CRISTO MORTO - ANDREA MANTEGNA

venerdì 26 febbraio 2016

sempre più tonti, la prevalenza dell'idiocrazia


PROVE SCIENTIFICHE DIMOSTRANO ORMAI, SENZA POSSIBILITA' DI ERRORE, CHE STIAMO DIVENTANDO SEMPRE PIU' STUPIDI

La gente è più stupida di una volta? Le generazioni precedenti erano più acute di noi? Forse è da un po’ che sospettate che la gente stia diventando più stupida, ma ora in effetti abbiamo prove scientifiche che dimostrano che è proprio così. Come leggerete di seguito, i quozienti intellettivi medi stanno diminuendo in tutto il mondo, i punteggi dei test scolastici statunitensi sono in declino da decenni, e gli scienziati hanno perfino scoperto che i nostri cervelli nel tempo sono diventati più piccoli. Perciò se in alcuni giorni vi sembra di svegliarvi nel bel mezzo del film “Idiocrazia”, forse non siete molto lontani dalla realtà. Molti ingredienti del nostro cibo-spazzatura non beneficiano lo sviluppo celebrale, il nostro sistema educativo è una barzelletta totale, e la maggioranza degli americani sono assolutamente dipendenti da fatui intrattenimenti.

Per fortuna ai nostri giorni abbiamo un sacco di tecnologia che pensa al posto nostro, perché se dovessimo dipendere dalle nostre capacità mentali saremmo quasi tutti nei guai. Purtroppo sembra che si tratti di un fenomeno in corso in tutto il pianeta. Come spiegato recentemente da un articolo del Daily Mail, i quozienti intellettivi stanno calando in un paese dopo l’altro:

“Richard Lynn, psicologo alla University of Ulster, ha calcolato il declino del potenziale genetico umano. Ha usato i dati sui quozienti medi di tutto il mondo dal 1950 al 2000, e scoperto che la nostra intelligenza collettiva è scesa di un punto. Il dr. Lynn prevede che, se la tendenza continua, potremmo perdere altri 1,3 punti di QI entro il 2050.” Un punto di QI non sembra molto, ma quando si torna ancora più indietro nel tempo il declino diventa molto più consistente. Per esempio, un professore di psicologia all’Università di Amsterdam, Jan te Nijenhuis, ha calcolato che dall’epoca vittoriana abbiamo perso in media 14 punti di QI.

E non abbiamo bisogno che ce lo dica un professore. Basta andarsi a leggere un po’ di letteratura di allora. Essa è per lo più di un livello così alto che io faccio perfino fatica a capirla. Ci sono anche altre prove che dimostrano come la gente stia diventando più stupida. Ad esempio i punteggi dei test scolastici (SAT) negli Stati Uniti, che negli ultimi anni sono scesi considerevolmente:

“Pare ci sia una tendenza preoccupante nelle scuole superiori americane. Se valutiamo la qualità dell’insegnamento dai punteggi che gli studenti ottengono nei loro SAT, sembra che le cose stiano peggiorando. Dal 2006, i punteggi medi dei SAT sono diminuiti di 20 punti, da 1518 a 1498 nel 2012. I punteggi sono calati anche in ciascuna delle tre categorie testate, ovvero la lettura è calata di 9 punti, la matematica di 4 e la scrittura di 9. Si può supporre che gli studenti non stiano diventando meno intelligenti, quindi cosa sta succedendo esattamente?”

E questo calo nei punteggi SAT non è solo rispetto a qualche anno fa. Come illustrato da un grafico di zerohedge, è invece in corso da decenni.



Ci sono perfino alcuni scienziati convinti che questo declino nelle facoltà mentali umane stia avvenendo da millenni. Alcuni danno la colpa alle mutazioni genetiche, altri lo attribuiscono al fatto che i nostri cervelli si sono progressivamente rimpiccioliti. Per esempio, sentite cos’ha concluso uno studio condotto dalla Cambridge University:

“Il genere umano si sta considerevolmente rimpicciolendo. Gli esperti affermano che gli esseri umani hanno superato il picco di dimensioni, e che quelli odierni sono il 10% più piccoli e bassi dei nostri antenati cacciatori-raccoglitori. Anche i nostri cervelli sono più piccoli. I risultati dello studio ribaltano il luogo comune secondo cui gli umani sarebbero diventati più alti e grandi, una credenza basata sugli sviluppi fisici più recenti. Il declino, affermano gli scienziati, è avvenuto nel corso degli ultimi 10.000 anni. Ne attribuiscono la causa all’agricoltura, che, per via della dieta ristretta e dell’urbanizzazione, avrebbe aumentato le malattie.”

La maggioranza di noi oggi crede che la gente sia più intelligente che mai, guarda con senso di superiorità ai nostri antenati e li prende in giro per essere così primitivi. Ma la verità è che, se dovessimo confrontarci con loro in sfide mentali, potremmo venirne fuori alquanto umiliati.
Alla fine di questo articolo ho pubblicato un esame di 8° anno (13-14 anni -ndt) del 1912, donato al museo di storia della Bullitt County in Kentucky. Ebbene, è di gran lunga più difficile di qualsiasi cosa gli studenti dell’8° anno debbano fare oggi. Di fatto, gran parte degli odierni studenti dell’8° anno vengono ben valutati se sanno indicare gli Stati Uniti su di una mappa del mondo, e se sanno mettere qualche frase insieme. Questo lo so per certo, visto che per un periodo ho insegnato agli studenti di quell’anno. Perciò, quando ho visto l’esame del 1912 sono rimasto stupefatto per quanto era difficile. Voi lo passereste, un esame così? Non so nemmeno se lo passerei io. Ma questo è il tipo di domande a cui ci si aspettava che gli studenti dell’8° anno fossero in grado di rispondere, nel 1912:

“Quali acque dovrebbe attraversare un vascello se andasse dall’Inghilterra a Manila attraverso il Canale di Suez?
Che dimensioni ha il fegato, rispetto ad altre ghiandole del corpo umano?
Comparate arterie e vene in base alla loro funzione. Dove viene portato il sangue per essere purificato?
Durante quali guerre vennero combattute le seguenti battaglie: Brandywine, Great Meadows, Lundy’s Lane, Antietam, Buena Vista?”
Calcolate l’ammontare di $50 dollari per 3 anni, 3 mesi e 3 giorni all’8%.
Nominate 3 diritti che la Costituzione assegna al Congresso, e 3 diritti che ad esso nega.”
Che ne pensate?


fonte: freeondarevolution.blogspot.it

Neruda: assassinato dalla CIA



Pablo Neruda e Salvador Allende

 di Gianni Lannes

Di recente il governo del Cile ha inoltrato una rogatoria agli Stati Uniti d’America, per farsi consegnare l’assassino di Pablo Neruda, tale  Michael Townley.  Il giudice Carroza aveva ordinato infruttuosamente nel 2013, di rintracciare ed identificare il presunto killer di Neruda, che però vive con un falso nome negli USA, addirittura sotto il programma di protezione testimoni dell'FBI in una località segreta. 

