CRISTO MORTO - ANDREA MANTEGNA
martedì 10 settembre 2013
le blogger - 2 -
tempo fa lessi in giro che il sesso non è per tutti... può darsi. Io sostengo a dispetto della frase fatta, che la SENSUALITA' non è per TUTTE, dono prettamente femminile, una rarità.
Di recente, ho scoperto la nascita di un nuovo blog, dove emerge la splendida figura di CARLOTTA, una femmina dalla sensualità innata, non costruita come se ne vede spesso purtroppo.
Carlotta a mio avviso, è la quintessenza della femminilità, è bella, attraente, affascinante, ammaliata di grazia (mai volgare), ironica, intelligente, potrei continuare ma non proseguo, altrimenti si monta la testa... ahahah... Come ovvio che sia, la maggior parte dei seguitori sono maschi. Al momento suppongo di essere l'unica donna che la segue, ma dubito a tal proposito.
Sono attratta da lei, lo confesso... detta da una come me che è sensuale come un carro attrezzi. Ho salvato alcune foto sue e presumo di continuare a farlo, in caso un giorno decidesse di rimuovere il blog. Troppi imprevisti ruotano attorno a noi.
Per il resto nulla di che. Qualcuna è convolata a nozze. Qualcuna latita. Qualcuna non sta bene e giustamente non appare. Qualcuna marca il territorio come i cani, lasciando il meglio di se...
Non mi sorprenderebbe se qualche signora si facesse riprendere mentre caga... Scusate, ma cerco di essere più realista possibile, d'altra parte aprire le gambe o farsi "ingroppare" da un maschio prestante è banale... Sono certa che alcune persone oseranno oltrepassare il confine del buongusto... L'essere umano è così vasto! Pure troppo!
Però, fintanto che ci saranno donne come Carlotta o Kamala, che uniscono l'acume intellettuale con l'erotismo, posso stare tranquilla, perché alla fine di tutto, è sempre un piacere leggerle e guardarle... E se Dio esiste davvero, qualcosa di buono ha combinato.
lunedì 9 settembre 2013
di nude riflessioni di Viaggiatore Immaginario
Ma alle
donne piace il cazzo?
Ovvio, ho
sempre pensato di si. Così come ho sempre pensato che agli uomini non piacesse.
Ciò che
trasgrediva a questo normale corso delle cose era un’eccezione, una
particolarità.
Ma poi piano
piano la mia visione ha cominciato a vacillare.
Comincio a
capire che a moltissimo uomini il cazzo piace, eccome. E non parlo magari di
persone particolari, gay o bisessuali, parlo proprio dell’uomo medio, del comune
uomo della strada, a cui piace solo quello, e non tutto ciò che lo contorna.
Ma la cosa
ancora più sorprendente per me, è sentire a quante donne “comuni” NON piace!
Un conto è
leggere resoconti e pareri tra donne che scrivono o frequentano blog a tema
erotico, un altro e conoscere le idee e i gusti delle donne con cui abbiamo a
che fare tutti i giorni.
Tempo fa la
mia donna, durante un discorso semi serio sulla pratica della fellatio, mi ha
ammutolito con un laconico: ma guarda che tu sei fortunato, la maggior parte
delle mie amiche o delle donne che conosco i pompini li fa poco o addirittura
non li fa.
E via a
sciolinarmi una lista di insospettabili refrattarie al cazzo in bocca.
Meditabondo,
ripenso al curioso paradosso, mentre mi rilasso sulla mia sdraio nel solarium
della piscina, completamente nudo e lucido di sudore al sole del tardo mattino.
Faccio finta
di leggere il mio libro, ma in realtà mi osservo curioso intorno.
Davanti a
me, un uomo single si guarda intorno con palese aria di ricerca, allargando le
gambe in modo piuttosto esibizionista. E’ il classico motociclista, massiccio,
rasato e tatuato, che evidentemente si dà all’esibizionismo in quanto dotato di
materia da esibire. Il suo cazzone grosso e scappellato infatti si adagia
languido sulla pancia, e un enorme piercing che spunta dalla cappella risplende
al sole attirando ancora di più l’attenzione.
La pitonica
visione, innesca una nuova discussione con la mia dolce e altrettanto nuda e
sudata metà: ma che schifo ma che noia tutti ‘sti piselli all’aria, che volgari
alla fine non attraggono niente anzi e poi come fanno con quel ferraccio? Ecc
ecc..
Un tema e
una posizione che ha caratterizzato questi primi giorni di vacanza.
Perplesso
non ribatto… io lo trovo eccitante. Pensa che bell’effetto farebbe da duro!
Torniamo nel
nostro bungalow discutendo ancora del vero spirito del naturismo,
dell’ipocrisia o meno nel voler far sembrare naturale lo star nudi.
