CRISTO MORTO - ANDREA MANTEGNA

mercoledì 11 marzo 2015

Bettino Craxi: "l'Europa sarà un inferno, dovevamo rinegoziare Maastricht"


"CRAXI NON LASCIÒ L’ITALIA DI SOPPIATTO PER SFUGGIRE ALLA GIUSTIZIA, MA PERCHÉ QUALCUNO AVEVA DECISO CHE NON DOVESSE PIÙ OCCUPARSI DI POLITICA. QUINDI NON È VERO CHE CI FU LATITANZA. FU SPEDITO IN ESILIO DOPO I MINACCIOSI CONSIGLI DEI SERVIZI SEGRETI E UN ACCORDO INTERCORSO CON L’ESTABLISHMENT" - NARRA UMBERTO CICCONI: "UNA SERA DEL 1993, IN PIAZZA NAVONA, SI AVVICINARONO CON FARE CIRCOSPETTO DUE PERSONE, CERTAMENTE DEI SERVIZI SEGRETI. “SE NE VADA, PRESIDENTE, IL MOMENTO È PERICOLOSO. DIA RETTA A NOI E NON LE SUCCEDERÀ NULLA” - CRAXI: “IO NON HO PAURA DI ESSERE UCCISO. MA QUESTI MI VOGLIONO FAR MORIRE DA LADRO. PROPRIO DISTRUGGERE LA MIA DIGNITÀ E LA MIA IMMAGINE, NON SOLO LA MIA VITA”

Allo scoppio di Tangentopoli era deciso a rimanere in Italia e rispondere alle accuse dei magistrati. Intanto riceveva gli avvisi di garanzia, uno dopo l'altro, che poco dopo si sarebbero trasformati in mandati di cattura e poi in processi. Parlavamo sempre dello stesso problema, dalla mattina alla sera. Sapevo a memoria qualsiasi sfumatura.

"In molti mi suggeriscono di andar via. Ma non era convinto che fosse la decisione giusta. Tutt'al più mi faccio qualche giorno di carcere e poi tutti capiranno che non sono un delinquente, diceva. Certo, non sarà l'onorevole detenzione politica di Sandro Pertini e di tanti altri compagni. Io verrò arrestato come ladro. Ma poi la verità verrà a galla. Intanto vogliono umiliarmi, per distruggermi. Tutti sanno che ho sempre fatto politica. È l'unica cosa che mi appassiona. Che i soldi non mi interessino lo sanno tutti. Il fatto è, però, che intanto mi sporcheranno le dita, me le intingeranno nell'inchiostro per prendermi le impronte. Saranno gentili, anzi gentilissimi. Forse mi offriranno persino il caffè. Ma con la stricnina, come hanno fatto con Michele Sindona" .

Una sera del 1993, mentre passeggiavamo in piazza Navona, si avvicinarono con fare circospetto due persone, certamente dei servizi segreti. Lo capimmo subito, perché gli agenti di scorta, che a una certa distanza ci precedevano e ci seguivano, fermavano chiunque si avvicinasse. Quella volta, invece, non intervennero. Era nervosissimo perché era la seconda volta che veniva avvicinato. "Se ne vada, Presidente, il momento è pericoloso, gli dissero. Dia retta a noi e non le succederà nulla".

Non rientrammo subito in albergo. Continuammo a passeggiare per molto tempo ancora, ma senza che dicesse più una parola. Passeggiammo nel silenzio assoluto. Fino ad allora era deciso a rimanere. Dopo quell'incontro, invece, capì che non c'era più nulla da fare. Era tutto già stabilito: se fosse rimasto lo avrebbero eliminato e non avrebbe più potuto dimostrare la propria innocenza. O, peggio ancora, se la sarebbero presa con qualcuno della famiglia. "Io non ho paura di essere ucciso. Ma questi mi vogliono far morire da ladro. Ciò che vogliono è proprio distruggere la mia dignità e la mia immagine, non solo la mia vita".

Qualcuno lo voleva morto.