 
Kissinger & Pinochet


Kissinger & Napolitano

Neruda non era in fin di vita, nonostante fosse gravemente malato. Il dittatore Pinochet, sostenuto dalla White House, soprattutto da Kissinger,avrebbe ordinato ad un sicario, appunto un agente segreto della CIA, di accelerarne la morte con una non ben definita «iniezione allo stomaco», secondo le parole di Neruda stesso all'autista, che raccontò che un medico era entrato e gli aveva praticato l'iniezione; il giorno dopo le sue condizioni peggiorarono improvvisamente e morì, prima della partenza per il nuovo esilio. Probabilmente per evitare che diventasse un leader dell'opposizione all'estero.

Il governo cileno ha istituito presso il dipartimento per i diritti umani, due commissioni scientifiche che nel novembre 2015 hanno redatto un documento in cui si legge che è probabile che Neruda non sia morto «a causa del cancro alla prostata di cui soffriva», e che «risulta chiaramente possibile e altamente probabile l'intervento di terzi». In altri termini a Neruda  «fu applicata un'iniezione o gli fu somministrato qualcosa per via orale che ha fatto precipitare la sua prognosi in appena sei ore». Si tratta della prima volta che lo Stato cileno smentisce la causa di morte dichiarata dal governo di Pinochet nel 1973.

Neruda sarà seppellito per la seconda volta. Lo ha ordinato un giudice di Santiago del Cile. Le spoglie del grande poeta, esumati l’ aprile 2013, 40 anni dopo la scomparsa, il prossimo 26 aprile i resti della salma saranno tumulati ad Isla Negra.
Anche la moglie testimoniò dell'allarme di Neruda per la misteriosa iniezione: mentre Matilde Urrutia era in viaggio con Araya verso la Isla Negra per recuperare le ultime cose prima di partire per il Messico, verso le ore 16 ricevettero una telefonata di Neruda dall'ospedale. Il poeta chiese di tornare indietro perché era molto preoccupato, poiché «mentre dormiva nella sua camera della clinica alcune persone erano entrate e gli avevano iniettato qualcosa nell'addome». Disse che «si sentiva male», secondo le parole riportate da Araya. Quando l'autista e la moglie arrivarono a Santiago, trovarono Neruda, che prima era indebolito ma comunque in discrete condizioni, con un'improvvisa febbre. Il poeta mostrava segni di arrossamento dove gli era stata praticata l'iniezione.
Anche l'infermiera di Neruda, citando voci di corridoio della clinica, sostiene la tesi dell'omicidio. Araya uscito, alle ore 19, per andare a comprare un medicinale in una farmacia periferica, la macchina fu intercettata dai militari che lo fermano, trattenendolo per un controllo e poche ore dopo , alle 22 circa, Neruda fu dichiarato morto dai medici della clinica. La moglie di Neruda rimase nella clinica ma Araya fu arrestato e torturato per dieci giorni nel campo di concentramento dell'Estadio Nacional de Chile; ritenendo di non essere creduto, decide di parlare solo dopo la clamorosa scoperta dell'omicidio di Eduardo Frei Montalva (1982), avvenuta nel 2005.
Come causa di morte del poeta vennero indicate tre motivazioni, in altrettanti copie del certificato: tumore, insufficienza cardiaca (come conseguenza della malattia), cachessia (senza nominare il tumore), mentre le cartelle cliniche della struttura dove morì e dell'Ospedale Tedesco, dove effettuava altre cure, risultarono sparite, come i registri dei medici di turno nei giorni prossimi alla sua morte.
Gli avvocati del nipote del poeta hanno contestato le diverse cause di decesso riportate in tre copie del certificato di morte, affermando che non tutte le sostanze e i metodi, come il gas sarin (che Townley affermò essere stato usato in alcuni omicidi politici fatti passare per suicidi o morti naturali) o alcune tossine come quella botulinica; secondo Townley tossine usate per uccidere l'ex Presidente cileno Eduardo Frei Montalva, nel cui corpo furono trovati residui di tallio e gas mostarda, usato come arma chimica e che accelera il diffondersi di infezioni, danneggiando anche il sistema immunitario per leucopenia; difficili da rilevare sono anche il polonio-210, iniezioni di aria che causano embolia, overdose di morfina.

Nel maggio 2015 un team spagnolo ha annunciato il ritrovamento di proteine anomale nelle ossa di Neruda, non riferibili a farmaci, alcune legate al cancro e altre a un'infezione improvvisa e assai rapida da Staphylococcus aureus; anche se tali infezioni sono fortemente possibili in ospedale e in pazienti gravemente malati, un'esplosione batterica così veloce dopo il ricovero e la suddetta iniezione, tale da portare Neruda alla morte in poche ore, potrebbe far sospettare un intervento esterno per favorire l'infezione, come la detta iprite le cui tracce scompaiono dopo pochi anni. I medici spagnoli conclusero dicendo che ciò potrebbe essere verosimile, anche se non può essere né dimostrato né escluso. 


riferimenti:


fonte: sulatestagiannilannes.blogspot.it

domenica 21 febbraio 2016

Monsanto, l'eugenetica le conseguenze per l'uomo

Se l’ universo fosse diverso, se la galassia fosse differente da quella che conosciamo, se la natura fosse un’ altra, probabilmente non saremo qui per poterlo vedere e per poterlo dire. Siamo il risultato di bilioni di anni di evoluzione cosmica, granelli di stelle… Reputando che la natura segua processi piuttosto lenti, la Monsanto, a quanto pare, pretende semplicemente di controllarla.

La multinazionale Monsanto

Questa multinazionale è un’emanazione del potere bancario, e, con la scusa dell’eugenetica, pare sia stata creata per avvelenare, contaminare e rendere sterile la popolazione. La sterilizzazione forzata dell’umanità è la tesi sostenuta in “Ecoscience”, il libro del noto scienziato americano John P. Holdren, una sterilizzazione forzata messa in atto da uno stato totalitario globale.
Il libro non lesina di indicare i metodi e i sistemi escogitati per tale sterilizzazione mediante il ricorso a vaccini, all’acqua e alimenti adeguatamente trattati. Ciò che questo libro ha denunciato è presente nei titoli dei maggiori giornali del mondo e non manca, perciò, di essere denunciato alla pubblica opinione. Il 90% degli alimenti in vendita nei supermercati conterrebbe sostanze chimiche tossiche per la salute. E tutti questi veleni sarebbero stati approvati, attraverso manovre corruttive, dalla stessa FDA.

