «Mentre l’uso del ricatto sessuale da parte delle
agenzie di intelligence è vecchio quanto le operazioni di intelligence
stesse, l’uso dei minori in queste “trappole al miele,” in genere, è di
competenza di poche organizzazioni di spionaggio, di cui la principale è
il Mossad israeliano. E considerando le connessioni israeliane di
Epstein – aggiunge l’analista – ci sono ottime possibilità che fosse
proprio il Mossad l’organizzazione per la quale Epstein preparava
ricatti politici». In primo luogo, il finanziere dei vip aveva gestito
il portafoglio finanziario di Leslie Wexner, il magnate dei negozi al
dettaglio con sede in Ohio. E la Wexner Foundation «aveva elargito
generose sovvenzioni ad organizzazioni israeliane, comprese borse di
studio per quei funzionari del governo israeliano che avessero voluto
conseguire diplomi post-laurea presso la John F. Kennedy School of
Government dell’Università di Harvard». In secondo luogo, l’assistente
amministrativa di lunga data di Epstein era Ghislaine Maxwell, figlia del defunto magnate britannico dei media,
Robert Maxwell. «Epstein e Ghislaine Maxwell erano stati, per parecchio
tempo, frequentatori abituali del club Mar-a-Lago di Trump».
Sebbene ci siano state diverse illazioni sui legami di Robert Maxwell
con vari servizi di intelligence, la sua sepoltura sul sacro Monte
degli Ulivi a Gerusalemme, riservata ai collaboratori più fedeli di
Israele, è la prova lampante della sua vita di servitore dello Stato
israeliano. Nel necrologio di Maxwell del 1991, l’allora primo ministro
israeliano Yitzhak Shamir dichiarò che Maxwell «aveva fatto per Israele
di più di quanto si possa dire oggi». Andando indietro nel tempo,
aggiunge Madsen, quella lealtà era servita ad Israele «non solo perché
Maxwell era un parlamentare del Regno Unito per il Partito Laburista, ma
anche come assicurazione sul fatto che il Partito Laburista avrebbe
mantenuto un atteggiamento filo-israeliano». Inoltre, Maxwell «manteneva
stretti rapporti con i leader comunisti dell’Europa orientale». Da canto suo, sempre secondo Madsen, «Epstein trafficava in ragazze minorenni provenienti dall’Europa
dell’Est, compresa l’ex Jugoslavia e la Cecoslovacchia», paese natale
di Robert Maxwell. Dal canto suo, Epstein era sempre in viaggio: dalla
Slovacchia al Messico,dal
Sudafrica al Marocco. «Aveva sempre pronta una scorta di denaro, e
anche cospicua». Possedeva anche una flotta di jet, tra cui un Boeing
727, soprannominato “Lolita Express”.
Epstein disponeva di un enorme ranch nel New Mexico e possedeva un
appartamento in Avenue Foch, vicino all’Arc de Triomphe, nel quartiere
più costoso di Parigi. La residenza di sette piani di Epstein nell’Upper
East Side di Manhattan veniva usata per intrattenere la nobiltà della politica,
dello spettacolo e persino della scienza. «Mentre parte della ricchezza
di Epstein proveniva indubbiamente dalla gestione del portafoglio di
Wexner e dagli investimenti per l’ormai defunta società di titoli Bear
Stearns di Wall Street e dall’uomo d’affari saudita Adnan Khashoggi –
scrive Madsen – l’aumento costante delle finanze di Epstein, sia durante
i periodi sia di rialzo che di ribasso di Wall Street, aveva
sconcertato gli esperti finanziari. L’uso da parte di Epstein di una
serie di società di comodo per spostare i suoi capitali è un forte
indizio del fatto che alcuni di questi provenissero dall’intelligence
israeliana, mentre altri flussi di cassa derivavano dai pagamenti dei
ricatti da parte di coloro che erano implicati nelle attività di
Epstein». Il trasferimento da parte di Epstein di ingenti somme dagli Usa a conti esteri «aveva fatto sì che Jp Morgan Chase e Deutsche Bank troncassero i legami con lui».