Per me
ipocrita è fingere di ignorare un aspetto normale della vita come il sesso,
vergognarsene come se fosse una cosa sporca, un crimine.
Il bello di
un villaggio naturista, con famiglie e bambini che vivono in completa nudità, è
riconoscere ed accettare il sesso e l’erotismo che aleggia costantemente su
tutti.
Non provarne
vergogna o ripugnanza, ma crogiolarsi in quest’aria di sottintesi e continui stimoli alle fantasie
erotiche. Non si può credere che nessuno faccia caso ai corpi nudi, e che non
ci sia la costante consapevolezza di essere guardati. Bisogna goderne e
coltivare queste sensazioni.
Con un
minimo di quaranta gradi nell’aria immobile del primo pomeriggio all’interno
della cameretta, i nostri corpi sudati e non lavati lasciano emergere fragranze
vere e, appunto, naturali che mi eccitano in maniera incredibile.
In piedi,
appoggiato alla parete di legno, osservo l’esterno e il via vai di gente sul vialetto distante
pochi metri.
Rifletto che
in fondo il vero problema è proprio ammettere le proprie fantasie e i propri
istinti. E da come lei si è gettata sul mio cazzo, cercando di con grandi
sforzi di farlo scomparire tutto nella sua bocca, deduco che i discorsi e le
visioni della mattinata siano state benefiche per entrambi allo stesso modo.
Ansima e
sbava guardandolo con adorazione. E’ proprio eccitata, e il riflesso della sua
eccitazione ha un effetto incredibile sulla mia.
Mi afferra
con entrambe le mani le chiappe, spingendoselo in bocca con un mugolio
continuo.
Irrigidisco
i muscoli e contraggo il perineo per darle il massimo dell’erezione, e vedere
le vene gonfie e sinuose sulla pelle abbronzata forse mi trasmette anche un
sottile sentimento di invidia per lei.
Le chiedo se
vorrebbe che mi facessi anch’io un bel piercing sulla cappella.
Mi guarda e
sorride mentre si volta sedendosi sul bordo del letto sfatto:
In effetti
non starebbe male… ma adesso mettimelo nel culo così com’è.
venerdì 6 settembre 2013
il suo sperma
Il suo sperma...
(Da: Clinica dell’abbandono)
Il suo sperma bevuto dalle mie labbra
era la comunione con la terra.
Bevevo con la mia magnifica
esultanza
guardando i suoi occhi neri
che fuggivano come gazzelle.
E mai coltre fu più calda e lontana
e mai fu più feroce
il piacere dentro la carne.
Ci spezzavamo in due
come il timone di una nave
che si era aperta per un lungo viaggio.
Avevamo con noi i viveri
per molti anni ancora
i baci e le speranze
e non credevamo più in Dio
perché eravamo felici.
ALDA MERINI
mercoledì 4 settembre 2013
la strage di Beslan
Alle 9 e 30 di mattina del primo settembre 2004, un gruppo di separatisti ceceni attaccò la Scuola Numero Uno della città di Beslan, nell’Ossezia del Nord, e per 52 ore tenne in ostaggio 1.200 persone, in gran parte bambini. Durante l’assedio e nel disordinato assalto delle forze speciali russe morirono 385 persone mentre quasi ottocento furono ferite. Fu il più grave attacco terroristico mai avvenuto in Russia, il secondo più grave nella storia moderna.
L’assalto alla scuola
Poco dopo l’alba del primo settembre 2004 un gruppo di uomini armati abbandonò un campo di fortuna costruito nei boschi dell’Inguscezia, poco lontano da Beslan, una città di 35mila abitanti nell’Ossezia del Nord. Inguscezia e Ossezia sono due repubbliche della Federazione Russa e si trovano nel Caucaso, poco lontano da un’altra repubblica federata, la Cecenia, un paese dove da decenni si combatte una sanguinosa guerra civile.
Poco dopo l’alba del primo settembre 2004 un gruppo di uomini armati abbandonò un campo di fortuna costruito nei boschi dell’Inguscezia, poco lontano da Beslan, una città di 35mila abitanti nell’Ossezia del Nord. Inguscezia e Ossezia sono due repubbliche della Federazione Russa e si trovano nel Caucaso, poco lontano da un’altra repubblica federata, la Cecenia, un paese dove da decenni si combatte una sanguinosa guerra civile.
Il gruppo che lasciò il campo, dissero successivamente le autorità russe, era formato da 30 uomini e due donne. Erano tutti armati, indossavano divise mimetiche militari, giberne per le munizioni e passamontagna. Le due donne erano vestite di nero, con un velo a coprire il volto, e sotto i vestiti indossavano cinture piene di esplosivo.