I rischi dei prodotti Monsanto

Per fare solo qualche esempio, l’aspartame della Monsanto, presente in tutte le bibite gassate, nei dolcificanti e nelle caramelle, provocherebbe leucemia e altri gravi disturbi. Materie plastiche della stessa Monsanto verrebbero utilizzate nella plastilina nonché nelle carni e in molti altri alimenti. Questa sostanza chimica provocherebbe attacchi cardiaci, AVC e altre disfunzioni piuttosto gravi.
I cosiddetti transgenici o OGM sarebbero combinazioni di DNA derivate da virus prodotti dall’ingegneria genetica, nonché da piante, insetti e perfino da parti di pelle umana malata. La Monsanto diffonde nell’ambiente specie modificate col risultato di comprometterlo gravemente. Si stima, ad esempio, che i salmoni naturali scompariranno nel giro di 40 generazioni di salmoni OGM.
Lo stesso avverrebbe con tutte le specie vegetali e animali e con l’approvazione della FDA. Il mais transgenico della Monsanto, presente in tantissimi prodotti commestibili, viene trattato con pesticidi che uccidono gli animali che lo consumano, fra cui insetti e mammiferi. Quali reazioni pensate che non si debbano temere per gli essi umani? Esistono innumerevoli studi scientifici che documentano come Monsanto, Bayer, Syngenta, Cargill e altre società biotecnologiche producano sostanze tossiche che attaccano l’organismo umano, inducendo sterilità, tumori, resistenza agli antibiotici, alterazione del sistema immunitario, ecc.
La Procter & Gamble include transgenici del cotone della Monsanto nei suoi prodotti di igiene personale e negli alimenti per animali domestici. Come se non bastasse, studi realizzati in Germania, India e Stati Uniti dimostrano in modo innegabile come il cotone OGM sia da comprendere tra le cause di aborti spontanei, sterilità e morte Coltivazioni della Monsanto, oltre al resto, stanno sterminando api, pipistrelli e farfalle.
La storia non termina qui. In tal modo, e con la scusa di combattere certe malattie, vengono liberate specie geneticamente modificate come la zanzara anti-malaria. E’ possibile immaginare quello che può provocare nell’organismo umano la puntura di un insetto siffatto. Contro le leggi naturali della creazione e da parte di un potere corporativo ostile, sta per essere modificato il codice genetico del pianeta.

Fonte tratta dal sito .

fonte: wwwblogdicristian.blogspot.it

martedì 16 febbraio 2016

come blindare un segreto, da Hiroshima all’uomo sulla luna

Nei giorni scorsi “Il Fatto Quotidiano” ha pubblicato un articolo intitolato “Cospirazioni, l’equazione matematica che smentisce i complottisti”, nel quale si racconta che il fisico inglese David Grimes «ha elaborato una formula con cui si può ipotizzare la possibile durata nel tempo di una cospirazione: dovrebbero essere meno di mille gli individui coinvolti affinché il segreto resista per più di dieci anni. E così, viene dimostrato – prosegue l’articolo – che il “finto” sbarco degli americani sulla Luna è una delle tante infondate teorie di complotti che circolano su Internet. Lo studio di Grimes dell’Università di Oxford confuta questa e le altre presunte cospirazioni ricorrendo a una formula matematica. Si è scoperto infatti che sarebbe impossibile mantenere all’oscuro il mondo intero, anche per pochi anni, riguardo a fatti che hanno visto coinvolte migliaia di persone, qualcuna delle quali prima o poi avrebbe denunciato l’inganno. Nel progetto per la conquista della Luna, ad esempio, la Nasa aveva oltre 410mila addetti. Prima o poi qualcuno avrebbe parlato se ci fosse stata una messa in scena dello sbarco».
Il nostro Grimes sarà certamente un ottimo fisico, ma forse conosce poco la storia (specialmente quella americana). Se la conoscesse, infatti, saprebbe come queste complesse operazioni – specialmente quelle segrete – vengano compartimentalizzate Japan Bomb Victimin modo tale da evitare proprio che i segreti più preziosi si diffondano involontariamente. L’esempio più classico è quello del Manhattan Project, il progetto militare segreto che portò, fra il 1942 e il 1945, alla costruzione delle prime bombe atomiche, poi utilizzate su Hiroshima e Nagasaki. Come è noto, il Manhattan Project coinvolse circa 130.000 persone, sparpagliate in tutta la nazione. Eppure… Da Wikipedia leggiamo: «In un articolo di “Life” del 1945 si stimava che prima del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki “probabilmente non più di poche dozzine di persone in tutta la nazione conoscessero il significato reale del Manhattan Project, e forse al massimo un migliaio di loro erano appena a conoscenza del fatto che il lavoro svolto riguardasse la ricerca sugli atomi”. La rivista ha scritto che gli altri 100.000 ed oltre impiegati del progetto “lavoravano come topi al buio”. Avvisati che la rivelazione di qualunque segreto sarebbe stata punita con 10 anni di prigione o una multa di $ 10.000 ($ 130.000 di oggi), costoro vedevano delle enormi quantità di materiale grezzo entrare nelle fabbriche da cui non usciva nulla, e manovravano leve e comandi protetti da spesse mura, dietro alle quali avvenivano delle reazioni misteriose” senza conoscere lo scopo ultimo del loro lavoro».
Dopo la guerra, uno dei manager del progetto Manhattan dichiarò: «Nessuno sapeva che cosa accadesse a Oak Ridge [il quartier generale del Progetto Manhattan, ndr], nemmeno io lo sapevo, e molta gente pensava semplicemente di stareMazzuccosprecando il proprio tempo in quel posto. Era mio compito dire a questi impiegati insoddisfatti che stavano svolgendo un lavoro molto importante, e quando loro mi chiedevano cosa fosse, io dovevo dirgli che era un segreto. Ma io stesso sono quasi diventato pazzo nel cercare di capire che cosa stesse accadendo lì dentro». Quindi, caro Grimes: se vogliamo usare una logica da supermercato, nella quale “siccome 400.000 persone lavorarono al progetto Apollo, allora vuol dire che 400.000 persone sapevano dell’inganno” facciamolo pure, ma intratterremo al massimo le platee più stupide di persone che vogliono sentirsi raccontare che i complotti non esistono. Se invece vogliamo affrontare seriamente questi problemi cominciamo a studiare la storia, lasciando da parte per un attimo le ridicole formulette matematiche.
(Massimo Mazzucco, “Complottismo e numeri da circo”, dal blog “Luogo Comune” del 3 febbraio 2016).