Non solo: «Il movimento di fondi di Epstein attraverso le filiali
della Deutsche Bank a New York e a Jacksonville, in Florida, nel 2015 e
nel 2016, aveva indotto la banca ad informare il Dipartimento del Tesoro
degli Stati Uniti tramite rapporti su attività sospette». La filiale di
Jacksonville, continua Madsen, aveva anche segnalato movimenti sospetti
di denaro attraverso Deutsche Bank da parte della Kushner Companies, la
società di proprietà del genero di Trump, Jared Kushner, e della Trump
Organization. Fiumi di soldi sospetti, frequentazioni altolocate, viaggi
continui. E residenze favolose, dotate di sofisticati sistemi di
intercettazione e telecamere di sorveglianza. «La Little St. James
Island di Epstein aveva una rete WiFi e cellulare estesa a tutta l’isola
che serviva ad intercettare telefonate, e-mail e messaggi di testo
inviati e ricevuti nell’area di copertura». In
una causa contro Epstein intentata da una delle sue numerose vittime,
si afferma che Epstein aveva installato telecamere nascoste in tutte le
sue proprietà per registrare, a scopo di ricatto, le attività sessuali
con ragazze minorenni di personaggi importanti.
«Durante la sua visita di Stato a Londra, il principale
accompagnatore di Trump era stato il principe Andrea», che – al di là
delle smentite ufficiali – ha avuto «un ruolo di primo piano nella
cerchia degli amici di Epstein». Senza scordare, aggiunge Madsen, che la
Gran Bretagna «non si è ancora ripresa dalle gesta pedofile
dell’intrattenitore di lunga data della “Bbc”, Jimmy Savile». Non è
tutto: «Implicati per diversi decenni nella dissolutezza di Savile erano
stati anche il primo ministro conservatore Edward Heath, l’ex
funzionario dei servizi segreti del Mi-6, Sir Peter Hayman, il deputato
democratico liberale Cyril Smith, il parlamentare del Partito Liberale,
Sir Clement Freud (nipote del famoso psicopatologo Sigmund Freud) e il
collega del Partito Laburista, Lord Greville Janner». Secondo Madsen, «è
indiscutibile il fatto che i vertici dell’establishment della sicurezza
e dell’intelligence britannica siano affollati di pedofili». Indagini ad alto rischio: «Politici e media
che cercano di scoprire fino a che punto i pedofili rivestano posizioni
di alto livello nel governo, nella Chiesa, nello spettacolo e in altri
settori sono spesso oggetto di minacce».
D’altro canto, continua Madsen, i soldi di Epstein avevano assicurato
il silenzio dei governi delle Isole Vergini americane, del Nuovo
Messico, della Florida e dell’ufficio del procuratore distrettuale di
Manhattan. «Il “Miami Herald”, i suoi giornalisti e i suoi editori che
avevano scoperto i dettagli del caso Epstein, erano stati minacciati.
Così anche i politici che avevano perseguito i complici politici di
Epstein in Florida». Tra quelli minacciati figurano in Florida la
senatrice Lauren Book e in Pennsylvania Kathleen Kane, procuratore
generale del Commonwealth: «A causa delle sue ostinate indagini sui
pedofili nel governo dello Stato della Pennsylvania, Kathleen Kane è
stata incriminata sulla base di false accuse, costretta a dimettersi
dall’incarico e condannata a una pena detentiva». L’ex ministro della
sanità dell’Isola di Jersey, Stuart Syvret, è stato etichettato dai media
come “pazzo cospirazionista” per le sue indagini sugli abusi sessuali
su minori nell’orfanotrofio dell’isola di Haute de Garenne. In un’intervista del 2007 ad una rivista francese, il presidente francese Nicolas Sarkozy aveva scioccato la Francia dicendo che era «incline a pensare che le persone nascano pedofile e che sia anche un problema che non sappiamo come gestire».
Osserva Madsen che la Francia
sarebbe stata tiepida, con Epstein, anche sotto la presidenza Macron:
anche se il finanziere è stato arrestato in un aeroporto del New Jersey
mentre era di ritorno da Parigi sul suo aereo privato, «le autorità
francesi non sono state particolarmente veloci nell’aprire un’indagine
sulle attività di Epstein in Francia».
Secondo Madsen, Jeffrey Epstein godeva di potentissime protezioni
internazionali: «È stato l’insabbiamento della sua passata attività di
pedofilia che aveva fatto finire in prigione l’ex presidente
repubblicano della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, Dennis
Hastert, un tempo il secondo in ordine di importanza per la candidatura
alla presidenza degli Stati Uniti». E ora, il processo federale contro
Epstein era previsto per l’estate del 2020, «proprio nel bel mezzo della
campagna presidenziale degli Stati Uniti». Le prove che sarebbero state
presentate, «oltre un milione di pagine», avrebbero potuto influenzare
pesantemente l’esito delle elezioni. «Gli stretti rapporti di Trump con
Epstein – ha scritto Madsen, prima del presunto suicidio del finanziere –
potrebbero essere la ragione per cui così tanti membri repubblicani
della Camera dei Rappresentanti stanno abbandonando la nave». Ma niente
paura: ora Jeffrey Epstein non parlerà più.
fonte: LIBRE IDEE
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