Ormai era un uomo che metteva paura. E gli avvertimenti prima o poi si concretizzano. Rimanere diventava sempre più pericoloso. Andarsene dava una garanzia maggiore di sopravvivenza. L'indomani lo accompagnai all'aeroporto di Ciampino, sempre seguito dalla scorta che gli spettava come ex Presidente del Consiglio. Craxi non lasciò l'Italia precipitosamente e di soppiatto per sfuggire alla giustizia, ma perché qualcuno aveva deciso che non dovesse più occuparsi di politica. Ecco perché non è vero che ci fu latitanza. Fu spedito in esilio dopo i minacciosi consigli dei servizi segreti e un accordo intercorso con l'establishment.

Non ci doveva essere neppure un giudizio del Tribunale, dato che Craxi non sarebbe potuto tornare in Italia per difendersi. Il patto era che non mettesse più piede in patria.Non era scritto nella Costituzione, come per gli eredi maschi dei Savoia, ma gli accordi erano su per giù gli stessi. Infatti, non gli fu concesso di recarsi in nessun paese europeo nemmeno per curarsi, neppure quando era ormai in fin di vita. Oggi forse sarebbe ancora vivo se si fosse potuto operare in Italia o in Francia o in Svizzera.
In Tunisia ci sono medici bravissimi, ma mancano le strutture sanitarie. Dovendosi curare lì, era praticamente condannato. Comunicare alla scorta l'itinerario della giornata e indicare direzione aeroporto di Ciampino, poteva sembrare la solita routine. Invece, fattomi salire in camera sua: "Io parto, accompagnami all'aeroporto". Vedendo nel mio sguardo lo stupore e la delusione di non doverlo seguire, aggiunse: "Per ora tu rimani a Roma, mi raggiungerai tra qualche giorno. Intanto, procurati degli scatoloni, riponici tutti quei documenti e nascondili in un posto sicuro".

Capii che aveva deciso di lasciare l'Italia definitivamente. Ancora oggi non riesco a cancellare dai miei ricordi quell'immagine triste. È come se l'avessi fotografata con l'obiettivo della mia mente. La foto non ha colori. Lui che girava lo sguardo a 360 gradi attorno a sé, come per memorizzare quella stanza disordinata nella quale aveva gioito per tanti anni. Non avrebbe più rivisto quella stanza che per anni era stata la sua casa e anche la vera stanza del potere.
Mi sembrò improvvisamente minuscola rispetto ai programmi, idee, leggi, progetti che da lì erano usciti. Una stanza così piccola per un uomo tanto grande. Anche il partito ormai era una larva, mentre sotto la sua guida sembrava un gigante. Avrebbe potuto abitare palazzi lussuosi e avere decine di persone al suo servizio. Ma, in fondo, a lui non importava il benessere.
Invece altri l'hanno ottenuto tramite lui.

Non parlammo fino a Ciampino. Comunicavamo attraverso la profonda tristezza, che ognuno di noi esprimeva in silenzio. Nicola Mansi , che anche nell'ultimo viaggio verso l'aeroporto era alla guida dell' auto blu, aveva capito che era stato condannato a non rivedere più la sua Italia. Sulla pista lo aspettava un aereo privato. "Voglio venire a Hammamet con te", gli dissi ancora una volta. Credevo che andasse a Tunisi. Ma lui, che me lo aveva lasciato credere fino a quel momento: "Non vado a Tunisi e non posso portarti con me perché in due sarebbe più complicato. Ti chiamerò appena posso".

Non lo sentii per qualche giorno e vivevo malissimo. Era la prima volta che mi separavo per tanto tempo. Mi telefonò tre giorni dopo chiedendomi di chiamarlo da una cabina pubblica lontana dal centro, soprattutto distante da casa mia. Andai in Vespa al Quarticciolo, una borgata romana. Da lì lo chiamai. Senza dirmi dove si trovasse, mi confermò che stava bene e che qualche giorno dopo ci saremmo visti.
Mi sollecitò a raggiungere Anna , Bobo e Scilla , che si trovavano a Cap Ferrat, nell'appartamento che avevamo preso in affitto qualche mese prima. Infatti, prima di Hammamet il suo esilio doveva essere Parigi, perché sembrava che la Francia lo avrebbe accolto. Del resto, non c'era motivo di dubitarne, dato che chiunque in passato vi aveva sempre trovato asilo per motivi politici, persino in relazione ad accuse di terrorismo. Dunque partii per Cap Ferrat. Lì capii che nessuno sapeva esattamente dove fosse andato, né dove si trovasse. Si diceva vagamente che "era andato in giro per il mondo".
Un giorno telefonò per dire che era sulla via del ritorno. L'indomani andammo a prenderlo all'aeroporto di Nizza. Scese dall'aereo in maniche di camicia. Per bagaglio aveva una minuscola ventiquattr'ore. Lì per lì non disse nulla del misterioso viaggio. Solo molto tempo dopo mi confidò la destinazione e lo scopo.