fonte: www.libreidee.org

sabato 13 febbraio 2016

carlottanesimo



Fame

Arrivo a casa.
Stanca.
Voglia di cibo e doccia.
Mi tolgo il cappotto, guardo verso la cucina dove Soo è alle prese con la pentola a pressione e altro pentolame che non capisco.
Nell' aria l' odore tipico dolciastro delle zuppe orientali.
-Che hai fatto per cena?- chiedo.
-Non te lo dico. Vatti a sedere.-
Mmm quanto è maschio alfa stasera.
Mi siedo con l' acquolina in bocca, non perché Soo sia particolarmente bravo in cucina ma. Ho. Fame.
Una fame che mi sbranerei pure lui. Crudo. Tipo carpaccio.
Mi siedo speranzosa sul divano e poco dopo arriva con una grande ciotola fumante.
La prendo.
La guardo.
La riguardo.
La guardo ancora perché... Non so...ha una consistenza strana...
Ci caccio dentro il cucchiaio e...non è brodo. O almeno. Si. Lo è ma.
Sembra bava. Ha un che di vischioso. E un colore che...
Prendo un qualcosa che sembra carota e la metto in bocca.
Mastico e poco dopo ho un bolo inenarrabile che non scende.
Bevo.
-Soo, scusa ma...che ci hai messo dentro?-
-Non ti piace?-
-...non saprei... Il gusto è neutro ma la consistenza di questa roba è...strana. -
-Mangia che ti fa bene. Noi orientali sembriamo sempre giovani grazie anche a queste zuppe.-
Guardo ancora la suddetta  zuppa e mi sembra che pure lei guardi me. E mi guarda con aria cattiva.
Botox  tutta la vita penso mentre continuo a sbirciare impaurita il piatto di bava.
La consistenza è troppo strana.  Non ho mai visto una roba cosí, e alimentarmente parlando, ho mangiato davvero di tutto.
Prendo un respiro e la tocco, sperando non mi morda o, peggio, mi trascini nel-mondo-di-sotto delle zuppe mannare.
Tiro fuori il dito e...si. È vischiosa. Molto vischiosa. E asciuga pure in fretta tanto che, nemmeno  due minuti, e ho l'indice completamente ricoperto di una cosa secca e giallastra, tipo vinavil quando me lo spalmavo sulle dita e poi toglievo la pellicola che si formava.
-Soo...mi riempirò di rughe ma sta roba non la mangio.-
Di secondo mi porta spinaci bolliti. Ottimo. Ho talmente fame che mi mangerei pure le rape crude.
Infilo in bocca il primo boccone e...
Crack!
Crack?
Si. Crack. Terra in bocca, a cucchiaiate.
-Soo, ma non li hai lavati gli spinaci?-
-Certo che li ho lavati!-
Guardo gli spinaci e mi accorgo che sono ancora a ciuffi, con tanto di radici.
-Soo, non voglio insistere ma non li hai lavati bene. Foglia a foglia bisogna pulirli e anche lungamente. Perché sono pieni di terra.-
Mi guarda come se dicessi la più grossa stronzata del mondo.
-Ma figurati.- risponde avventandosi sugli spinaci.
E...
Crack! - Ma cazzo! Sono immangiabili! Pieni di terra!- si incazza.
Ma va? Un genio proprio.
Quindi immangiabili,  esattamente come la zuppa di bava.
Lui, sentendosi in colpa, mi dice che mi preparerá due uova al tegamino con il tuorlo un po duro come piace a me.
Ringrazio sentitamente e aspetto i miei due super "uovi" che poco dopo arrivano ma...
Ma...
Mi viene da piangere. Ditemi che è uno scherzo.
Ditemi che non l ha fatto davvero.
E invece...
-Soo scusa ma...quella roba scura su cui galleggiano le uova al tegamino è...soia?-
-Si, è non dirmi che non mangi neppure quello!-
-...-
-Carlotta, stasera sei una peste.-

Uccidetelo.

Ora parliamo di cose serie.
La mia patata è tornata in forma.
Ecco le prove.

Altra cosa seria.
Visto che anche io ho un cervello, da domani basta nudo e  prima lezione di Storia.
Comincio leggera.
Storia d'Europa e d'Italia dal 1870 al 1920.

AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!!
Che boccaloni che siete.
Scherzavo sul cervello. E anche sulle lezioni di storia.

fonte: piccolipensierimpuri.blogspot.it

l'altra verità

Finalmente emerge la verità su Srebrenica: i civili non furono uccisi dai Serbi ma dagli stessi musulmani bosniaci per ordine di Bill Clinton

