La filosofia di Giordano Bruno è il grido di coraggio per alzare la testa contro la sottomissione fideista, che vuole un’umanità eterna minore: «gregge», «asino», «pulcino», «pulledro». In uno stato di perenne infantilismo, sottomessa a libri “sacri” e ai loro “sacralizzati” interpreti, che con la promessa del cielo pretendono di dettar legge sulla terra. Bruno a costoro toglie ogni ruolo, non solo mettendone a nudo le brame di potere, ma spazzando via le gabbie dell’ideologismo delle loro presunte Verità eterne. Il copernicanesimo è il trampolino di lancio della rivoluzione bruniana dell’infinito divenire. «Con la Terra ruotano tutte le cose che in terra stanno». Quindi, anche soggezione mentale e sociale possono essere ribaltate, cancellate. Ed è l’uscita dell’umanità dalla condizione infima in cui la divisione tra un cielo superiore ed una terra inferiore la costringeva. Ciascun individuo può finalmente volare sulle ali della libertà, per conoscere, comprendere, agire autonomamente.
Bruno azzera creazionismo, finalismo, provvidenzialismo: «gentil sogno, baia di rimbambiti» – per usare la squilla delle sue parole – riportando il pensiero a funzione corporale, così che ogni individuo, libero dai “padroni dell’anima”, possa diventare «padrone del proprio destino». Gli esseri umani, fiduciosi nella ragione, nei sentimenti nelle possibilità e capacità loro, possano finalmente «far quel progresso col spirito», «e liberarse da le chimere di quei che [...] discesi dal cielo, con multiforme impostura han riempito il mondo tutto d’infinite pazzie». La filosofia di Bruno diviene militanza politico-sociale. Il filosofo deve essere «risvegliator di dormienti» per la liberazione da dogmi e padroni. La sua filosofia ci costringe a fare i conti con pregiudizi e ristrettezze mentali. Perché non ammette zone grigie. Perché è un atto d’accusa contro l’opportunismo, la pavidità, l’ipocrisia che producono – scrive Bruno – il «servilismo che è corruzione contraria alla libertà e dignità umana».
Giordano Bruno è la tromba del coraggio dell’emancipazione, per sperimentarci al di fuori delle maschere inumane di chi vorrebbe un mondo già tutto descritto e prescritto per schiavi consenzienti, che docilmente – scrive il nostro filosofo – si fanno «guidare con la lanterna della fede, cattivando [imprigionando] l’intelletto a colui che gli monta sopra et, a sua bella posta, l’addirizza e guida». Al regno della sottomissione, l’umanità deve sostituire il regno delle libertà e dei diritti. Il regno della dignità e dell’uguaglianza. «Non è possibile – afferma il nostro filosofo – che tutti abbiano una sorte; ma è possibile ch’a tutti sia ugualmente offerta. La legge – aggiunge – faccia che gli potenti per la loro preminenza e forza non sieno sicuri». Especifica: «Gli potenti sieno più potentemente compressi e vinti» affinché «gli deboli non siano oppressi».
E ancora: «Due son le mani per le quali è potenza a legare ogni legge, l’una è quella della giustizia, l’altra è della possibilità; [...] atteso che quantunque molte cose sono possibili che son giuste, niente però è giusto che non sia possibile». Noi oggi chiamiamo tutto questo Democrazia. E sappiamo bene che non esiste senza Laicità. Laicità: dimensione privata e pubblica per la dignità di ogni essere umano contro gli analfabeti dei diritti umani, che vomitano la più nera pulsionalità di sopraffazione sul mondo intero. Contro questi razzisti, maschilisti, sessisti, omofobi… dobbiamo essere intransigenti, per non essere rituffati nella notte della non verità che mandò Bruno al rogo.
(Maria Mantello, “Giordano Bruno, il coraggio dell’emancipazione”, da “Micromega” del 15 febbraio 2016).
fonte: www.libreidee.org
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