- NOTIZIE SULL'AUTORE
Umberto Cicconi, nato a Roma nel 1958, fotoreporter, inseparabile e strettissimo collaboratore di Bettino Craxi, possiede uno degli archivi fotografici più completi d'Italia. Fu proprio Craxi - di cui Cicconi curò l'immagine per più di 20 anni - a inculcargli l'idea che le foto non sono solo immagini, ma soprattutto documenti.
Cicconi visse per vent'anni in simbiosi con Craxi, dividendo con lui gioie e crucci, soddisfazioni e angosce. "Ci separavamo solo quando era ora di dormire - dice Cicconi - ma la mattina, quando Bettino si svegliava io ero già dietro la sua porta della stanza d'albergo con la leica a tracolla. Bettino non faceva un passo senza avermi al suo fianco".

Il processo di revisione storica sulla figura di Bettino Craxi è tuttora in corso e la temperatura è sempre altissima quando di parla di lui. I fomentatori di odio che si arricchiscono attraverso la stampa nazionale e anche una parte della classe politica continuano a usare insulti non appena si evoca la figura di Craxi.

. I suoi peggiori nemici si annidano a sinistra, sebbene Craxi sia stato indubitabilmente un politico di sinistra, nel solco della storia del socialismo riformista. Ha rivitalizzato il Psi, ha intuito prima di altri quanto l’Italia avesse bisogno di una modernizzazione economica e istituzionale, e su questo sfidò due grandi forze come la Dc e il Pci.

La storia di questi ultimi due decenni ha ampiamente dimostrato che il malcostume nelle vicende politiche italiane è così ben radicato da non poter essere estirpato mediante l’uso di simboli e capri espiatori. Non occorrono nomi, ma credo che ciascuno di noi possa elencare molti episodi al cui confronto le malefatte socialiste di quegli anni paiono furtarelli. In ogni caso non si restituisce la verità sul caso Craxi stando a ragionare se lui fu meglio o peggio, o come tanti altri. Di alcune cose però possiamo essere certi. La prima: tutta la classe politica italiana fu reticente e ambigua davanti al discorso che Craxi fece alla Camera e nel quale disse con parole crude che il problema del finanziamento illegale non riguardava soltanto il Psi ma l’intero sistema. La seconda: Craxi si assunse spesso la responsabilità di posizioni difficili e decisioni conflittuali, soprattutto nelle scelte internazionali. Chiudo riproponendo lo stralcio di una sua intervista rilasciata nel 1997, da due anni era considerato, per lo stato italiano, un latitante. Le sue previsioni in merito all’euro e all’Europa e alle conseguenze devastanti che avrebbero portato si sono dimostrate vere in forma drammatica. Attenzione, Bettino Craxi non fu mai un oppositore dell’idea di un’Europa unita. Anzi, più volte si espresse a favore di una grande Europa, ma dall’ampio respiro mediterraneo. Ecco, non vorrei scivolare nella fantapolitica, però è lecito interrogarsi, a distanza di anni, se un uomo con queste idee potesse sopravvivere alla forza ineluttabile dei poteri che si stavano affermando.

Mani Pulite, 1992 - Riflessioni di Bettino Craxi

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https://www.youtube.com/watch?v=-cwOhuZzxNo

BETTINO CRAXI:
"L'EUROPA SARA' UN INFERNO. DOVEVAMO RINEGOZIARE MAASTRICHT"

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https://www.youtube.com/watch?v=7SPDhFPtDig

L'italia che non c'è

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