Srebrenica_massacre_mapDopo la confessione shock del politico bosniaco Ibran Mustafić, veterano di guerra, chi restituirà la dignità a Slobodan Milošević, ucciso in carcere, a Radovan Karadžić e al Generale Ratko Mladić, ancora oggi detenuti all’Aja?
Lo storico russo Boris Yousef,  in un suo saggio del 1994, scrisse quella che ritengo una sacrosanta verità: «Le guerre sono un po’ come il raffreddore: devono fare il loro decorso naturale. Se un ammalato di raffreddore viene attorniato da più medici che gli propinano i farmaci più disparati, spesso contrastanti fra loro, la malattia, che si sarebbe naturalmente risolta nel giro di pochi giorni, rischia di protrarsi per settimane e di indebolire il paziente, di minarlo nel fisico, e di arrecare danni talvolta permanenti e imprevedibili».
Yousef scrisse questa osservazione nel Luglio del 1994, nel bel mezzo della guerra civile jugoslava, un anno prima della caduta della Repubblica Serba di Krajina e sedici mesi prima dei discussi accordi Dayton che scontentarono in Bosnia tutte le parti in campo, imponendo una situazione di stallo potenzialmente esplosiva. E ritengo che tale osservazione si adatti a pennello al conflitto jugoslavo. Un lungo e sanguinoso conflitto che, formalmente iniziato nel 1991, con la secessione dalla Federazione delle repubbliche di Slovenia e Croazia, era stato già da tempo preparato e pianificato da alcune potenze occidentali (con in testa l’Austria e la Germania), da diversi servizi segreti, sempre occidentali, da gruppi occulti di potere sovranazionali e transnazionali (Bilderberg, Trilaterale, Pinay, Ert Europe, etc.) e, per certi versi, anche dal Vaticano.
La Jugoslavija, forte potenza economica e militare, da decenni alla guida del movimento dei Paesi non Allineati, dopo la morte del Maresciallo Tito, avvenuta nel 1980, era divenuta scomoda e ingombrante e, di conseguenza, l’obiettivo geo-strategico primario di una serie di avvoltoi che miravano a distruggerla, a smembrarla e a spartirsi le sue spoglie.
Si assistette così ad una progressiva destabilizzazione del Paese, avviata già nel biennio 1986-87, destabilizzazione alla quale si oppose con forza soltanto Slobodan Milošević, divenuto Presidente della Repubblica Socialista di Serbia, e che toccò il culmine con la creazione in Croazia, nel Maggio del 1989, dell’Unione Democratica Croata (Hrvatska Demokratska Zajednica o HDZ), partito anti-comunista di centro-destra che a tratti riprendeva le idee scioviniste degli Ustascia di Ante Pavelić, guidato dal controverso ex Generale di Tito Franjo Tuđman.
Sarebbe lungo in questa sede ripercorrere tutte le tappe che portarono al precipitare degli eventi, alla necessità degli interventi della Jugoslosvenska Narodna Armija dapprima in Slovenia e poi in Croazia, alla definitiva scissione dalla Federazione delle due repubbliche ribelli e all’allargamento del conflitto nella vicina Bosnia. Si tratta di eventi sui quali esiste moltissima documentazione, la maggior parte della quale risulta però essere fortemente viziata da interpretazioni personali e di parte degli storici o volutamente travisata da giornalisti asserviti alle lobby di potere mediatico-economico europee ed americane. Giornalisti che della Jugoslavija e della sua storia ritengo che non abbiano mai capito niente.
Come ho scritto poc’anzi, ritengo che la saggia affermazione di Boris Yousef si adatti molto bene al conflitto civile jugoslavo. A prescindere dal fatto che esso è stato generato da palesi ingerenze esterne, ritengo che sarebbe potuto terminare ‘naturalmente’ manu militari nel giro di pochi mesi, senza le continue ingerenze, le pressioni e le intromissioni della sedicente ‘Comunità Internazionale’, delle Nazioni Unite e di molteplici altre organizzazioni che agivano dietro le quinte (Fondo Monetario Internazionale, OSCE, UNHCR, Unione Europea e criminalità organizzata italiana e sud-americana). Sono state proprio queste ingerenze (i vari farmaci dagli effetti contrastanti citati nella metafora di Yousef) a prolungare il conflitto per anni, con la continua richiesta, dall’alto, di tregue impossibili e non risolutive, e con la pretesa di ridisegnare la cartina geografica dell’area sulla base delle convenienze economiche e non della realtà etnica e sociale del territorio.
Ma si tratta di una storia in buona parte ancora non scritta, perché sono state troppe le complicità di molti leader europei, complicità che si vuole continuare a nascondere, ad occultare. Ed è per questo che gli storici continuano ad ignorare che la Croazia di Tuđman costruì il suo esercito grazie al traffico internazionale di droga (tutte quelle navi che dal Sud America gettavano l’ancora nel porto di Zara, secondo voi cosa contenevano?). È per questo che continuano a non domandarsi per quale motivo tutto il contenuto dei magazzini militari della defunta Repubblica Democratica Tedesca siano prontamente finiti nelle mani di Zagabria.
Si tratta di vicende che conosco molto bene, perché ho trascorso nei Balcani buona parte degli anni ’90, prevalentemente a Belgrado e a Skopje. Parlo bene tutte le lingue dell’area, compresi i relativi dialetti, e ho avuto a lungo contatti con l’amministrazione di Slobodan Milošević, che ho avuto l’onore di incontrare in più di un’occasione. Sono stato, fra l’altro, l’unico esponente politico italiano ad essere presente ai suoi funerali, in una fredda giornata di Marzo del 2006.
Sono stato quindi un diretto testimone dei principali eventi che hanno segnato la storia del conflitto civile jugoslavo e degli sviluppi ad esso successivi. Ho visto con i miei occhi le decine di migliaia di profughi serbi costretti a lasciare Knin e le altre località della Srpska Republika Krajina, sotto la spinta dell’occupazione croata delle loro case, avvenuta con l’appoggio dell’esercito americano.
Ho seguito da vicino tutte le tappe dello scontro in Bosnia, i disordini nel Kosovo, la galoppante inflazione a nove cifre che cambiava nel giro di poche ore il potere d’acquisto di una banconota. Ho vissuto il dramma, nel 1999, dei criminali bombardamenti della NATO su Belgrado e su altre città della Serbia. Ed è per questo che non ho mai creduto – a ragione – alle tante bugie che riportavano la stampa europea e quella italiana in primis. Bugie e disinformazioni dettate da quell’operazione di marketing pubblicitario (non saprei come altro definirla) pianificata sui tavoli di Washington e di Langley che impose a tutta l’opinione pubblica la favoletta dei Serbi ‘cattivi’ aguzzini di poveri e innocenti Croati, Albanesi e musulmani bosniaci. Favoletta che ha però incredibilmente funzionato per lunghissimo tempo, portando all’inevitabile criminalizzazione e demonizzazione di una delle parti in conflitto e tacendo sui crimini e sulle nefandezze delle altre.
