CRISTO MORTO - ANDREA MANTEGNA

giovedì 28 settembre 2017

il Fentanyl uccide 91 statunitensi al giorno

È ormai la prima causa di morte per gli americani sotto i 50 anni, quindi in età produttiva: 91 americani muoiono ogni giorno per overdose da Fentanyl, un oppioide sintetico, antidolorifico, che crea forte dipendenza. La chiamano “opioid epidemic”: 52.000 morti nel 2015, 59.000 nel 2016 (più 19%), già oltre 60.000 ad agosto 2017; saranno almeno 65.000 a fine anno.
Aumenti spaventosi.
Gli Stati Uniti sono il paese con più morti per overdose del mondo per milione di abitante e lo sono per un differenziale enorme: 245,8 morti ogni milione all’anno contro i 26,4 per milione in Europa, dati del 2015, quindi 10 volte di più. A morire per overdose non sono tanto i neri o gli ispanici, sono soprattutto i bianchi, e soprattutto i maschi bianchi. Un coroner della Pennsylvania occidentale lamenta: ogni notte mi arrivano anche 13 corpi, non so più dove metterli; è come una peste.
In vari Stati i poliziotti sono stati forniti di Naloxone, un farmaco d’emergenza: se trovano un morente per overdose, l’iniezione può salvarlo, ma ovviamente non fa nulla per ridurre il tasso di dipendenza. Lo Stato dell’Ohio ha querelato cinque farmaceutiche che fabbricano e producono il Fentanyl, per “favoreggiamento dell’epidemia”.
Incredibilmente, il Fentanyl viene prescritto dai medici, appunto come antidolorifico – almeno all’inizio. Poi i pazienti cominciano a comprarlo illegalmente.
Ci sarebbe anzitutto da chiedere: per quali mai dolori gli americani si rivolgono al medico, se il medico trova normale prescrivere un “antidolorifico” oppioide sintetico «che è 50 volte più forte dell’eroina e 100 volte più potente della morfina»? Quali dolori – se non quelli incoercibili del cancro terminale – richiedono un tale palliativo? Oppure si tratta della necessità di “funzionare” sul lavoro anche se si soffre per un qualunque dolore perché non ci si può assentare? E poi: sono dolori fisici, quelli che gli americani maschi bianchi vogliono soffocare con la prescrizione, o dolori spirituali a cui non sanno dare un nome?
Anche il male sociale è stato privatizzato. Te lo curi da te.
Il sito “Governing.com”, notiziario di tutti gli enti locali, osa un’altra diagnosi: «Non è come le passate crisi per droga, come quelle del crack o delle meta-anfetamine, non è la comparsa di una nuova classe di droghe che creano dipendenza a far morire ogni giorno 91 americani. Questa crisi degli oppiacei è una crisi del lavoro; è una crisi di affitti accessibili per le case. Le stesse forze che hanno rimodellato l’economia nel decennio scorso, hanno lasciato il vuoto riempito, in certe zone, dagli oppioidi».
E aggiunge: «Uno studio dell’Università di Pennsylvania dopo le elezioni presidenziali dello scorso novembre ha scoperto che il presidente Trump ha preso enormemente più voti del previsto in quelle province (contee) che registrano il più alto tasso di “morti da disperazione”, ossia suicidi, overdosi di droga o da alcolismo. Ciò mostra che molti americani si sentono lasciati indietro dall’economia che cambia, e non credono più che il quadro politico attuale li sta aiutando». Dunque sono i bianchi maschi, in età da lavoro, che devono “funzionare” anche se malati per non essere licenziati; gente che votava democratico, spesso, che invece ha votato l’uomo nuovo che ha promesso, o anche solo dato l’impressione, di avere a cuore la loro tragedia? Forse i dolori che accusano questi bianchi non vengono dal corpo, né propriamente dallo spirito – ma vengono da una malattia sociale cui non sono più abituati a dare il senso giusto: ossia politico e collettivo, e che reinterpretano come un dolore privato, da “superare” e da “ingoiare”?