Intorno alle 9 e 30 il gruppo arrivò a bordo di un camion militare e di un’auto della polizia davanti alla Scuola Numero Uno di Beslan. Tra personale scolastico, alunni, genitori e altri parenti, nel cortile erano radunate più di 1.200 persone. Il primo settembre è il giorno tradizionale dell’inizio della scuola in tutta la Russia. Di solito, le famiglie accompagnano i figli a scuola e si trattengono la mattina per assistere alla cerimonia di inizio anno.
Quella mattina gli alunni erano disposti a ferro di cavallo nel cortile. I maschi indossavano pantaloni blu e camicie bianche, le femmine abiti scuri. In molti tenevano in mano palloncini pieni di elio. In quei primi istanti in cui il gruppo armato scese dal camion, alcuni testimoni raccontarono di averli scambiati per uomini delle forze speciali dell’esercito russo in addestramento.
Il fraintendimento durò poco: dopo essere scesi dai camion, i terroristi cominciarono a sparare in aria. Un paio di loro bloccarono l’uscita del cortile, mentre gli altri spingevano le persone a entrare nella scuola e gridavano: «Allahu akhbar!», “Dio è grande” in arabo. In quegli attimi di confusione circa 50 persone riuscirono a fuggire, ma quasi 1.200 tra bambini, genitori e personale della scuola vennero presi in ostaggio e rinchiusi nella palestra della scuola.
Otto persone vennero uccise nella confusione di quei primi minuti. Uno di loro si chiamava Ruslan Betrozov. Era uno dei genitori venuti ad assistere alla cerimonia. Immediatamente dopo aver radunato gli ostaggi nella palestra uno dei terroristi ordinò a tutti di sedersi e parlare esclusivamente in russo – l’osseto è una lingua molto diversa dal russo, molto antica e lontanamente imparentata con l’iraniano. Betrozov si alzò in piedi e, con calma, tradusse quelle parole in osseto. Quando finì di parlare uno dei terroristi gli si avvicinò e gli chiese: «Hai finito? Hai detto tutto quello che volevi dire?». Betrozov annuì e l’uomo gli sparò in testa.
I terroristi cominciarono subito a minare la palestra. Due di loro tirarono fuori da grossi zaini militari fili elettrici, pinze e un motore elettrico. Alcune erano semplici scatole o bottiglie piene di esplosivo, altre erano costituite da secchielli blu riempiti di una pasta esplosiva mista a chiodi, pezzi di ferro e bulloni. Queste bombe vennero sollevate con una serie di fili legati ai canestri della palestra e collegate insieme alle altre bombe a un circuito elettrico.
L’innesco delle bombe era costituito da una specie di pedana collegata ai fili elettrici. I terroristi restavano a turno in piedi sulla pedana (schiacciata dal loro peso), che funzionava come un interruttore e quindi teneva il circuito chiuso. Se il terrorista fosse sceso, magari perché colpito da un proiettile, la pedana si sarebbe sollevata, aprendo il circuito e innescando le bombe. Nello stesso momento diversi bambini furono prelevati dal gruppo principale e costretti a rimanere in piedi, davanti alle finestre. Nel frattempo, intorno alle 10 e 30 di mattina la scuola venne circondata dalla polizia locale e da alcune unità dell’esercito, mentre cominciavano ad arrivare sul posto gli uomini delle forze speciali del ministero degli Interni.
lunedì 2 settembre 2013
il verde e il grigio
Una leggera foschia fluttua come un sogno dentro ad un altro sogno.
Un grido di rondine fende l’aria.
Un giovane dall’aria trasandata osserva il biglietto ferroviario, lo convalida, attendendo nervosamente l’arrivo dell’unico treno in partenza, una littorina del 1957, dove i graffiti ricoprono una parte dei finestrini sporchi. Il nome del paese non è riportato, causa lavori di manutenzione.
Non ha una meta precisa, non sa dove andare, appare disorientato.
C’è qualcosa dentro di lui che ostacola, che mette in discussione le facoltà cognitive, come una malattia subdola che compromette silenziosamente l’orientamento spazio-tempo.
L’estrinseco, da sempre detta regole, ruba, prende quello che gli appartiene e lascia meno di niente.
Al ragazzo, il mondo, ha lasciato solamente due colori, il verde e il grigio. Il verde rappresenta i luoghi dove è nato, il grigio, lo stato d’animo.
L’unico vagone è giunto. Appare un uomo anziano, ha con sé la Gazzetta di Mantova. Salgono entrambi. La partenza è lenta e rumorosa.
Il vecchio apre il giornale di un mese prima, memorizzando fatti accaduti quel giorno. Avvenimenti piccoli di paesi piccoli. Osserva il giovane che guarda lo scorrere delle cose, stesse case, stesse strade, stesso tutto.
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