La guerra, e a maggior ragione una guerra civile, non è ovviamente un pranzo di gala e non vi si distribuiscono caramelle e cotillon. In guerra si muore. In guerra si uccide o si viene uccisi. La guerra significa fame, sofferenza, freddo, fango, sudore, privazioni e sangue. Ed è fatta, necessariamente, anche di propaganda. Durante il lungo conflitto civile jugoslavo nessuno può negare che siano state commesse numerose atrocità, soprattutto dettate dal risveglio di un mai sopito odio etnico. Ma mai nessun conflitto, dal termine della Seconda Guerra Mondiale, ha visto un simile massiccio impiego di ‘false flag’, azioni pianificate ad arte, quasi sempre dall’intelligence, per scatenare le reazioni dell’avversario o per attribuirgli colpe non sue. Ho già spiegato il concetto di ‘false flag’ in numerosi miei articoli, denunciando l’escalation del loro impiego su tutti i più recenti teatri di guerra.
Fino ad oggi la più nota ‘false flag’ della guerra civile jugoslava era la tragica strage di civili al mercato di Sarajevo, quella che determinò l’intervento della NATO, che bombardò ripetutamente, per rappresaglia, le postazioni serbo-bosniache sulle colline della città. Venne poi appurato con assoluta certezza che fu lo stesso governo musulmano-bosniaco di Alija Izetbegović a uccidere decine di suoi cittadini in quel cannoneggiamento, per far ricadere poi la colpa sui Serbi.
E quella che io ho sempre ritenuto la più colossale ‘false flag’ del conflitto, ovvero il massacro di oltre mille civili musulmani avvenuto a Srebrenica, del quale fu incolpato l’esercito serbo-bosniaco comandato dal Generale Ratko Mladić, che da allora venne accusato di ‘crimi di guerra’ e braccato dal Tribunale Penale Internazionale dell’Aja fino al suo arresto, avvenuto il 26 Maggio 2011, si sta finalmente rivelando in tutta la sua realtà. In tutta la sua realtà, appunto, di ‘false flag’.
I giornali italiani, che all’epoca scrissero titoli a caratteri cubitali per dipingere come un ‘macellaio’ il Generale Mladić e come un folle criminale assetato di sangue il Presidente della Repubblica Serba di Bosnia Radovan Karadžić, anch’egli arrestato nel 2008 e sulla cui testa pendeva una taglia di 5 milioni di Dollari offerta dagli Stati Uniti per la sua cattura, hanno praticamente passato sotto silenzio una sconvolgente notizia. Una notizia a cui ha dato spazio nel nostro Paese soltanto il quotidiano Rinascita, diretto dall’amico Ugo Gaudenzi, e fa finalmente piena luce sui fatti di Srebrenica, stabilendo che la colpa non fu dei vituperati Serbi, ma dei musulmani bosniaci.
Ibran Mustafić, veterano di guerra e politico bosniaco-musulmano, probabilmente perché spinto dal rimorso o da una crisi di coscienza, ha rilasciato ai media una sconcertante confessione: almeno mille civili musulmano-bosniaci di Srebrenica vennero uccisi dai loro stessi connazionali, da quelle milizie che in teoria avrebbero dovuto assisterli e proteggerli, durante la fuga a Tuzla nel Luglio 1995, avvenuta in seguito all’occupazione serba della città. E apprendiamo che la loro sorte venne stabilita a tavolino dalle autorità musulmano-bosniache, che stesero delle vere e proprie liste di proscrizione di coloro a cui «doveva essere impedito, a qualsiasi costo, di raggiungere la libertà».
Come riporta Enrico Vigna su RinascitaIbran Mustafić ha pubblicato un libro, Caos pianificato, nel quale alcuni dei crimini commessi dai soldati dell’esercito musulmano della Bosnia-Erzegovina contro i Serbi sono per la prima volta ammessi e descritti, così come il continuo illegale rifornimento occidentale di armi ai separatisti musulmano-bosniaci, prima e durante la guerra, e – questo è molto significativo – anche durante il periodo in cui Srebrenica era una zona smilitarizzata sotto la protezione delle Nazioni Unite.
Mustafić racconta inoltre, con dovizia di particolari, dei conflitti tra musulmani e della dissolutezza generale dell’amministrazione di Srebrenica, governata dalla mafia, sotto il comandante militare bosniaco Naser Orić. A causa delle torture di comuni cittadini nel 1994, quando Orić e le autorità locali vendevano gli aiuti umanitari a prezzi esorbitanti invece di distribuirli alla popolazione, molti bosniaci fuggirono volontariamente dalla città. «Coloro che hanno cercato la salvezza in Serbia, sono riusciti ad arrivare alla loro destinazione finale, ma coloro che sono fuggiti in direzione di Tuzla ( governata dall’esercito musulmano) sono stati perseguitati o uccisi», svela Mustafić. E, ben prima del massacro dei civili musulmani di Srebrenica nel Luglio 1995, erano stati perpetrati da tempo crimini indiscriminati contro la popolazione serba della zona. Crimini che Mustafić descrive molto bene nel suo libro, essendone venuto a conoscenza già nel 1992, quando era fuggito da Sarajevo a Tuzla.
«Lì - egli scrive - il mio parente Mirsad Mustafić mi mostrò un elenco di soldati serbi prigionieri, che furono uccisi in un luogo chiamato Zalazje. Tra gli altri c’erano i nomi del suo compagno di scuola Branko Simić e di suo fratello Pero, dell’ex giudice Slobodan Ilić, dell’autista di Zvornik Mijo Rakić, dell’infermiera Rada Milanović. Inoltre, nelle battaglie intorno ed a Srebrenica, durante la guerra, ci sono stati più di 3.200 Serbi di questo e dei comuni limitrofi uccisi».
Mustafić ci riferisce a riguardo una terribile confessione del famigerato Naser Orić, confessione che non mi sento qui di riportare per l’inaudita credezza con cui questo criminale di guerra descrive i barbari omicidi commessi con le sue mani su uomini e donne che hanno avuto la sventura di trovarsi alla sua mercé. Ma voglio citare il racconto di uno zio di Mustafić, anch’esso riportato nel libro: «Naser venne e mi disse di prepararmi subito e di andare con la Zastava vicino alla prigione di Srebrenica. Mi vestii e uscii subito. Quando arrivai alla prigione, loro presero tutti quelli catturati precedentemente a Zalazje e mi ordinarono di ritrasportarli lì. Quando siamo arrivati alla discarica, mi hanno ordinato di fermarmi e parcheggiare il camion. Mi allontanai a una certa distanza, ma quando ho visto la loro furia ed il massacro è iniziato, mi sono sentito male, ero pallido come un cencio. Quando Zulfo Tursunović ha dilaniato il petto dell’infermiera Rada Milanovic con un coltello, chiedendo falsamente dove fosse la radio, non ho avuto il coraggio di guardare. Ho camminato dalla discarica e sono arrivato a Srebrenica. Loro presero un camion, e io andai a casa a Potocari. L’intera pista era inondata di sangue».
Da quanto ci racconta Mustafić, gli elenchi dei ‘bosniaci non affidabili’ erano ben noti già da allora alla leadership musulmana ed al Presidente Alija Izetbegović, e l’esistenza di questi elenchi è stata confermata da decine di persone. «Almeno dieci volte ho sentito l’ex capo della polizia Meholjić menzionare le liste. Tuttavia, non sarei sorpreso se decidesse di negarlo», dice Mustafić, che è anche un membro di lunga data del comitato organizzatore per gli eventi di Srebrenica. Secondo Mustafić, l’elenco venne redatto dalla mafia di Srebrenica, che comprendeva la leadership politica e militare della città sin dal 1993. I ‘padroni della vita e della morte nella zona’, come lui li definisce nel suo libro. E, senza esitazione, sostiene: «Se fossi io a dover giudicare Naser Orić, assassino conclamato di più di 3.000 Serbi nella zona di Srebrenica (clamorosamente assolto dal Tribunale Internazionale dell’Aja!) lo condannerei a venti anni per i crimini che ha commesso contro i Serbi; per i crimini commessi contro i suoi connazionali lo condannerei a minimo 200.000 anni di carcere. Lui è il maggiore responsabile per Srebrenica, la più grande macchia nella storia dell’umanità».