Ho già accennato – troppo in breve – a un altro studio di due università, la Boston University – Department of Political Science – e la University of Minnesota Law School, sul rovesciamento del voto in circoscrizioni tradizionalmente democratiche, che hanno rifiutato Hillary Clinton e votato invece per Trump: sono quelle dove un numero maggiore di soldati, giovani che avevano “servito la patria” nei 15 anni di guerre americane, sono tornati nelle bare, o vivi e mutilati, o invalidi psichici. Per lo studio, tre Stati chiave per la vittoria di Donald (Pennsylvania, Michigan e Wisconsin) avrebbero dato la vittoria a Hillary se i vicini non avessero visto tante famiglie in lutto o con un invalido di guerra in casa. «Trump ha parlato a questa parte dimenticata dell’America». L’America dimenticata che sta elevando una silenziosa protesta per il costo umano che sta subendo per sostenere i 15 anni di guerre insensate non solo politicamente, ma eticamente (sono infatti, sappiamo, “guerre per Israele”). Il tasso immane di suicidi fra i soldati americani, da otto anni in crescita, è leggibile come l’estrema protesta silenziosa e impotente di un popolo per quello che lo costringono a fare?
Nella fanteria, la più colpita, si toccano 29,9 suicidi per 100.000 persone, oltre il doppio della popolazione generale (12,6 per 100.000). Punte di un suicidio ogni 2,2 giorni. Si uccidono molto gli appena arruolati, anche prima di essere dispiegati in territorio nemico; ma moltissimo i congedati: «Venti reduci ogni giorno muoiono per suicidio», dice un rapporto ufficiale della Veteran Authority del 2016.
“I soldati si uccidono per la guerra perpetua”.
Sulle cause, silenzio. Jason Roncoroni, un tenente colonnello che ha fondato una associazione di prevenzione del suicidio, tocca l’argomento tabù: «Attribuisce il tasso fra i militari al sentimento, fra loro, che le guerre americane non finiranno mai, e l’aspettativa di missioni future senza fine. Abbiamo sfumato la linea tra il tempo di guerra e il tempo di pace». Già: il tasso di suicidi s’è alzato dai primi anni 2000, inizio delle guerre “al terrorismo” (11 Settembre 2001), e non è mai calato. Anche, qui, sono i maschi bianchi a suicidarsi di più: i bianchi compongono poco più della metà dei soldati in servizio, ma i suicidi fra loro sono 7 su 10.
Si piega sotto il fardello dell’uomo bianco, l’americano qualunque; l’uomo bianco che deve “funzionare”, e proprio per questo l’hanno caricato con un fardello che ormai lo schiaccia. E lui, sotto, incapace di sollevarlo, ci si uccide. Fatto istruttivo, solo l’armata israeliana ha tassi di suicidi paragonabili.
Aggiungiamoci i 500 omicidi l’anno nella sola città di Chicago, in cui sono coinvolti soprattutto negri, quasi due al giorno, e in continuo aumento. Nell’insieme è l’immagine di una popolazione che si autodistrugge, che si devasta. O che viene devastata dalla “economia che cambia” e “li lascia indietro”, con paghe sempre minori ed affitti da pagare, e la coscienza della propria inutilità. È il capitalismo terminale, quello che fa profitti non più producendo merci ma producendo bolle finanziarie, che nella sua perfezione ideologica applicata persegue la massima efficienza come la intende: pagare il meno possibile il lavoro, precarizzarlo, sostituirlo con robot a tappe forzate, per retribuire al massimo il capitale finanziario.
Tale “efficienza” porta l’effetto paradossale e opposto, che le imprese industriali rimaste in Usa fanno fatica a trovare lavoratori qualificati che non siano resi inservibili dall’oppioide. L’allarme è stato lanciato non da organizzazioni sociali, ma dalla stessa Federal Reserve. Le Fed di St. Louis ha denunciato l’introvabilità di lavoratori non drogati, e quindi improduttivi, in un “Libro Beige” diffuso il 12 luglio.
La stessa Janet Yellen, la governatrice della Federal Reserve, ha spiegato in un’audizione al Senato che «gli oppioidi erano una delle cause del crollo della forza-lavoro», insieme beninteso ai robot e alle delocalizzazioni.
Un crollo inaudito dalla «partecipazione alla forza lavoro», ossia delle persone che si offrono di lavorare. «Oggi, il 15% degli uomini fra i 25 e i 54 sono inspiegabilmente spariti dalla forza-lavoro – ossia uno ogni sette – nonostante il tasso di disoccupazione sia calato». Sono drogati che non riescono più a “funzionare”. La Yellen ha aggiunto di non capire e non sapere se «un così diffuso abuso di oppiacei sia la causa, o invece il sintomo di “malattie di lunga durata” di questi lavoratori».