Ma l’aspetto più inquietante ed eclatante delle rivelazioni di Mustafić  è l’ammissione che il genocidio di Srebrenica è stato concordato tra la comunità internazionale e Alija Izetbegović , e in particolare tra Izetbegović e il presidente USA Bill Clinton, per far ricadere la colpa sui Serbi, come Ibran Mustafić afferma con totale convinzione.
«Per i crimini commessi a Srebrenica, Izetbegović e Bill Clinton sono direttamente responsabili. E, per quanto mi riguarda, il loro accordo è stato il crimine più grande di tutti, la causa di quello che è successo nel Luglio 1995. Il momento in cui Bil Clinton entrò nel Memoriale di Srebrenica è stato il momento in cui il cattivo torna sulla scena del crimine», ha detto Mustafić. Lo stesso Bill Clinton, aggiungo io, che superò poi se stesso nel 1999, con la creazione ad arte delle false fosse comuni nel Kosovo (altro clamoroso esempio di ‘false flag’), nelle quali i miliziani albanesi dell’UCK gettavano i loro stessi caduti in combattimento e perfino le salme dei defunti appositamente riesumate dai cimiteri, per incolpare mediaticamente, di fronte a tutto il mondo, l’esercito di Belgrado e poter dare il via a due mesi di bombardamenti sulla Serbia.
Come sottolinea sempre Mustafić, riguardo a Srebrenica ci sono inoltre state grandi mistificazioni sui nomi e sul numero reale delle vittime. Molte vittime delle milizie musulmane non sono state inserite in questo elenco, mentre vi sono stati inseriti ad arte cittadini di Srebrenica da tempo emigrati e morti all’estero. E un discorso simile riguarda le persone torturate o che si sono dichiarate tali. «Molti bosniaci musulmani - sostiene Mustafić - hanno deciso di dichiararsi vittime perché non avevano alcun mezzo di sostentamento ed erano senza lavoro, così hanno usato l’occasione. Un’altra cosa che non torna è che tra il 1993 e il 1995 Srebrenica era una zona smilitarizzata. Come mai improvvisamente abbiamo così tanti invalidi di guerra di Srebrenica?».
Egli ritiene che sarà molto difficile determinare il numero esatto di morti e dei dispersi di Srebrenica. «È molto difficile  - sostiene nel suo libro - perché i fatti di Srebrenica sono stati per troppo tempo oggetto di mistificazioni, e il burattinaio capo di esse è stato Amor Masović, che con la fortuna fatta sopra il palcoscenico di Srebrenica potrebbe vivere allegramente per i prossimi cinquecento anni! Tuttavia, ci sono stati alcuni membri dell’entourage di Izetbegović che, a partire dall’estate del 1992, hanno lavorato per realizzare il progetto di rendere i musulmani bosniaci le permanenti ed esclusive vittime della guerra».
Il massacro di Srebrenica servì come pretesto a Bill Clinton per scatenare, dal 30 Agosto al 20 Settembre del 1995, la famigerata Operazione Deliberate Force, una campagna di bombardamento intensivo, con l’uso di micidiali bombe all’uranio impoverito, con la quale le forze della NATO distrussero il comando dell’esercito serbo-bosniaco, devastandone irrimediabilmente i sistemi di controllo del territorio. Operazione che spinse le forze croate e musulmano-bosniache ad avanzare in buona parte delle aree controllate dai Serbi, offensiva che si arrestò soltanto alle porte della capitale serbo-bosnica Banja Luka e che costrinse i Serbi ad un cessate il fuoco e all’accettazione degli accordi di Dayton, che determinarono una spartizione della Bosnia fra le due parti (la croato-musulmana e la serba). Spartizione che penalizzò fortemente la Republika Srpska, che venne privata di buona parte dei territori faticosamente conquistati in tre anni di duri combattimenti.
Alija Izetbegović, fautore del distacco della Bosnia-Erzegovina dalla federazione jugoslava nel 1992, dopo un referendum fortemente contestato e boicottato dai cittadini di etnia serba (oltre il 30% della popolazione) è rimasto in carica come Presidente dell’autoproclamato nuovo Stato fino al 14 Marzo 1996, divenendo in seguito membro della Presidenza collegiale dello Stato federale imposto dagli accordi di Dayton fino al 5 Ottobre del 2000, quando venne sostituito da Sulejman Tihić. È morto nel suo letto a Sarajevo il 19 Ottobre 2003 e non ha mai pagato per i suoi crimini. Ha anzi ricevuto prestigiosi premi e riconoscimenti internazionali, fra cui le massime onorificenze della Croazia (nel 1995) e della Turchia (nel 1997). E ha saputo bene far dimenticare agli occhi della ‘comunità internazionale’ la sua natura di musulmano fanatico e fondamentalista ed i suoi numerosi arresti e le sue lunghe detenzioni, all’epoca di Tito, (in particolare dal 1946 al 1949 e dal 1983 al 1988) per attività sovversive e ostili allo Stato.
Nella sua celebre Dichiarazione Islamica, pubblicata nel 1970, dichiarava: «non ci sarà mai pace né coesistenza tra la fede islamica e le istituzioni politiche e sociali non islamiche» e che «il movimento islamico può e deve impadronirsi del potere politico perché è moralmente e numericamente così forte che può non solo distruggere il potere non islamico esistente, ma anche crearne uno nuovo islamico». E ha mantenuto fede a queste sue promesse, precipitando la tradizionalmente laica Bosnia-Erzegovina, luogo dove storicamente hanno sempre convissuto in pace diverse culture e diverse religioni, in una satrapia fondamentalista, con l’appoggio ed i finanziamenti dell’Arabia Saudita e di altri stati del Golfo e con l’importazione di migliaia di mujahiddin provenienti da varie zone del Medio Oriente, che seminarono in Bosnia il terrore e si resero responsabili di immani massacri.
Slobodan Milošević, accusato di ‘crimini contro l’umanità’ (accuse principalmente fondate su una sua presunta regia del massacro di Srebrenica), nonostante abbia sempre proclamato la sua innocenza, venne arrestato e condotto in carcere all’Aja. Essendo un valente avvocato, scelse di difendersi da solo di fronte alle accuse del Tribunale Penale Internazionale, ma morì in circostanze mai chiarite nella sua cella l’11 Marzo 2006. Sono insistenti le voci secondo cui sarebbe stato avvelenato perché ritenuto ormai prossimo a vincere il processo e a scagionarsi da ogni accusa, e perché molti leader europei temevano il terremoto che avrebbero scatenato le sue dichiarazioni.
Radovan Karadžić, l’ex Presidente della Repubblica Serba di Bosnia, e il Generale Ratko Mladić, comandante in capo dell’esercito bosniaco, sono stati anch’essi arrestati e si trovano in cella all’Aja. Sul loro capo pendono le stesse accuse di ‘crimini contro l’umanità’, fondate essenzialmente sul massacro di Srebrenica.
Adesso che su Srebrenica è finalmente venuta fuori la verità, dovrebbe essere facile per loro arrivare ad un’assoluzione, a meno che qualcuno non abbia deciso che debbano fare la fine di Milošević.
Ma chi restituirà a loro e al defunto Presidente Jugoslavo la dignità e l’onorabilità? Tutte le grandi potenze occidentali, dagli Stati Uniti all’Unione Europea, dovrebbero ammettere di aver sbagliato, ma dubito sinceramente che lo faranno.
Nicola Bizzi
fonte http://press.russianews.it/press/finalmente-emerge-la-verita-su-srebrenica-i-civili-non-furono-uccisi-dai-serbi-ma-dagli-stessi-musulmani-bosniaci-per-ordine-di-bill-clinton/

fonte: alfredodecclesia.blogspot.it

martedì 9 febbraio 2016

l'orrore dell'incesto tra le righe delle favole del '600



Peau d’Âne” : la favola francese  che racconta i tabù della coscienza

di Sara Foti Sciavaliere

Spesso capita di immedesimarsi leggendo un libro, è facile ritrovarsi in una storia che non è la nostra ma racconta qualcosa anche di noi. A volte poi un libro può diventare un buon consigliere. Per Bruno Bettelheim i racconti favolosi «offrono soprattutto l’occasione di far diventare concrete angosce indeterminate e, allo stesso tempo, di renderle molto meglio dominabili». Abituati alle narrazioni incantate di regni scintillanti, principesse bellissime, fate e magie e all’immancabile “lieto fine”, spesso è difficile conoscere l’intento originario degli autori di molte favole: smascherare le paure e gli istinti degli uomini.

“Pelle d’Asino” e l’incesto padre-figlia

“Peau d’Âne” (“Pelle d’Asino”) è una delle favole più note di Charles Perrault. Da essa si possono trarre delle suggestioni utili per illustrare alcuni tratti salienti della relazione incestuosa padre-figlia.
Protagonista della favola è una ragazzina che nasconde la sua bellezza luminosa sotto una sudicia pelle d’asino, da cui il titolo della fiaba. Peau d’Âne scappa via da casa per sfuggire all’attaccamento incestuoso del padre nei suoi confronti. In questa narrazione di Perrault la problematica dell’incesto è descritta in modo esplicito, senza far ricorso alle consuete simbolizzazioni (matrigne, patrigni, sorellastre, streghe, orchi) con cui i sentimenti edipici appaiono mascherati nella letteratura fiabesca. Tanto che, per il suo contenuto, questa favola, nella sua versione originale, senza i filtraggi applicati in seguito, non sarebbe adatta a un pubblico infantile...


L’invenzione di Perrault di far nascondere alla sua bella eroina in fuga il bel corpo sotto la pelle d’asino, riflette in modo chiaro la percezione che la bambina abusata sessualmente ha del proprio corpo che sente sporco e disgustoso come la pelle dell’asino, con cui nella favola la fanciulla si ricopre.
La storia inizia con la descrizione di un mondo perfetto e rassicurante, un mondo ideale per la crescita armonica di un infante.

C’era una volta il più grande Re di tutta la terra, amabile per gli amici, tremendo per gli avversari, e solo al mondo a potersi paragonare a se stesso. I suoi vicini lo temevano, i suoi stati erano in pace, e vi si vedevano in ogni luogo le Virtù e le Arti fiorire all’ombra dei palmizi. La sua bella moglie e compagna fedele era così bella e affascinante, aveva il carattere così tranquillo e soave che con lei egli era più felice sposo che grande Re. Dal loro matrimonio tenero e casto era nata una figlia, ornata di tante virtù che i genitori si erano facilmente consolati di non avere avuto più larga discendenza. (C. Perrault, “Pelle d’Asino”, in “Fiabe”, BUR, 2001, p. 83).

L’armonia è tuttavia bruscamente spezzata dalla morte della regina, che prima di morire strappa al marito un giuramento: cioè di risposarsi solo con una principessa più bella e più saggia di lei. Presto la ragione di Stato induce il sovrano a cercare una nuova consorte, ma nessuna donna del regno sembra soddisfare quei requisiti che permettono di rispettare il giuramento fatto alla sua sposa. «La sola Infanta era più bella, ed era inoltre dotata di certe tenere attrattive che la defunta non aveva mai avute. Il Re lo notò per primo, e ardente di un amore infinito arrivò a pensare come un pazzo che tanto bastasse a dargli il diritto di sposarla» (C. Perrault, “Pelle d’Asino”, in “Fiabe”, BUR, 2001, p. 85). La favola segnala una condizione abbastanza tipica, ossia l’incesto si può manifestare in una situazione di instabilità per cui la famiglia corre il rischio di disgregarsi.

Foto: Peau d’Âne (Dessins pour le Cabinet des fées, 1785) - Marillier

La figlia vittima del narcisismo materno e di un morboso amore paterno

La madre della protagonista, malgrado debba abbandonare il marito, pretende un giuramento che riflette un modo di essere tipico dei soggetti narcisisti con le loro manifestazioni contraddittorie tra l’eccessivo bisogno di sentirsi amati e confermati dagli altri e l’idea di un Sé grandioso. Perrault stesso sottolinea come obiettivo di quel giuramento richiesto quello di mantenere il proprio ruolo di regina, anche dopo la morte: «La sua fiducia nella propria bellezza le faceva considerare una tale promessa come l’impegno solenne strappatogli con furberia di non risposarsi mai più» (C. Perrault, “Pelle d’Asino”, in “Fiabe”, BUR, 2001, p. 84).
È la solenne promessa richiesta dalla donna a far scattare il dramma, spingendo inconsciamente il padre sulla figlia.
La vittima che subisce l’aggressione del padre vive una profonda conflittualità interna. Di fatto, da una parte si sente impotente e bisognosa di sostegno, dall’altra parte, nel contempo, trae “piacere” dall’interesse che suscita nel padre. Pelle d’Asino chiede al genitore, come dimostrazione del suo amore, dei vestiti splendidi e rarissimi, uno color del Tempo, uno color della Luna e uno color del Sole. Così l’autore francese commenta: «A questo punto l’Infanta, cui tutti questi doni hanno finito per confondere le idee, non sa più che rispondere a suo padre, al suo Re» (C. Perrault, “Pelle d’Asino”, in “Fiabe”, BUR, 2001, p. 87). Il padre rappresenta l’autorità, l’oggetto d’amore, colui che protegge. È dunque naturale che la lotta contro la volontà del padre fa sentire la ragazza inerme e confusa, incapace di discernere tra bene e male. Da ciò derivano, di frequente, i sensi di colpa che attanagliano le vittime di incesto e la vergogna spinge la vittima a ritirarsi in se stessa e a proteggersi dalla disapprovazione degli altri attraverso l’isolamento.

La fuga dal padre-aggressore e dalla propria identità

Per salvare se stessa, Pelle d’Asino fugge dal suo regno e dal padre, coperta dalla sudicia pelliccia di un asino che nasconde quel corpo che tanto l’aveva fatta amare ma diventato ai suoi occhi repellente. Il viaggio della ragazza è riflesso della difficoltà di vivere delle vittime. Il rifiuto della propria identità le spinge a cercare relazioni che le puniscano e le umilino per espiare la propria presunta colpa. Di fatto, la bambina abusata si sente responsabile di quanto accaduto: non può pensare che il padre sia cattivo e quindi si autocolpevolizza. Ciò genera una “violenza al Sé”: la vittima non sa più di chi fidarsi nel momento in cui i genitori, che avrebbero dovuto proteggerla, sono loro stessi i violentatori.
Inoltre la vittima di abusi attua una sorta di scissione del proprio Io, tale meccanismo di difesa è ben descritto da Perrault con una sua invenzione narrativa: la principessa abbandona la pelle d’asino solo la domenica quando si chiude nella sua stanza e davanti a un grande specchio indossa gli splendidi vestiti donatigli dal padre. «Questa dolce gioia la sosteneva e l’accompagnava fino alla domenica successiva». La ragazza cerca così la conferma della sua sopravvivenza psichica contro la tendenza all’annientamento che suscita il rapporto incestuoso.

Foto: Peau d’âne retire sa peau d’âne - (Contes des fées, Garnier)

Il lieto fine di Pelle d’Asino
Non tutte le vittime di incesto vengono sopraffatte dal trauma. Esistono condizioni favorevoli al superamento di questa orribile ferita, una di queste è il sostegno da parte degli altri membri della famiglia.
Così anche Pelle d’Asino trova il suo lieto fine. La giovane principessa grazie all’amore del principe e dei suoceri, viene riconosciuta e apprezzata nella sua bellezza. La ragazza non si sente più sola.
Le vittime di incesto hanno la forte necessità di un supporto esterno che le permetta di creare un nuovo progetto di vita, spingendola a chiudere i conti con il passato, di cui deve utilizzare solo le parti fruibili.

Fonte: www.ripensandoci.com
Fonte foto: utpictura18.univ-montp3.fr/

fonte: crepanelmuro.blogspot.it