La Yellen ha aggiunto di non capire e non sapere se “un così diffuso abuso di oppiacei sia la causa, o invece il sintomo di “malattie di lunga durata” che questi lavoratori”. Ecco, appunto: malattie non curate, perché mica ci si può assentare dal lavoro, e mica si può pagare l’assicurazione sanitaria e represse con il farmaco da prescrizione. L’efficienza capitalista terminale ha costituito una società anti-umana, dove i deboli e i poveri sono spregiati e trattati da bocche inutili, abbandonati.
L’abolizione di ogni protezione sociale (un costo), di ogni educazione superiore per chi non se la può permettere – e quella superiore che produce snowflakes senza spina dorsale, incapaci di sopportare la minima frustrazione esistenziale, legati al potere dal politicamente corretto, inutili per una rivoluzione –, l’ideologia permissiva e trasgressiva funzionale ai consumi superflui, si rivelano un regno sotto cui gli uomini si devastano e si danno la morte. Una specie di estrema, inconscia e impotente protesta contro un sistema radicalmente inumano e nichilista, non riconosciuto per tale dalle stesse vittime, che le spinge ad eliminarsi. A tal punto l’uomo è un animale “politico”.
Ovviamente il Sistema impone le sue cure in più alte dosi: ancora più robot per sostituire i salariati inefficienti, ancora più licenziamenti nei servizi, meno commesse e commessi negli shopping centers – che del resto chiudono l’uno dopo l’altro, perché si compra su Amazon e si risparmia.
La finanza speculativa persegue la perfezione della sua utopia disumana: non lasciare niente alle masse, per prendersi tutto, letteralmente tutto per sé.
Uno degli effetti viene descritto così: “L’industria Usa della ristorazione è bloccata nel suo peggiore collasso dal 2009”. Sempre meno clienti. Si deve sapere che quando si parla di “industria della ristorazione” (ma non era un servizio?) non si intendono i ristoranti di lusso, ma i McDonalds e simili in cui mangia in fretta con 5 dollari un hamburger l’uomo comune. Quello che adesso è senza salario e si spende il poco che ha in oppioidi. Chi ci devono andare da McDonalds, secondo il capitalismo terminale? I robot con cui ha sostituito le persone?
E in questa spaventosa crisi e collasso di un intero popolo, cosa fanno le sinistre (alla Soros?) incitano i neri alla distruzione dei monumenti confederati; un’operazione sistematica cui si prestano i negri e gli snowflakes, e a cui i “suprematisti bianchi” di Charlottesville hanno reagito come sappiamo. Un modo molto astuto di deviare la rabbia popolare perché non si rivolga contro i loro veri oppressori.
Non si creda che queste cose in Europa non succederanno. Già stanno succedendo.
Chissà chi sono quegli italiani che spendono 14,5 miliardi l’anno in stupefacenti, la metà in cocaina.
“Il mercato del lavoro non si rivolge più a chiunque, ma cerca solo i più qualificati in alto e i non-qualificati affatto, in basso. Via la classe media! Le classi popolari non fanno più parte del progetto economico delle classi dirigenti, e non interessano il mondo intellettuale”: così il sociologo Christophe Guilluy in “La France Périphérique – Comment on a sacrifié les classes populaire”: dove dimostra come i veri poveri non stano nelle banlieues multirazziali tanto osservate dai media, che invece raccolgono almeno le briciole della nuova economia ultra—metropolitana, essendo vicine a Parigi (dove gli operai sono calati dal 25% all’8%, mentre i dirigenti sono passati dal 15 al 42%). No, i veri poveri sono i dimenticati del Nord ex industriale, dimenticati da tutti,che votano FN e affondano nell’alcolismo – vecchio segnale francese di disperazione. Ma per questo occorrerà un altro articolo.
Fonte tratta dal sito .

fonte: http://wwwblogdicristian.blogspot.it/

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